Le storie che ci appartengono – Psicologia della Famiglia – PODCAST

“Noi pensiamo per storie perchè siamo costituiti da storie, immersi in storie, fatti di storie”

Gregory Bateson

Le “tappe” del nostro “Viaggio nella Psicologia” che vi propongo oggi, ci faranno vivere per qualche minuto come personaggi di storie. Storie che partono da antichi miti. Perché in qualche modo noi tutti siamo parti attive nel racconto della nostra storia.

Narrazioni che partono da lontano e che in qualche modo condizionano il nostro presente e il nostro futuro.

Nel primo episodio vi parlerò più in generale del mito e della sua importanza per i contesti sociali, per le comunità, i gruppi e per i singoli individui.

Nel secondo episodio invece vi parlerò più nello specifico del “mito familiare” e dell’importanza che ha assunto nella comprensione dello studio del funzionamento psicologico delle famiglie dal punto di vista della Psicologia Sistemico Familiare e quindi dell’importanza che assume per ogni persona.

Buon Ascolto..

In Viaggio con la Psicologia – Spreaker Podcast
In Viaggio con la Psicologia – Spreaker Podcast

Storie miti e narrazioni transgenerazionali (puoi cliccare sul link per ascoltare l’episodio o potete trovarlo e ascoltarlo nella playlist del nostro podcast In Viaggio con la Psicologia. )

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“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi
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Psicologia in Pillole – Lo Stress può influire sulla memoria e sulla concentrazione ?

Il campo della nostra coscienza è molto piccolo. Accetta solo un problema alla volta.

(Antoine de Saint-Exupéry)

Lo sapete che carichi di stress molto elevati posso incidere negativamente sul nostro benessere psicologico e spesso provocare cali di concentrazione, dimenticanze e stati dissociativi ?

Come diceva Daniel Goleman, lo stress può rendere le persone stupide, proprio a causa della sua influenza negativa sul normale funzionamento cognitivo.

Lo Stress può influire sulla memoria e la concentrazione? – ilpensierononlineare – Youtube Channel

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Le nevrosi (da guerra)

L’approfondimento di oggi ci porta tra le stanze della storia della psicoanalisi.

Di ritorno dalla prima guerra mondiale, i soldati che erano stati impegnati nel conflitto bellico mostravano una strana sintomatologia nevrotica che però si presentava diversa da ciò che fino a quel momento si conosceva circa la nevrosi.

Non si mostrava, ad esempio, un conflitto tra pulsione di autoconservazione e sessuali, ma c’era qualcosa di diverso..

Scopriamo insieme le nevrosi di guerra.

Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

    “Nasceranno”

    Ogni popolo che soffre è nel mio cuore.

    Ogni popolo.

    Nasceranno da noi
    uomini migliori.
    La generazione
    che dovrà venire
    sarà migliore
    di chi è nato
    dalla terra,
    dal ferro e dal fuoco.
    Senza paura
    e senza troppo riflettere
    i nostri nipoti
    si daranno la mano
    e rimirando
    le stelle del cielo
    diranno:
    “Com’è bella la vita!”
    Intoneranno
    una canzone nuovissima,
    profonda come gli occhi dell’uomo
    fresca come un grappolo d’uva,
    una canzone libera e gioiosa.
    Nessun albero
    ha mai dato
    frutti più belli.
    E nemmeno
    la più bella
    delle notti di primavera
    ha mai conosciuto
    questi suoni
    questi colori.
    Nasceranno da noi
    uomini migliori.
    La generazione
    che dovrà venire
    sarà migliore
    di chi è nato
    dalla terra,
    dal ferro e dal fuoco.

    Nasceranno uomini migliori

    Nâzım Hikmet Ran 

    E’ molto probabile che questi uomini siano già nati o ri-nati. Le immagini dei bambini estratti vivi dopo tutte queste ore interminabili, assurde, assordanti scuote mente ed anima fino a farsi sentire nel corpo come una profonda pesantezza; pesantezza di qualcosa che può sempre essere contenuta (nel caso di catastrofi naturali) se non evitata (come nel caso della guerra).

    🌻

    A Voi tutti il mio pensiero.

    Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

    “Come fate?”

    “Ho una domanda da farvi -Docs- ma voi, dopo che sentite tutti i problemi della gente, non vi sentite male? No davvero.. me lo chiedo sempre perché io, per esempio, quando parlo con qualche mia amica che ha qualche problema, dopo mi sento.. ceh.. mi sento proprio male. Come fate?”

    Durante un colloquio in co-conduzione, una ragazzina di 11 anni -straordinariamente intelligente- ha posto questa domanda.

    La sua curiosità mi ha profondamente commossa, cosa che le ho prontamente riferito, perché uno spostamento del genere nei panni dell’altro è cosa assai rara.

    Potrei argomentare in molte maniere e modi ma preferisco tenere la realtà che va sempre accolta, amata e protetta, per me e per chi ha vissuto quel momento.

    Non fermiamoci mai a ciò che “passa” online sui nostri giovani.

    Conosciamoli -davvero- mantenendo il giudizio fuori dal nostro incontro che altrimenti, diventa scontro.

    Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

    Morire durante un attacco di panico.

    L’approfondimento di oggi risponde a una domanda che mi viene frequentemente posta durante i colloqui clinici: “dottoressa posso morire durante un attacco di panico?”

    I sintomi di un attacco di panico sono profondamente spaventosi e invalidanti; ma è davvero possibile che qualcuno di questi sintomi possa diventare così forte da portare alla morte la persona?

    Scopriamo insieme perché non avrai un infarto, un ictus e perché non morirai soffocato oppure stai diventando pazzo.

    Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

    Società perversa: psicologia e società. PODCAST

    Il viaggio di oggi è una tappa che intende analizzare la nostra società. Attualmente la cosa materiale si sostituisce sempre più alla cosa immateriale al cui interno rientra soprattutto la relazione amorosa, il sesso e la passione erotica.
    Anche il sesso, infatti, è diventato una merce come tante (disponibile tra l’altro all’interno di fredde applicazioni online) ad uso e consumo in luogo delle emozioni e desideri.
    Buon viaggio e buon ascolto.

    Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

    Famiglia e separazione.

    L’approfondimento odierno intende trattare un tema complesso e attuale. Nei nostri studi entriamo sempre di più in contatto con quelle che sono state delle famiglie e che adesso, nel tempo presente, si presentano come luoghi battaglia; terra di nessuno esposta all’astio, violenza e aggressività.

    E’ sempre devastante incontrare lo scontro della fine di un amore ma ancor di più è devastante osservare le lacrime di bambini e ragazzini che se si fingono forti -nelle mura domestiche- dove avvengono le battaglie, crollano senza sosta tra le mura della stanza d’analisi.

    Analizziamo allora cosa accade quando si passa dalla nascita del primo figlio alla separazione.

    La nascita del primo figlio implica la creazione di un nuovo sottosistema (quello genitoriale) così come la creazione di nuovi legami di attaccamento e la ridefinizione dei rapporti con la propria famiglia d’origine.

    Le coppie in cui i partner non hanno completato il proprio processo di individuazione dalla famiglia di origine e quindi non hanno sviluppato la capacità di ascolto e di accettazione dell’altro come persona né la capacità di cooperazione, molto probabilmente non riusciranno a “fare spazio” (emotivo, affettivo o relazionale) per il nuovo membro della famiglia.

    Si tratta di coppie che sembrano bloccate in uno spazio fusionale in cui non c’è spazio per il figlio. In queste coppie, l’unico modo per riconoscere l’altro (il bambino) che diviene un elemento esterno alla fusionalità che tiene legati i membri della diade è “creare” una frattura tra i due partner per ricreare una nuova coppia fusionale: quella genitore-bambino.

    Il figlio può quindi essere amato, conosciuto e riconosciuto solo dopo che è stato fatto fusionalmente proprio da uno dei due genitori.

    In questo caso si può arrivare all’allontanamento fisico e emotivo dal partner essendo impegnati nella relazione fusionale con il proprio figlio: ecco che in questo caso si giunge alla separazione.

    Una delle configurazioni maggiormente riscontrabili comporta che dopo la separazione, uno dei due partner rientri nella famiglia d’origine.

    Questa scelta di solito è sostenuta da motivi di ordine pratico ma può essere interpretata come il simbolo della scarsa capacità del singolo di organizzare la propria vita personale.

    In questa delicatissima fase, le famiglie d’origine vengono di solito altamente coinvolte nella nella vita dell’uno o altro partner tanto che spesso proprio la famiglia d’origine diviene il sostituto del partner perduto (i nonni accudiscono il figlio in luogo dell’ex partner insieme al figlio/a).

    Le famiglie d’origine, inoltre, entrano a gamba tesa nel conflitto coniugale schierandosi con il proprio figlio e contro l’ex (di converso l’ex spesso accusa per esempio gli ex suoceri come i responsabili della fine del proprio rapporto coniugale).

    E’ in questo momento che arriva la richiesta di separazione.

    Nelle situazioni conflittuali parliamo di chiasma familiare quando il figlio è al centro di dinamiche relazionali disfunzionali quali la triangolazione e la coalizione tra le due famiglie.

    Il minore della famiglia separata a relazione chiasmatica, occupa un ruolo particolare perché da un lato è simbolo dell’unione indissolubile tra le due famiglie (di fatto impossibile) dall’altro l’elemento scatenante del conflitto. Il figlio è al centro del chiasma e ciascuna famiglia ne reclama l’appartenenza al proprio clan. Ne consegue che nel corso del suo sviluppo, il bambino non potrà integrare in un’unica rappresentazione le sue radici e la sua storia a discapito del suo senso d’identità e della percezione della sua continuità.

    Cosa accade quando la famiglia si separa durante l’adolescenza?

    L’adolescente è impegnato dei due principali compiti di sviluppo ovvero individuazione e separazione dalla propria famiglia, ne consegue che durante questa fase del ciclo di vita si vivano continui lutti, separazioni, abbandoni e identificazioni.

    Contemporaneamente i genitori, come coniugi, sono impegnati nella ridefinizione della relazione di coppia e, come individui, nell’elaborazione della crisi dell’età di mezzo.

    L’adolescenza dei figli accresce, nei coniugi, il senso di perdita delle loro possibilità procreative.

    Questa fase della vita familiare è delicata perché si tratta di attraversare un lutto intergenerazionale che comporta il distaccarsi da quella struttura familiare che era funzionale all’infanzia dei bambini per affrontare proprio la separazione/individuazione che ora i figli adolescenti richiedono. In questa fase così caotica si situa spesso la separazione dei coniugi tanto da comportare una doppia separazione per la famiglia.

    I genitori impegnati nella fine del loro rapporto personale, sono meno inclini e propensi ad accogliere le richieste di un adolescente spaesato che ha -invece- proprio in questo momento bisogno più che mai di attenzioni; accade allora che non di rado questi adolescenti abbandonati arrivino ad attuare condotte devianti o comportamenti sintomatici che vengono poi usati da uno dei due ex partner per ottenere qualcosa in fase di separazione “E’ colpa tua se Marco ha gli attacchi di panico! voglio più soldi per pagare la terapia!”

    Le famiglie con adolescenti dovrebbero presentare una maggiore demarcazione dei confini per permettere i processi di svincolo tra genitori e figli ma, in caso di separazione, i confini possono diventare confusi così tanto da impedire lo svincolo.

    Il genitore affidatario può “sedurre” il figlio (per esempio promettendogli cose e viziandolo) così da portare il ragazzo alla collusione a discapito dell’altro genitore. Queste dinamiche diventano più probabili quando il figlio resta solo con un genitore formando una famiglia monogenitoriale dove l’altro è praticamente assente.

    La famiglia monogenitoriale.

    Frequentemente in caso di separazione1 il figlio è affidato alla madre. Tendenzialmente accade che il padre ha magari una nuova compagna e decide, volontariamente, di non voler vedere più i propri figli2. In altri casi assistiamo a quella che prende il nome di sindrome di alienazione genitoriale (Gulotta,1998), per cui il genitore affidatario mette progressivamente in atto una serie di comportamenti volti a svalutare e denigrare l’altro genitore.

    Altre volte può accadere che la madre, rimasta sola, viva la difficoltà nella gestione dell’autorità che prima era rivestita dal padre ora assente. Altre volte accade invece che si arrivi a una relazione troppo invischiata tra figlio e madre giungendo il figlio a vivere una relazione con la madre (sul piano prettamente simbolico) come se fosse il suo partner.

    In altri casi l’adolescente svolge il ruolo di parental child dove tramite una inversione di ruoli il figlio gestisce i propri fratelli oppure deve consolare la madre depressa.

    Anche il ragazzino che appare più forte e che si sente utile in una situazione del genere, vive una difficoltà e arresto nel proprio sviluppo psicoemotivo.

    Continua.

    Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767

    1Tratterò il tema dell’affido del minore in maniera non troppo approfondita poiché non si tratta dello specifico oggetto d’analisi dell’approfondimento. In linea del tutto indicativa e statistica, riferirò alla configurazione più nota ovvero quella che comporta l’affido del minore alla madre. Voglio sottolineare che non condivido questa scelta come la più idonea sempre e a tutti i costi. Come credo che i padri non siano sempre del tutto tutelati.

    2 C’è da dire che prima della pandemia erano maggiormente gli uomini che lasciavano la propria famiglia in luogo della costruzione di una nuova “vita”. Nei nostri studi dal 2020 in poi, stiamo assistendo a una inversione quasi, dei ruoli. Molte donne decidono sempre più di lasciare la propria famiglia abbandonando anche i propri figli. E’ qualcosa di cui va preso atto.