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Podcast: Psicologia della musica- Protestare a suon di rime e slang: Napoli.

Continua il nostro viaggio tra rime e slang. La tappa di oggi è un viaggio nella storia; dal “canto delle lavandaie del Vomero” a “curre curre guagliò” scopriamo insieme quando Napoli protesta e come, nel corso dei secoli, il genere musicale Rap si è inserito nel tessuto sociale . Un viaggio diverso ma -provare per credere- accattivante.

Cià guagliò!

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

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Cantare.

“Un uccello non canta perché ha una risposta. Canta perché ha una canzone“.
Proverbio cinese

Canta anche quando ti sembra di non aver nulla per cui cantare.

Anche se pensi di non avere una canzone.

Il fiato uscirà da sé.

Poi le parole.

Poi il senso.

La musica ha da sempre un ruolo centrale nell’elicitazione del disagio psichico.

“Tu m’haje prummiso quatto muccature, io so venuto me li voj dare1questo frammento, tratto dal ” Canto delle lavandaie del Vomero” è stato collocato da Roberto De Simone2intorno al XII – XIII secolo. Questo canto permette di comprendere il ruolo che la musica ha ben presto avuto nel contesto sociale napoletano: inizialmente la funzione del canto fu di “supporto” in quanto le lavandaie cantando, riuscivano a sopportare il duro lavoro nei campi; successivamente il brano servì per urlare con forza il proprio disprezzo contro il dominatore straniero accusato della mancata distribuzione delle terre promesse1.

Tuttavia secondo altre ipotesi, la connotazione di protesta del canto era presente fin dall’origine; pertanto sembra che il canto sia stato indirizzato a Federico II di Svevia (1194- 1250).

(Estratto da: Parole sospese e giochi ritmici, “Analisi delle dinamiche relazionali e comunicative alla base del fenomeno musicale Rap”, Giusy Di Maio.)

1Secondo una iniziale ricostruzione di Roberto De Simone, il canto era indirizzato ai dominatori aragonesi (1442-1503). Da http://www.wikipedia.org.

1” Tu mi hai promesso quattro pezzi di terra, me li vuoi dare”. Muccature : “termine di derivazione spagnola; indica il fazzoletto e per estensione, andrà ad indicare l’appezzamento di terra”.

2Da http://www.wikipedia.org.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

PsicoMusica: Pregiudizio e Musica.

Con il termine pregiudizio si indica un giudizio preconcetto negativo di un gruppo e dei suoi singoli membri. Gordon Allport definiva in “La natura del pregiudizio”, il pregiudizio stesso come “un’antipatia basata su una generalizzazione sbagliata e inflessibile”.

Una persona prevenuta e che attua un comportamento o una decisione basata sul pregiudizio, può provare antipatia per chi è diverso da lei e comportarsi in modo discriminatorio credendo l’altro ignorante e pericoloso.

Il pregiudizio è complesso in quanto è possibile che anche un atteggiamento “positivo”, condiscendente, sia in realtà volto a mantenere l’altro in posizione di svantaggio e sia quindi intimamente connesso col pregiudizio.

Le valutazioni negative che contraddistinguono il pregiudizio sono spesso sostenute da credenze negative e sono chiamate stereotipi.

Avere stereotipi vuol dire fare generalizzazioni. Le generalizzazioni influenzano ogni aspetto della nostra vita: possiamo generalizzare sulle persone, sugli alimenti, sull’abbigliamento e sulla musica.

In ambito musicale molte riserve -recentemente- vedono coinvolta la musica napoletana classica (e non).

Si dice scala di seconda minore o di seconda napoletana, una scala musicale molto usata nel XVII secolo dalla Scuola Napoletana e tutt’ora in uso presso gli autori di canzoni dal gusto vagamente arabeggiante e mediterraneo, nonchè nell’ambito dell’improvvisazione jazz. Questa scala musicale si presenta in vari sottotipi e in alcuni di essi vi sono elementi tonali che risalgono all’epoca classica greca (VII secolo a.C.).

In sostanza, ciò che secondo alcuni è volgare, stridulo o troppo malinconico, ha origini storiche/culturali ben precise.

Il gioco/riflessione di stasera è provare ad andare oltre il pregiudizio. Propongo l’ascolto di un paio di pezzi. Il primo “Il canto delle lavandaie del Vomero” diventò da canto d’amore, canto di protesta contro la dominazione aragonese. Considerato tra i primi esempi (se non addirittura il primo) esempio di canzone popolare, nonchè l’origine della canzone napoletana tra il duecento e il quattrocento.

L’altro pezzo è invece una cover di due voci evocative e pulite; Voci di talento e anema. Nei pezzi è intuibile la componente classica del ritmo e della melodia.

Non mi dilungherò su molti aspetti della questione; sono sempre stata convinta (e credo proprio che ancora lo sarò), che l’unica cosa a salvarci – oggi più che mai- sia la cultura

Conoscere invece di giudicare fa pensare, immaginare, mettere in relazione, modificare o restare nello stesso modo.

Conoscere fa muovere.

Buon movimento.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.