17 persone a pranzo più un bambino di 16 mesi.
Dallo scoppio della pandemia i legami (emotivi, sociali o entrambi) sono stati messi a dura prova, ma i legami si sa sono (etimologia alla mano) come l’intreccio di una treccia (di capelli, di stoffa…); intreccio che ha bisogno di sentirsi stretto in sé altrimenti si rischia di allentare un qualche capo con l’inevitabile scioglimento del legame stesso.
I legami chiamano e le persone rispondono.
Il pranzo va liscio (come il vino che si sta bevendo) un vino rosso e corposo da trattoria; vino di quelli che tinge e fa macchia richiamando in tal modo al colore del sangue, sangue che arriva tutto in volto – d’un sorso- che diventa bollente presenza anch’esso al tavolo dei bevitori.
Si mangia, si beve, si ricorda ed eccola lì la solita domanda “ma tu, un figlio quando lo fai? e quando ti sposi? diventi vecchia… che lo sai che metti che fai un figlio a tot anni… quando lui… tu ne avrai… poi il compagno?..”.
Vero è che la frase appena citata era detta in maniera simpatica, ma la simpatia non è sempre portatrice di delicatezza.
E la delicatezza è attitudine d’animo.
C’è un luogo comune che urla come un silenzio che è il risultato di una complicità culturale che vuole la donna (specie di una certa età) sposata e soprattutto con figli.
Nel mio rispondere “la smettete di fare i conti con il mio utero e i miei genitali?” c’era però un messaggio molto chiaro e deciso: il mio involucro psichico è mio.
Molte donne (vale anche per gli uomini, ma qui si parla ovviamente al femminile), hanno un uomo ma non hanno un amore; molte donne hanno un amore ma non hanno una passione; molte donne hanno un uomo ma non hanno né un amore né una passione: molte di queste donne hanno bambini e molti di questi bambini sono quelli che quotidianamente vediamo nella stanza dello psy.
La delicatezza è attitudine, dicevo. Nasci delicato e accorto.
Corpo e psichismo si installano l’uno rispetto all’altro in un rapporto di reciprocità. Il corpo sente, lo psichismo crea immagini che diventano rappresentazioni che gli consentiranno successivamente di trovare un senso a quel vissuto.
E il corpo non dimentica niente: immagazzina, conserva e ricorda.
Ricordati di essere delicato ogniqualvolta ti approcci all’altro.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.