Archivi categoria: Pensieri Sparsi

Un po’ sorrido un po’ (tanto) mi incazzo

Capita certe volte di sentirsi quasi in difficoltà per la posizione che si riveste.

Lavorare per/con il sociale, per così dire, ti mette a stretto contatto con le assurdità della contemporaneità in una maniera molto più incisiva complice, ahimè il mio essere esperta di salute mentale.

L’introduzione che parrebbe gettata un po’ così al limite della lamentela (cosa che notoriamente, non mi appartiene), trova senso nell’odierna giornata di “festa”.

L’otto marzo porta con sé riflessioni estreme che andrebbero assolutamente estese alla restante parte dell’anno ma, essendo questo giorno, il giorno, mi sento in dovere di condividere con voi qualche riflessione che è indirizzata anche (e soprattutto) dall’esperienza clinica ovvero quella reale e non letta, immaginata o fantasticata..

Essere donna sembra quasi esser diventato un compito: un dovere.

Sei lì, dalle tue forme femminili contenuta e tutti si aspettano qualcosa da te; un qualcosa che è socialmente preconfezionato e precostituito, un qualcosa verso cui non hai particolari diritti.

La grande problematica che avverto, oggi, è l’impossibilità (e siamo addirittura nel 2023), di poter scegliere del mio corpo, del mio lavoro, della mia vita. Non posso scegliere cosa (e se) condividere online, non posso scegliere cosa indossare e come, non posso scegliere chi amare e quando. Non posso scegliere se amare, se procreare, se lavorare.

Sono obbligata (in maniera tacitamente accordata) ad essere elegante, compita e silenziosa; devo essere sensuale, felina, ammiccante. Devo darti piacere, comprensione, amore. Devo capire se mi vuoi mamma o puttana e se devo essere per te, mamma, la puttana te la trovi nell’altra che può solleticare la tua fantasia come io, non posso fare.

Devo esserti complice e farti la strada mentre tu, amore mio, sarai la stella che percorre la strada in cui io sarò dietro un lampione spento.

Mi sarà chiesto se ho intenzione, nei prossimi cinque anni, di diventare madre e questo durante un colloquio di lavoro che nulla c’entra con la mia scelta di vita personale.

Sarò giudicata perché avrò scelto la strada della passione sacrificando, nell’ottica altrui, la strada della certezza della vita domestica.

Mi sarà chiesto notte e giorno “ma un figlio quando lo fai?! ma magari il prossimo anno metti in cantiere un bambino!”

In cantiere: ma che significa?

Sarò giudicata se avrò lasciato un lavoro per dedicarmi alla famiglia perché nessuno crede che casalinga possa essere una scelta di vita; sarò parimenti giudicata se preferirò lavorare scegliendo di non procreare.

Sarò pagata di meno perché “sì”, così si fa.

Giudicata se prenderò la maternità e se mai dovesse capitare di restare incinta subito dopo il primo bambino sarò: licenziata.

Abusata dagli sguardi altrui, molestata, violata e toccata quando non hai chiesto il mio permesso oppure quando ti ho in maniera esplicita detto: NO!

Violata perché condivido una foto generica che mi rappresenta e obbligata a dover accettare squallidi e languidi commenti assolutamente non richiesti.

Eletta a ruolo di musa ma io da te non voglio belle parole: voglio il tuo sangue, la tua carne, il tuo respiro su di me. Voglio il tuo corpo, certo, ma voglio la tua presenza costante in me.

Sono grassa o troppo magra.

Avrò sempre troppa cellulite, troppo culo poco seno.

Avrò poca cellulite e niente fianchi secca come un manico di scopa.

Che seno floscio!

Oddio come sei ingrassata con la gravidanza mammamia che schifo!

Ma la pancia non si vede proprio, sei sicura di essere in attesa?

E’ faticoso. Noioso. Snervante.

Non sono proprietà di nessuno se non di me stessa.

Non sono un seno, un capezzolo, un culo.

Rigonfio le mie labbra e le riempio di filler per solleticare la fantasia di qualcuno che rivede nelle mie labbra strane associazioni sessuali.

Che imbarazzo, che vergogna.

Ascoltare ragazze di 16/17 anni desiderare di ricevere uno schiaffo così “mi dimostra davvero quanto mi ama!”

Un po’ sorrido è vero ma un po’ -tanto- mi incazzo perché lo sconforto e la paura per il modo in cui è richiesto di essere donne, alle donne, è terrorizzante. E ancora più terrorizzante è il fatto che le donne, oggi, si stiano lentamente convincendo che questo va bene!

No, non commettere il solito errore qui non c’è caccia alle streghe che tenga. Il mio riferimento non è a una persona specifica. Mi riferisco a mia madre, mia sorella, mia zia, la mia amica, mia cognata, mia nonna. Mi riferisco a mia figlia a cui auguro l’incertezza dei sogni e la delicatezza delle passioni. Con i piedi ben piantati nella terra e la mente quella sì sui tacchi, libera di esprimersi e di esistere senza insistere.

??

Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

Pubblicità

Suono si nasce

Nel suono nasciamo immersi come siamo, nel bagno del ritmo del battito cardiaco materno che accompagna la nostra crescita quando nell’utero siamo accolti.

Nel suono incontriamo l’altro offrendo lui le nostre produzioni sonore (le parole); nella negazione del suono evitiamo o respingiamo l’altro (la negazione della parola).

Si parla, si canta, si tamburella un ritmo.

Una certa melodia è mia, una tua, sua e spesso nella “nostra canzone” incontriamo e rinsaldiamo l’amore.

Questo è il mio suono: uno shampoo veloce di prima mattina in una giornata di almeno 30 gradi. I capelli grondanti percorrono i solchi della schiena mentre stendo i vestiti porgendoli all’ingordo sole che da loro, risucchia tutta l’acqua..

Una gonna leggera e colorata, della scarpette di tela senza lacci, una canotta sottile e corta un bracciale pesante e avvolgente quasi su, vicino la spalla.

Si corre in strada, in studio.

Si prende un caffè al volo, magari a via Duomo, c’è il vociare del mercato, le canzoni che le signore cantano nelle loro cucine vista blu profondo.

C’è calore, c’è suono..

C’è emozione.

I capelli sono ormai asciutti e un riccio continua imperterrito a cercare l’affetto del rossetto rosso che avido ricopre le labbra.

Lo studio è in un vicolo fresco che squarcia -facendo l’occhiolino- la bollente strada principale.

Canto perché questo so fare: giocare con il ritmo, prendermi gioco del suono, abbracciare il silenzio e camminare -mano nella mano- con il palcoscenico della vita.

Tu: che suono sei?

Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

Brandelli

Brandello, brandelli (di corpi, di sogni) lacerato, lacerati, strappati con violenza dalle terre (di nascita, di speranza).

Brandello, brandelli (di corpi, di sogni) pezzi di carne disseminati qua e là, capelli volanti, occhi sgranati.

Terrore.

Brandello, brandelli (di corpi, di sogni) lacerato, lacerati – ammazzati- dalla politica, dalle chiacchiere, dalle parole arroganti di propaganda, dai conti, soldi, faccende varie.

Brandello, brandelli (di corpi, di sogni) lacerato, lacerati contro gli scogli eviscerati ma no, non sono animali, sono umani.

Miei fratelli, mie sorelle, miei figli, miei amici, mie madri e padri.

Brandello, brandelli di sogni -quelli miei- che sia presto un sogno -tutto questo- e che il mare sia finalmente utero fecondo di nascita e non più terra cimiteriale.

Crotone, Febbraio 2023.

Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

“Nasceranno”

Ogni popolo che soffre è nel mio cuore.

Ogni popolo.

Nasceranno da noi
uomini migliori.
La generazione
che dovrà venire
sarà migliore
di chi è nato
dalla terra,
dal ferro e dal fuoco.
Senza paura
e senza troppo riflettere
i nostri nipoti
si daranno la mano
e rimirando
le stelle del cielo
diranno:
“Com’è bella la vita!”
Intoneranno
una canzone nuovissima,
profonda come gli occhi dell’uomo
fresca come un grappolo d’uva,
una canzone libera e gioiosa.
Nessun albero
ha mai dato
frutti più belli.
E nemmeno
la più bella
delle notti di primavera
ha mai conosciuto
questi suoni
questi colori.
Nasceranno da noi
uomini migliori.
La generazione
che dovrà venire
sarà migliore
di chi è nato
dalla terra,
dal ferro e dal fuoco.

Nasceranno uomini migliori

Nâzım Hikmet Ran 

E’ molto probabile che questi uomini siano già nati o ri-nati. Le immagini dei bambini estratti vivi dopo tutte queste ore interminabili, assurde, assordanti scuote mente ed anima fino a farsi sentire nel corpo come una profonda pesantezza; pesantezza di qualcosa che può sempre essere contenuta (nel caso di catastrofi naturali) se non evitata (come nel caso della guerra).

🌻

A Voi tutti il mio pensiero.

Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

“Come fate?”

“Ho una domanda da farvi -Docs- ma voi, dopo che sentite tutti i problemi della gente, non vi sentite male? No davvero.. me lo chiedo sempre perché io, per esempio, quando parlo con qualche mia amica che ha qualche problema, dopo mi sento.. ceh.. mi sento proprio male. Come fate?”

Durante un colloquio in co-conduzione, una ragazzina di 11 anni -straordinariamente intelligente- ha posto questa domanda.

La sua curiosità mi ha profondamente commossa, cosa che le ho prontamente riferito, perché uno spostamento del genere nei panni dell’altro è cosa assai rara.

Potrei argomentare in molte maniere e modi ma preferisco tenere la realtà che va sempre accolta, amata e protetta, per me e per chi ha vissuto quel momento.

Non fermiamoci mai a ciò che “passa” online sui nostri giovani.

Conosciamoli -davvero- mantenendo il giudizio fuori dal nostro incontro che altrimenti, diventa scontro.

Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

L’onda

L’onda scruta, il sale penetra e dalle mobili radici -i miei piedi- il fluido del profondo blu giunge ai miei capelli dopo aver attraversato ogni spazio interstiziale del mio corpo.

L’acqua salata riempie e rigonfia le sottili intercapedini tra i miei tessuti e diviene possibile, finalmente, lo scambio di molecole fondamentali per le funzioni di base del mio organismo.

Si raggruppano i miei pori; tanti piccoli vulcani si accarezzano e si scortano l’un l’altro…

Si avvicinano sempre di più..

Non guardo -io- il blu è lui che guarda me, che mi aspetta perché sa che lo cerco: senza sosta.

Abbandonarsi ad un ricordo, un pensiero, una riflessione..

Piccole suggestioni che fuoriescono come flussi di coscienza del tutto personali; piccoli piaceri che evocano..

Sono tutti modi possibili per far sì che la nostre psiche “prenda aria”.

Non esistono riflessioni giuste o sbagliate; non ci sono schemi stilistici corretti o meno.

La nostra psiche è il luogo più importante perché è l’unico posto che potrebbe appartenerci per davvero. Luogo attraversato da una folla che vive in solitudine o da una solitudine che sente la pressante presenza della folla.

La psiche merita il nostro rispetto.

Ascoltati.

Sempre.

Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

Obiettivi

“L’acqua di un fiume si adatta al cammino possibile, senza dimenticare il proprio obiettivo: il mare”

Paolo Coelho

La nostra vita spesso ha un carattere frenetico e nella frenesia del quotidiano, sommersi dalle innumerevoli richieste della società, e delle nostre famiglie ci affanniamo per raggiungere obiettivi, spesso lontani e apparentemente irraggiungibili.

Ma una volta raggiunti scopriamo che la felicità, la soddisfazione e la gioia attesa, per il raggiungimento dell’obiettivo, è fugace e insoddisfacente.

Quando focalizziamo tutte le nostre aspettative e le nostre risorse solo ed esclusivamente sul successo, siamo destinati quasi certamente a fallire.

Photo by Engin Akyurt on Pexels.com

Bisogna confrontarsi sempre con i propri limiti e con le proprie reali aspettative (quelle nostre personali), non con quelle che ci vengono imposte direttamente o indirettamente dagli altri.

L’importante è riconoscere le proprie priorità e le proprie reali esigenze, per poi percorrere la strada più congeniale verso i nostri obiettivi, quelli che più desideriamo.

Il tempo, la fatica, il piacere della conquista, il brivido dell’imprevisto e la rassicurante risoluzione dei nodi, darà valore e soddisfazione agli obiettivi e ai successi raggiunti.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi