
La parola Trauma deriva dal greco; si tratta di un termine preso dal campo medico e sta ad indicare un buco, una ferita, una frattura – in tal caso- dell’apparato psichico.
L’apparato psichico va immaginato come un involucro dove la psiche è la circonferenza che separa tramite il lavoro di trasformazione e traduzione, l’interno dall’esterno. Ciò che buca questa circonferenza può essere un evento esterno o interno che produce un trauma.
Ciò che accade è che il nostro apparato psichico vive l’incapacità di “fare i conti” con questo stimolo ed ecco che si situa il trauma.
Un punto fondamentale del discorso è che non è importante l’evento in sè; lo stesso evento può infatti non essere traumatico per tutti. La visione di qualcosa o qualcosa che accade a due persone contemporaneamente, per uno può diventare un trauma e per un altro no.
Perchè?
E’ traumatico ciò che intrude con prepotenza nell’apparato psichico; ciò che si situa come una violenza di quest’ultimo può essere esperito come un trauma.
Ho deciso di non approfondire la storia della teoria sul trauma in quanto molto (troppo) lunga, articolata e densa di screzi avvenuti tra i diversi esponenti teorici. Quello però che ho sempre trovato affascinante (da amante delle etimologie e delle radici dei termini) era evidenziare -tramite l’etimologia- come non necessariamente il trauma deve essere immaginato come il derivato di un grosso evento scatenante, o come qualcosa di necessariamente e profondamente aberrante.
E’ l’apparato psichico.. fragile, in continuo rapporto con un esterno e un interno in continuo movimento, in burrasca costante a dover mantenere le redini di una barca che rischia di bucarsi e andare giù a picco.
E’ l’apparato psichico che soffre, lì da solo a destreggiarsi tra le difficoltà e le domande di un corpo che chiede e l’attuale, il presente, che risponde, magari senza tener conto della sua storia.
L’apparato psichico esposto ad una quotidianità che pare celata come dietro al velo di Maya chiede sì.. ma domanda e risponde.. si ferisce, si risana, perde talee di sè e le regala.. immagina, sogna, ha paura e trema.
L’apparato psichico come altre parti del corpo va curato, va ascoltato e non va dato per scontato.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.