
“Un ascolto che fa mostra di comprendere ciò di cui l’altro soffre non è ascolto, è paura di ascoltare; anche questa sarà una perversione del linguaggio: qualificare come “umanista” un ascolto impaurito, “neutro” e “benevolente”, mentre ciò che oggi si può intendere è che questo “umanesimo dell’ascolto” può mascherare barbarie o indifferenza”.
Pierre Fédida.
Sintonizzarsi con l’altro essendo/CI comporta la possibilità di entrare in gioco come dualità in costruzione e in incontro (incontro e ascolto empatico, spoglio di tutte quelle sovrastrutture che mettono il mio desiderio e il mio essere, prima del tuo, creando – invece- una circolarità in cui entrambi ci sentiamo al sicuro e sicuri di poter esprimere il nostro essere).
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
L’ha ripubblicato su Il mio viaggio.
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questa complicità nasce sicuramente nelle grandi amicizie, ma anche in quelle persone sensibili che in qualche modo comprendono la necessità di ascoltare il prossimo. Banalmente molte persone parlano per il solo bisogno di essere ascoltate, e sovente trovano altre persone che rispondono per monosillabi, solo per il fatto che spesso non ascoltano nemmeno ciò che diciamo loro…
Ora ti faccio ridere un po’. C’è il mio amico che spesso appartiene a questa categoria, quando racconto cose impegnate o semplicemente troppo tecniche, risponde grugnendo come uno scimpanzé, e continua anche quando ho finito il discorso. Una volta ho esclamato ” Se volevo andare ad uno zoo avrei preso il biglietto” Indovina quale è stata la sua risposta? “Uhh!” 🤣
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amici “scimmie” ne ho anche io 😀 certo.. meglio se ti dicessero “non ho voglia di ascoltarti” però dai.. avranno i loro motivi ahahahaha
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il suo motivo è che se parli di cose leggermente più complicate sta su un altro pianeta..😉
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