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Bambini e paura. Come aiutarli?

Dietro le paure dei bambini c’è quasi sempre una spiegazione legata alle tappe dello sviluppo. Buona parte delle paure infantili possono essere superate spontaneamente, ma se un bambino ha una paura che dura da molto tempo che gli pregiudica anche le attività quotidiane e influisce anche nei rapporti con gli altri, allora sarà molto utile provare ad aiutarlo.

Ecco alcuni consigli per i genitori:

  • Evitate di rassicurare il bambino eccessivamente, avreste l’effetto contrario. L’iperprotezione non favorisce la formazione del coraggio.
  • Evitate di parlare troppo spesso davanti al bambino di paure e fobie, alimentereste la sua paura. Meglio farlo senza il bambino davanti.
  • Approcciatevi alla paura del bambino e alle sue richieste di aiuto e consolazione in modo calmo e sicuro. In modo che il bambino non venga confuso ancor di più con la vostra ansia.
  • Provate ad affrontare la paura del bambino, insieme con lui. Ad esempio, se il bambino ha paura dei cani provate ad avvicinarvi con lui lentamente ad un cane. Step dopo step e lentamente si abituerà e comincerà a gestire la leggera ansia che caratterizzerà quei momenti. (se il bambino non vuole farlo non bisogna insistere).
  • Date l’esempio. Siate voi per primi ad avvicinarvi agli stimoli ansiosi che alimentano la paura del bambino (accarezzate il cane). I bambini osservano e ripensano a ciò che hanno visto e pian piano assimileranno quello che hanno visto e li ha colpiti.
  • Potete aiutare il bambino a rilassarsi (decontrarre i muscoli, ascoltare musica tranquilla) e quando e tranquillo chiedergli di immaginarsi mentre fa qualcosa per superare la paura.
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Le paure dei bambini possono sembrare molto resistenti e a volte lo sono, ma tante volte risultano essere facili da superare con un buon supporto dei genitori.

Non bisogna forzarli e non bisogna aspettarsi che la paura vada via subito. I bambini hanno bisogno di tempo e comprensione.

Ovviamente se questi consigli non sono sufficienti, il consiglio è di rivolgervi quanto prima ad uno Psicologo o Psicoterapeuta. Il sostegno psicologico ai bambini e la consulenza psicologica per i genitori in questi casi è molto utile ed efficace.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi
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L’oscurità

“Quando un viandante canta nell’oscurità, rinnega la propria apprensione, ma non per questo vede più chiaro”

Sigmund Freud
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Non serve rinnegare le nostre paure, i nostri tormenti, le nostre ansie fingendo che non esistono. Non andranno andranno via da sole. Rinnegandole resteremo in qualche modo sempre ancorati ad esse e come quel viandante non riusciremo mai a vederci chiaro, ma saremo costretti a vagare nell’oscurità, solo perché ci sembrerà troppo difficile cercare la luce.

Solo affrontando e comprendendo la nostra apprensione, avremo una possibilità di vederci chiaro.

dott. Gennaro Rinaldi

Resilienza.. resistere trasformandosi.

Vorrei che provaste ad immaginarvi ed immedesimarvi in una persona che in un determinato momento della sua vita prende una decisione, suo malgrado, perché in qualche modo costretto a farlo. Questa decisione è drastica, di rottura. È successo qualcosa nella sua vita che lo ha portato ad allontanarsi dalla sua casa, dalla sua famiglia, dal suo mondo. Improvvisamente tutto è cambiato e quella persona si sente sola (forse lo è davvero). Uno straniero in un luogo sconosciuto. 

Immagino che, in una situazione simile, una persona si senta come una pianta sradicata dal quel terreno dove presumibilmente è nata, cresciuta e dove si è nutrita.

Come può sopravvivere questa pianta?

fonte: google

La situazione descritta brevemente può accumunare l’esperienza di molte persone. Somiglia innanzitutto all’esperienza dei migranti e dei nostri emigranti italiani.

Quando viene sradicata, una pianta, per far si che sopravviva e che cresca, bisogna ripiantarla in un altro terreno. Le piante sono molto “resilienti”. Riescono ad affrontare un evento così traumatico e improvviso, “riadattandosi” al nuovo terreno, al nuovo luogo, fino a giungere ad un nuovo equilibrio. Sfruttando al massimo il nuovo “ambiente”, usufruendo del supporto e dell’aiuto di chi gli ha offerto l’opportunità di “mettere radici” in un luogo estraneo (il contadino, il giardiniere).

La psicologia ha preso in prestito il concetto di “resilienza” da un’altra disciplina, la fisica. In fisica il concetto di resilienza indica la capacità e la forza che un corpo, generalmente un metallo, ha di resistere agli urti improvvisi senza spezzarsi.

L’urto (nel caso della pianta lo sradicamento)  genera un evento improvviso (stressante). La pianta riesce ad essere abbastanza resiliente e resiste allo stress dello sradicamento dal suo vecchio ambiente riadattandosi e sfruttando al massimo quel cambiamento. Riuscendo finanche a crescere più rigogliosa.

In effetti, potremmo pensare alla resilienza come una capacità innata di ogni essere vivente. Noi tutti abbiamo la potenzialità innata di sfruttare le nostre capacità resilienti.


I “sistemi” stessi che viviamo sono anch’essi capaci di resilienza. Un Sistema Familiare, ad esempio, può contare sulla propria capacità di resilienza per far fronte ad eventi critici di crisi o conflitti, interni  o esterni. Può, infatti, sfruttando anche la propria flessibilità, riuscire a riadattarsi e quindi riassestarsi, dopo il cambiamento, ristrutturandosi internamente e affrontare al meglio le crisi future caratteristiche del proprio sviluppo vitale.    

Insomma, potremmo considerare la resilienza come la capacità umana di affrontare gli avvenimenti dolorosi e risorgere dalle situazioni traumatiche o meglio: “la resilienza corrisponderebbe alla capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato” (Grotberg, 1996).  

Sembra però che ci siano persone non capaci di attingere dal proprio bagaglio di esperienze per sfruttare al meglio la propria capacità di resilienza, ma ci sono sicuramente possibilità concrete di acquisire la capacità di guardare e attingere alle risorse personali e sociali, in stato di latenza,  e ri-costruire le proprie strategie di resilienza. Spesso i motivi di tale incapacità riguardano da vicino la propria storia familiare e personale e quindi attraverso l’aiuto di uno Psicologo o di uno Psicoterapeuta, questo è possibile iniziando percorsi personali, familiari o di gruppo. Ovviamente tali strategie e abilità di resilienza devono poter attingere anche da un “terreno abbastanza fertile” di autostima positiva, legami significativi, creatività, curiosità,  una buona rete sociale di appartenenza, una cultura personale che consenta di dare un senso al dolore e diminuire gli aspetti negativi di una situazione, permettendo la ricerca di alternative e soluzioni davanti alla sofferenza.

Per concludere, ricollegandoci alla situazione della persona di cui vi ho chiesto di vestire i panni, possiamo quindi dire che è sempre possibile continuare a nutrire le proprie radici, anche in un terreno straniero, purché quella persona conservi il “nettare” del nutrimento della terra natia e sfrutti tutte le sue capacità per adattarsi, ricostruirsi e trasformarsi attraverso la propria capacità resiliente.    

dott. Gennaro Rinaldi