Michele* ha 18 anni. Giunge in consultazione su insistenza della madre che prelevandolo -letteralmente- di peso, lo porta presso il mio studio.
“Prelevandolo di peso”, vuol dire che Michele è stato seduto con la forza, innanzi a me e -con la stessa forza materna- è stato obbligato almeno al primo colloquio con me.
Michele è stato forzato al nostro incontro perché è un delinquente. Non ci sono mezzi termini ma, la facilità delle etichette che società o politica possono dare, direbbero senza girarci troppo intorno che Michele “è un caso perso. Delinquente senza speranza; braccia per la criminalità”.
Com’è Michele?
Molto alto e dal corpo curato. Tutte le parti dell’epidermide che sporgono sono tatuate come una cartina geografica che il ragazzo fatica a tenere insieme. I riferimenti alla malavita sono lapalissiani, così tanto da essere, per me, assolutamente secondari (almeno per il momento).
La barba biondissima che vira quasi al rossiccio rende questo diciottenne molto più adulto ed è evidente fin da subito l’ambivalenza del ragazzo.
(I colloqui saranno tenuti sempre in lingua madre, porterò all’attenzione del lettore una traduzione di questi, in italiano).
Sono venuto solo perché mi ci ha portato mamma, io faccio quello che cazzo mi pare ma almeno mo questa si sta un poco zitta. Che devo dire mo? Come funziona?
Mi fate qualche domanda?
Che devo dire?
(L’iniziale colloquio è stato portato avanti con la presenza della madre di Michele, una donna completamente disintegrata. Successivamente Michele è tornato per molto tempo da me, di nascosto. Non ha mai voluto dire alla madre o agli amici di questo percorso).
Dottorè sono stato al nord, a ******
Dicono che qua siamo tutta criminalità e camorra…. ma non avete idea di quello che ho visto! Se continuo così divento io il re! Mi compro la città!
Mi sono fatto di ogni cosa!
(I colloqui diventano sempre più articolati perché Michele sarà spesso sotto l’effetto di sostanze più o meno legali. Mai troppo fatto da perdere completamente il contatto con la realtà ma con un esame di realtà** che -al contempo- appare sempre più compromesso).
Perché non ti sei mai fatta di niente tu? Ja Dottorè e che sei una principessa veramente allora?
BOOM!
(Michele comincia, durante i nostri colloqui, a salutarmi prima di andare via -oppure a farlo mentre sta parlando di qualcosa- a fare BOOM! mimando una pistola alla tempia).
Tanto la mia fine sarà BOOM!
Michele evidenzia e ripete sempre di conoscere il suo destino: “essere un re con un trono non troppo lungo”***. Sa che il suo comportamento e la vicinanza a certe “associazioni”, non gli garantiranno una vita troppo lunga.
Un giorno Michele mi guarda con una improvvisa luce diversa, meno esaltata e più velata, triste e lugubre:
Doc… io, vi devo dire una cosa. Però non ora.. cioè.. non lo so. Vabbè mo me ne vado, facciamo che ci vediamo non lo so, quando ci vediamo.
(Michele allora per la prima volta, mi viene vicino e portandomi le dita alla tempia mi esclama BOOM! ridendo).
Sono passate un paio di settimane e Michele non è più tornato in consultazione. Presa da una strana sensazione passo sotto il quartiere del ragazzo.
Michele è deceduto una settimana fa, fuori regione.
La madre disgregata ha appreso che il figlio aveva portato avanti, in segreto, il percorso di supporto psicologico ma non da me, ma da un diario che Michele teneva custodito sotto il materasso del suo letto di bambino.
Molte cose crediamo di sapere sui nostri giovani, specialmente su quelli che facilmente etichettiamo come psicopatici senza speranza alcuna.
Molte cose pensiamo di sapere da dietro i nostri pc, dove facilmente ci si inventa esperti, politici, educatori.
La certezza (non più ipotesi, ora) diviene che ogni giorno falliamo miseramente come società.
Michele andava supportato maggiormente e non solo da me, che in un piccolo centro polispecialistico fatto da professionisti volontari, non ho potuto portare avanti un programma che prevedesse un’attivazione della rete di supporto sociale e familiare maggiore.
Ho fallito?
Non lo so.
Stiamo fallendo?
Michele era un mondo contorto, confusamente infantile e straordinariamente resiliente. Una pennellata di nero, ma anche il nero… ha le sue sfumature.
*Nome di fantasia. Tutti i dati sensibili sono coperti dal segreto professionale e dalla tutela del cliente (ART.4,9,11,17,28, Codice Deontologico degli Psicologi)
**Per esame di realtà, si intende la capacità di differenziare se stessi e la propria vita interiore da quella delle altre persone e differenziare e mettere in relazione ciò che si pensa, percepisce e crede da ciò che viene consensualmente definito reale.
***Definizione data dal ragazzo
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio
Pingback: “BOOM!” – MasticadoresItalia // Editore: J re crivello