Sulla scrivania di casa mia c’è una clessidra.
L’ho comprata non so più quanti anni fa, ero piccola.. Mi trovavo in vacanza e come ogni anno, approfittavo del mercato etnico (l’etnico è da sempre la mia grande passione) per spendere i soldi che avevo accumulato durante l’anno, per concedermi un regalo.
All’epoca neanche sapevo cosa o chi fosse uno psicologo..
Ma la corsa della sabbia e il sottile e impercettibile flusso sonoro che si sente durante la discesa, così come la possibilità di vedere concretamente il tempo che ti attraversa, mi intrigava troppo..
Chi mi legge da qualche mese, conosce i miei numerosi post -al tempo- dedicati..
Dal suo fluire ritmico musicale, al suo fluire come essenza della vita stessa.. Una vita che – forse- comincia ad appartenerti quando capisci che lo spazio temporale non è necessariamente una gabbia.
Lo spazio temporale può essere memoria, ricordo, assenza, essenza..
Lo spazio temporale può essere vuoto sensoriale, silenzio..
Lo spazio temporale può essere evento.. pieno e vivo del tempo che ciclicamente sa tornare – ironico- perché mentre lui è ciclico e diversamente uguale a se stesso.. tu sei molto diverso da quando la prima volta, lui era giunto a bussare alla porta della tua esistenza.
Quanto dura il tempo?
Il mio lavoro mi ha spesso messo innanzi una condizione ben specifica ovvero: la (non) durata del tempo.. quello – in sostanza- che viene gettato..
Come clinica ho imparato a tollerare la frustrazione personale e professionale, così come ho imparato la qualità del tempo.
Il senso e la funzione del tempo va ascoltata, recuperata e vissuta dando tempo al tempo stesso..
*Breve riflessione sparsa che segue una conversazione in cui si parlava di tutte le sfide e paure che questo tempo mi sta gettando innanzi, ultimamente.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.