La Signora è stata puntuale -pure troppo- e come al solito comincia a vomitare su di noi tutte le pene d’amore.
Il caldo è forte.. così forte da avere un profumo e un sapore specifico; riesco a riconoscere il caldo di tutte le città in cui sono stata, anche delle città estere.. conosco sapore e odore.
Il calore di oggi è quello che t’avvolge quando meno te lo aspetti, quello che si fa acqua corporea, si fa abbraccio non richiesto, mani che cingono la gola come un foulard di seta che si infiamma..
E la signora parla.. ammazza se parla!
Per un momento un pensiero si affaccia alla mente “Ma sempre le stesse cose.. lui, lei l’altra”. Nello stesso istante in cui il pensiero si sta facendo forma e strada nella mia stanca mente, la Doc che è in me scuote il corpo e con un colpo a mo’ di frusta dice “Non è mai la stessa storia o la stessa cosa. Ogni persona ha un istante diverso che la rende diversamente uguale al dato momento che già per sua natura è esso stesso diverso dalla sua stessa genesi, inoltre, ogni persona vive l’esperienza in modo specifico”.
La signora va via e mentre chiamiamo il bar per il solito caffè, qualcosa sedimenta dentro di me.
Quanto può permanere un affetto in assenza di corpo?
Mi torna alla mente la permanenza dell’oggetto e Piaget quando diceva “la conoscenza è un processo di costruzione continua”. La permanenza dell’oggetto consiste nella capacita cognitiva del bambino di riconoscere che un oggetto nascosto, che non c’è più (ad esempio la mamma che va via per lavoro), continua ad esistere indipendentemente dalla sua assenza. Si tratta della capacità cognitiva di poter pensare l’oggetto fino a sostituire l’esperienza con l’oggetto stesso. L’oggetto (concreto) è sostituito dal pensiero dell’oggetto stesso.
Quanto permane, in età adulta, l’oggetto?
Quanto siamo disposti ad usare il pensiero in luogo del corpo fisico?
Danilo bussa alla porta. Il caffè è sulla scrivania. La nuvoletta di fumo riempie tutte le pareti così anche i disegni dei pazientini assumono l’aroma della tostatura.
Tutto sa di terra, intorno a me.
Mi rilasso, metto la musica e penso ai miei oggetti.. a quelli che permangono anche in assenza di carne.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
L’ha ripubblicato su ilpensierononlinearee ha commentato:
Buona Lettura.
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