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Fondamenti psicopedagogici del cooperative learning.

Jean Piaget e il conflitto cognitivo.

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Piaget descrive lo sviluppo cognitivo dell’individuo come un processo che comincia alla nascita e termina con l’età adulta, ed è paragonabile alla crescita di un organismo; esso consiste in un cammino verso uno stato di equilibrio nella relazione con il mondo: ” lo sviluppo mentale è una costruzione continua, paragonabile a quella di un edificio che ad ogni aggiunta diventa più solido”.

La costruzione dello sviluppo avviene tramite due processi che sono l’assimilazione a l’accomodamento. Questi processi -ad ogni fase dello sviluppo- rompono l’equilibrio raggiunto in precedenza per favorirne la ricostruzione ad un livello mentale più elevato. Con l’assimilazione il bambino tende a rendere tra loro simili oggetti diversi, applicando loro la stessa struttura cognitiva che nel periodo senso motorio diventano una serie di azioni motorie e percettive come afferrare e mordere gli oggetti morbidi.

Con l’accomodamento invece, il bambino tende a modificare la struttura cognitiva per adattarla elle caratteristiche nuove degli oggetti che incontra, ad esempio afferrare e mordere in caso di oggetto duro o usarlo per battere contro un altro oggetto.

La resistenza che i nuovi oggetti (via via alla portata del bambino) offrono ad essere assimilati nelle sue strutture cognitive, provoca un conflitto cognitivo, provoca una modifica più complessa delle strutture cognitive e quindi ne consente lo sviluppo.

I bambini infatti modificano il loro modo di pensare quando devono meglio adeguarsi alla realtà, o meglio quando trovano discrepanza tra il loro modo di vedere il mondo e le nuove informazioni. In generale questo conflitto viene considerato un’esperienza individuale, ma Piaget ha osservato che anche l’interazione sociale può comportare un conflitto cognitivo.

Secondo Piaget anche l’influenza sociale stimola il cambiamento attraverso l’induzione di un conflitto cognitivo e attraverso le operazioni logiche effettuate dai bambini nel tentativo di conciliare le diverse prospettive e giungere ad equilibrio. Quindi il modello piagetiano di interazione sociale, è rappresentato dalla cooperazione tra pari che tentano di capire i rispettivi punti di vista tramite reciproco esame.

Piaget -infatti- considerava la cooperazione la forma ideale di interazione sociale per promuovere lo sviluppo, perché credeva che le relazioni sociali coinvolte nella cooperazione fossero della stessa natura di quelle logiche che i bambini mettono in atto rispetto al mondo fisico: come gli oggetti, anche nell’interazione con le persone si mettono a confronto e in corrispondenza le azioni di un soggetto con quelle di altri e si uniscono le proprie conoscenze con quelle di altri.

Piaget quindi riteneva la cooperazione una forma di logica parallela, dove i bambini discutono proposizioni tra loro in conflitto alla ricerca di equilibrio. La cooperazione quindi consente al tempo stesso sia di rimuovere la convinzione spontanea propria dell’egocentrismo, che la fiducia cieca nell’autorità dell’adulto.

Piaget individua tre condizioni in base alle quali può essere raggiunto l’equilibrio in uno scambio cognitivo cooperando:

1) i partner devono avere una scala di valori intellettuali comune, in modo da comprendere nello stesso modo i termini di una situazione. Ciò comporta la presenza di un linguaggio e di un sistema di idee convergenti, tali da fornire una chiave interpretativa con cui tradurre in termini comuni le diverse concezioni

2) i partner devono individuare una compatibilità non contraddittoria delle loro proposizioni, condizione dove o cercano un accordo su proposizioni differenti o trovano fatti che giustificano punti di vista differenti

3) terza condizione è che ci sia talmente tanta reciprocità tra i partner, da considerare intercambiabili le proposizioni di ciascuno.

Piaget definisce il conflitto cognitivo come una elaborazione delle differenze di opinione , ottenuta tramite la comprensione della prospettiva altrui e il confronto sul piano logico delle diverse prospettive.

Gli studiosi che hanno seguito la tradizione piagetiana, hanno tenuto in considerazione quanto sostenuto dall’autore circa il conflitto cognitivo indotto dall’interazione tra pari, affermando che esso contribuisce alla crescita cognitiva; ad esempio rispetto ai problemi di conservazione, quando si chiede ai bambini di giungere ad una decisione congiunta sull’equità di una divisione di qualche materiale del quale è stata modificata la forma, il conflitto cognitivo tra i partner spinge alla ricerca di nuove prospettive sulla situazione.

Bisogna però precisare che nonostante la riflessione di Piaget sui benefici dell’interazione tra pari si concentrino sul conflitto sociocognitivo che si innesca in bambini di uguale status, l’interazione tra chi padroneggia e non padroneggia il principio di conservazione non è una reale interazione tra pari: infatti secondo Piaget, chi ha assimilato tale principio comprende la realtà meglio e in modo diverso rispetto a chi non l’ha ancora assimilato.

Piaget poi esprime delle perplessità sull’efficacia della cooperazione adulto – bambino poiché egli sostiene che solo nel rapporto tra pari il bambino avrebbe la possibilità di socializzare le acquisizioni intellettuali. Infatti nella comunicazione con l’adulto, si rischia di avere una interazione fondata sull’assunto che l’adulto detenga i contenuti di conoscenza, e il bambino debba adeguarvisi. Con i compagni invece, la cooperazione è possibile perché si instaura reciprocità. Quindi nella prospettiva piagetiana, il ruolo dell’interazione sociale nel sostenere lo sviluppo, è duplice.

Da un lato l’interazione tra soggetti con pari livello di sviluppo cognitivo può favorire davanti ad una situazione problematica l’insorgere di un conflitto cognitivo dovuto ad interpretazioni della situazione tra loro irriducibili. Quindi la necessità di trovare un equilibrio spinge i soggetti ad un accomodamento delle strutture cognitive individuali che è favorito dalla cooperazione. Il secondo ruolo è invece giocato dall’interazione tra soggetti che non hanno un pari livello di sviluppo cognitivo, in questo caso ad esempio, il conflitto cognitivo può essere favorito dalla asimmetria della situazione poiché il soggetto più esperto può favorire lo sviluppo nel soggetto meno esperto di una visione più evoluta riguardo al problema al centro dell’interazione.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio

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Pillole di Psicologia: Jean Piaget

Jean Piaget (nato a Neuchatel nel 1986 – morto a Ginevra nel 1980), è stato uno dei punti di riferimento della psicologia dello sviluppo.

Studiò lo sviluppo del pensiero e dell’intelligenza e elaborò il “metodo clinico“; un metodo che prevedeva l’osservazione diretta e una successiva inchiesta sulle modalità di pensiero e ragionamento che venivano adottate dai bambini al momento della risoluzione dei compiti.

Jean Piaget (immagine web)

Proprio attraverso la ricerca e l’applicazione del suo metodo di studio, Piaget dimostrò, non solo la differenza qualitativa tra i processi del pensiero degli adulti e quello dei bambini, ma anche l’esistenza di fasi differenziate e progressive, caratteristiche dello sviluppo cognitivo dei bambini. Piaget è famoso anche per aver svolto i suoi studi e applicato il suo metodo clinico sui suoi figli.

Secondo Piaget le strutture cognitive e quindi anche i diversi processi di pensiero si formano attraverso un processo progressivo, universale ed immutabile. Lo sviluppo mentale avviene con un adattamento alla realtà crescente, attraverso il risultato di due processi: assimilazione (le informazione e i dati sono ricondotti a schemi di comportamento già posseduti); accomodamento (avviene una modifica degli schemi già posseduti con l’adeguamento dei nuovi dati assimilati).

Le categorie di pensiero caratteristiche di un adulto sono il frutto della graduale evoluzione del sistema cognitivo.

Lo sviluppo secondo Piaget passa attraverso 4 periodi:

Sensomotorio (0 – 3 anni), Pre-operazionale (3 – 6/7 anni), delle operazioni concrete ( 7 – 11 anni) e delle operazioni formali e astratte (da 11 anni in poi).

Il passaggio tra uno stadio di sviluppo e l’altro, presuppone l’acquisizione, da parte del bambini, di abilità e determinate capacità cognitive, che possono attraversare tre tipi di pensiero; egocentrico, operatorio e ipotetico deduttivo.

Piaget e la sua famiglia

Tale sviluppo del pensiero segna quelle che sono le abilità sociali del pensiero e le sue capacità concrete, di risolvere problemi. I concetti di realtà e causalità, quelli astratti di classe, relazione e numero e i concetti fisici di spazio, tempo, velocità, non sono innati nel bambino, ma si formano a poco a poco, andando di pari passo con il linguaggio e i rapporti sociali. Lo sviluppo mentale quindi è progressivo e avviene come un adattamento funzionale tra i due processi accennati in precedenza, di assimilazione ed accomodamento.

Infine, la capacità di elaborare ragionamenti di tipo deduttivo sarà la caratteristica essenziale della maturazione, che passa attraverso delle tappe fondamentali che vedono l’abbandono dell’egocentrismo, del pensiero non reversibile e del realismo.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi