Quattro amici a cena.

Immagine Personale.

Eravamo quattro amici.. (no! non al bar, come dice la canzone che trovo pure piuttosto insopportabile), ma a cena in casa..

La sera è calda, caldissima.. L’aria è ferma, il respiro si fa caldo lento e pesante; il tutto si trasforma in fluido corporeo che solca i tuoi contorni sotto forma di sudore.

Beviamo, ridiamo e conversiamo; i milanesi non vengono giù da un po’ e nel frattempo sono cambiate una caterva di cose..

La luna è crescente.. una falce infuocata persa com’è a giocare a nascondino con un cielo nero che tenta di fagocitarla con la sua umidità.. ma lei.. prendendosi gioco di lui, emerge quando lui meno se lo aspetta e getta la sua luce aranciata: chiamala eleganza..

Noi continuiamo a parlare, ridiamo.. mangiamo e beviamo..

Gli amici sono genitori di due bellissime bambine che non hanno solo il nome di due principesse, ma gli somigliano pure..

Vanno a scuola e la conversazione si sposta sul famoso registro elettronico.

Ridiamo, beviamo e ripensiamo a quando eravamo noi, ad andare a scuola. A quando avevi la libertà del filone, di dire “professore ieri mio nonno non è stato bene e non ho potuto studiare”; la libertà di mentire a tua madre prendendoti la responsabilità di rimediare – in qualche modo- da solo, prima dell’incontro scuola famiglia.

Ripensiamo per un attimo alle lotte per il voto “no professò e perché a me 6 e a lei 7?”, così come alla grande possibilità data dallo scontro che poi diventa incontro, con il professore di turno (troppi compiti, assegno preso male, interrogazione pessima, falsificazione della giustificazione).

Sto registro, a quanto pare, toglie tutto ciò da mezzo.

Durante l’anno scolastico, ho visto molti bambini che erano seguiti da tutor specifici per disturbi dell’apprendimento o semplicemente da tutor che dovevano sostenere un pò questi bambini, non avere la minima idea di come fosse andata la loro interrogazione.

“Marco che studiamo oggi?”

“Non lo so”

“Come non lo so?”

“Eh l’assegno ce l’ha mamma, sta sul registro poi la mia interrogazione non lo so.. lo sa mamma il voto”.

Che cosa bella (de)responsabilizzare i nostri ragazzi..

Alcuni sono stati messi in punizione senza nemmeno sapere il perchè..

Ripenso a Maria Montessori (il cui approccio pedagogico in Italia è sempre stato più snobbato che all’estero), al suo immaginare una scuola a misura di bambino, un ambiente che sia accogliente e che sia la diretta continuazione dell’ambiente domestico; ripenso poi alla cura dell’errore. Secondo la Montessori il bambino riesce a comprendere dove ha sbagliato e riesce a trovare, da solo, la soluzione. L’errore ha infatti un grandissimo valore e non viene punito

Il protagonista, per Maria Montessori è il bambino che resta attore e artefice del proprio sapere, della propria curiosità e della propria azione pedagogioca.

Certo.. la tecnologia snellisce.. rende smart.. Fa figo la scuola virtuale..

Ho come la sensazione che più che smart tutto questo evitare di chiamare in causa i giovani, ci stia lentamente esponendo ad una deriva socio culturale di cui non possiamo evitare di prenderne atto.

Tra le risate e il caldo infernale, i ricordi di scuola si sono fatti vivi durante la cena.

Sono state immagini, rapidi flash e rimandi di sensazioni.

I miei compiti di matematica consegnati quasi sempre in bianco, litigi con i professori, banchi che volano e le pene d’amore.

Ma che ne vuole sapere la tecnologia di quello che siamo, veramente…

Circuiti sì.. ma di nervi, ossa e carne che hanno bisogno di immergersi nella realtà (e no.. non parlo di quella virtuale).

Beviamo ragazzi!

“Finisce bene quel che comincia male”

Dott.ssa Giusy Di Maio.

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