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“La faccio finita”

Photo by Mary Taylor on Pexels.com

Il resoconto che segue è lo stralcio di un supporto psicologico fatto in urgenza. Nel corpo del testo vi saranno alcuni segni (…) che indicano tagli nel discorso volto a proteggere il cliente.

Tutti i dati sensibili saranno opportunamente camuffati al fine di proteggere il cliente, secondo quanto espresso dagli articoli in merito al segreto professionale e alla tutela del cliente, ART.4,9,11,17,28, Codice Deontologico degli Psicologi

Grazie per la cortese attenzione.

E’ venerdì sera e piove a dirotto. Il freddo è forte e pungente ed è ormai molto tardi. Sono tornata a casa nella convinzione di potermi dedicare, per quel poco che resta della giornata, alla mia quotidianità fatta di semplicità e bisogno di calore.

D’un tratto sento il telefono vibrare e scorgo l’anteprima di un messaggio WhatsApp. Sono tornata da poco, ho gli occhi stanchi e la mente appannata riesco solo a pensare “devo riscaldare il corpo e la mente” ma qualcosa in quel messaggio continua ad attirare la mia attenzione.

Trascorre qualche minuto e decido di riprendere il cellulare ormai finito sotto i colorati cuscini del mio divano.

“Ciao Giusy, sei ancora a lavoro?”

Il messaggio è di una mia paziente; mi colpisce il modo con cui T. ricerca la mia attenzione (il come viene sempre prima del cosa), motivo per cui decido di rispondere alla ragazza.

“Buonasera T., sono appena rientrata in casa. Dimmi pure”

Quello che accade da questo momento in poi è piuttosto forte e psicologicamente impattante. Ci saranno ripetuti tagli nel testo riportato.

T., comincia a parlare come un fiume in piena dagli argini ormai fagocitati dalla portata d’acqua sempre più distruttiva. La potenza e la violenza dell’acqua che rimanda T., è talmente forte da essere quasi disturbante.

L’intervento contenitivo che farò, sarà portato avanti tramite audio (da parte sua) e messaggi di testo miei, utilizzando la piattaforma WhatsApp.

Le mie risposte sono -per ovvie ragioni- tutte non riportate.

“E’ successo ancora con quel figlio di puttana di mio padre. Non ne posso più (…) la faccio finita per davvero!

(…)

Io ho 20 anni, adesso basta! poi non fa che rimandarmi quella storia di Maria, sarà che io ero seguita da te all’epoca ma credimi che proprio quella storia a me non fa male e anzi! E’ l’unica cosa di questo schifo di vita che è iniziata che è stata vissuta ed è terminata; l’unica cosa che non mi fa male e di cui -alla fine- sono stata pure contenta. Quello ha un disturbo di personalità serio! Si deve far vedere lui da uno buono, per davvero! Io ho paura -credimi- mi sento senza speranza! Questa volta ci sto seriamente pensando, le macchine sfrecciano così veloci non ci metterei niente a farlo!”

(…)

Perché mi fai sempre piangere? (dice ridendo T)

(…)

Lo sai io.. cioè.. io.. Non mi aspettavo tutta questa dolcezza, delicatezza e comprensione. Quando mi hai chiamato in quel modo* pensavo mi facessi un cazziatone, che ti arrabbiassi e invece… Certo dovevo aspettarmelo perché ti conosco eppure davvero.. Non so cosa dirti. Mi sento in colpa mi dispiace perché non posso pagarti.

Tu non eri tenuta a rispondere sia perché continuo a chiedere il tuo supporto, da due anni, in maniera gratuita sia perché è praticamente notte e potevi anche fingere di non vedere il mio messaggio.

(…)

Mi sento tremendamente a disagio per questa cosa e comunque neanche il bonus sono riuscita ad ottenere. Vorrei tornare nel centro dove stai come volontaria ma credo che serva lasciare spazio a qualcun altro (…)

Dottoressa grazie davvero. Grazie di cuore perché in tanto buio mi fai sempre riscoprire la luce”

*il riferimento è al fatto che l’abbia chiamata troncando il suo nome

Il resto della mia serata è proseguito con un profondo contraccolpo emotivo e chi c’era, lo sa. Così come anche nel giorno seguente, sentivo stanchezza fisica e mentale.

Non c’è onnipotenza narcisistica in questo lavoro né, al contempo, siamo ad uso e abuso del cliente.

Non risolviamo i problemi al posto del cliente; non siamo amici o preti confessori.

Non siamo baristi o estetiste su cui riversare, spettegolando, i propri “drammi esistenziali”.

Non siamo punti di ascolto a cui dare direttive e dire cosa fare “Hey ho questo problema, fammi la diagnosi!”

Non siamo attaccati ai soldi chiedendo parcelle stratosferiche (tra l’altro anche noi psy abbiamo famiglie da campare).

Leggo -nell’ultimo periodo- strane teorie sulla mia professione: questo mi fa male.

Se vuoi empatia dall’altro ricordati di essere tu stesso (a tua volta) empatico. Qualsiasi sia la tua fonte di disagio, non dimenticare che aggredire l’altro solo perché (nella tua ottica o meglio: fantasia), non ha assecondato il tuo volere aprirà ad errori comunicativi e relazionali che non faranno bene a nessun membro della diade.

Per fortuna: non siamo tutti uguali.

La psicologia e lo psicologo meritano rispetto.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio

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Psicologa Clinica e Pianista. Albo degli Psicologi della Campania n 9767 Riceve per Appuntamento (per contatti visualizzare la pagina dedicata)

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