
Tutti abbiamo un’immagine del tipo di persona che crediamo di essere ed in parte, ciò riflette il modo in cui gli altri ci vedono, il sé- specchio di Cooley (1902).
Il sé, tuttavia, rappresenta principalmente una nostra creazione che è determinata dai valori e dalle predilezioni di ciascuno; questa possibilità può però scontrarsi con l’immagine che gli altri hanno di noi, portandoci a percepire un’immagine nostra, ma distorta (se messa in relazione con ciò che gli altri vedono).
Il prodotto dei nostri sforzi costruttivi è il concetto di sé che si riferisce agli aspetti cognitivi dell’organizzazione del sistema di sé ed esprime la conoscenza soggettiva psicologica e fisica che gli individui hanno di se stessi.
Il concetto di sé non è statico, ma è continuamente modificato dal processo di autosservazione (L’Io che guarda il Me); è inoltre influenzato dall’esperienza e dalle sensazioni di capacità o incapacità causate dai successi o insuccessi.
La maggior parte dei cambiamenti, però, avviene durante l’infanzia, momento in cui vengono poste le fondamenta del concetto di sè e momento in cui l’individuo è più vulnerabile ai giudizi degli altri.
Il modo in cui i bambini concepiscono il sé varia in parte in relazione all’età e dipende dallo stadio di crescita intellettuale raggiunta.
Le modificazioni ontogenetiche nel concetto di sé, nei bambini, sono riassumibili nel seguente modo:
- da Semplice a Differenziato. I bambini più piccoli formulano dei concetti globali mentre i più grandi elaborano distinzioni più sottili e relative alle circostanze.
- Da Incoerente a Coerente: I bambini più piccoli hanno più probabilità di cambiare la valutazione di sé mentre i bambini più grandi gradiscono la stabilità del concetto di sé.
- Da Concreto a Astratto: I bambini più piccoli centrano la loro attenzione su aspetti fisici, esterni e visibili mentre i bambini più grandi su aspetti psicologici non visibili e interiori.
- Da Assoluto a Comparativo: I bambini piccoli si concentrano sul sé senza riferimenti agli altri, mentre i bambini più grandi descrivono se stessi in confronto con gli altri.
- Dal Sé pubblico al Sé privato: i bambini piccoli non distinguono tra sentimenti privati e comportamento pubblico mentre i bambini più grandi considerano il sé privato come il vero sé.
Seguendo i primi di livelli, i bambini possono ad esempio esprimere e formulare concetti come “buono e cattivo”, “forti e deboli” e solo più tardi capiranno che ci sono delle sfumature tra gli estremi.
Per quanto concerne il passaggio dallo stadio concreto a quello astratto, è dai 7 anni in poi che i bambini, ad esempio, si riferiranno anche alle caratteristiche psicologiche come le abilità, convinzioni e inclinazioni. Questo punto sarà quello maggiormente sottoposto agli scossoni dell’adolescenza, momento in cui il sé causa molte preoccupazioni e quando le emozioni interiori e i temi sociali sono preponderanti nelle descrizioni di se stessi.
Secondo Damon e Hart (1988), i termini autodescrittivi del sé possono essere divisi in 4 categorie che comprendono caratteristiche fisiche, dinamiche, sociali e psicologiche.
Più del 50% delle risposte date dai bambini tra i 3 e i 5 anni rientra nella categoria dinamica (sono inoltre maggiori le descrizioni dal punto di vista fisico).
I termini sociali sono quelli maggiormente usati dai bambini in relazione ai rapporti con i familiari e con i coetanei (mia mamma va fuori per lavoro; sono molto popolare tra gli altri bambini).
Il cambiamento maggiore nel sé, si ha con il passaggio dal sé pubblico a quello privato, momento fondamentale a circa 8 anni quando il sé privato viene considerato il vero sé; da questo momento i maggiori (e successivi) cambiamenti nel sé, si ritroveranno nell’adolescenza fase in cui la costruzione del sé privato si snoderà lungo tutto l’arco della durata dell’adolescenza stessa, fino a giungere alla comprensione dei limiti della coscienza e del controllo di sé.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.