Per la Giornata Mondiale del Pianoforte ho a lungo scavato nella memoria delle mie emozioni.
Il viaggio si è fatto pelle nel momento in cui, negli oltre 23 anni in cui la musica ha deciso di farsi accompagnare da me, qualcosa nella sintonizzazione dei miei tre registri di lacaniana memoria (immaginario, simbolico e reale) ha sovvertito il suo presunto ordine.
Il viaggio -come dicevo- si è fatto allora pelle e tendini (tipo quelli che sono perennemente infiammati quando suoni ore, ore e ore).
Il viaggio si è fatto ricordo: quello delle ore interminabili in cui i polpastrelli delle dita hanno sviluppato solidi ma piccoli e protettivi calli lì, proprio su quella punta sottile ed esile.
Il viaggio si è fatto, inoltre, dolcezza ripensando al primo pianoforte di quel color viola/vinaccia.
Il viaggio si fa, nel momento presente, aroma consistente e persistente: quello di quando apro il pianoforte e -nonostante gli anni- c’è un solo profumo che persiste e mi ripropone tutti gli insegnanti (i presunti maestri) incontrati, le amicizie musicali, gli amori armonizzati nel frattempo.
I tasti bianchi e neri (i neri sono più simpatici e interessanti) sanno di sudore (e anche di sciatalgia in giovanissima età).
Nell’ordine di 52 bianchi e 36 neri, melodici e armonici tasti racchiudono l’essenza della mia storia.
Che cos’è allora un pianoforte?
L’amore puro: l’unico di cui sono sempre stata disposta a sostenere la fatica, il senso di svalutazione, il crollo emotivo, i giochi di potere.
(Me le ricordo certe uscite dalle aule dei conservatori..)
Cosa sono allora questi tasti bianchi e neri..
Qualcosa che è in me (e sempre sarà) in un luogo protetto e sicuro, impenetrabile, impercettibile che suona e risuona costantemente affiancando il mio sincopato battito cardiaco.
#WorldPianoDay
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767