L’Exuvia indica – in biologia- i resti dell’esoscheletro (la struttura esterna più o meno rigida che fa da protezione al corpo dell’animale ed eventualmente da sostegno agli organi) dopo la muta di un insetto, crostaceo o aracnide.
L’Exuvia è ciò che resta dopo che è avvenuto un cambiamento formale.
Exuvia, questo scarto, mi fa pensare all’Io e il “suo” progetto per/dell’identificazione. Il futuro – infatti- non può coincidere con l’immagine che il soggetto si crea di esso nel suo presente e questa non coincidenza (di cui il soggetto fa quotidianamente esperienza), deve sostituire alla certezza perduta la speranza di una coincidenza futura possibile.
L’Io quindi, per essere, deve appoggiarsi a questa possibilità/augurio; tuttavia questo tempo futuro che sarà raggiunto, dovrà a sua volta lasciare spazio e diventare fonte di un nuovo progetto in un rimando che terminerà solo con la morte (in tal senso penso a una nuova exuvia).
Tra l’Io e il suo progetto deve persistere uno scarto; tale scarto deve presentarsi e prestarsi come la possibilità secondo cui la differenza tra Io attuale e Io futuro deve sempre restare, almeno parzialmente, una incognita. E’ proprio per la presenza di questa progettualità, della dimensione progettuale, (necessariamente irrealizzabile nella sua interezza), che appare quanto il soggetto umano, nel suo essere soggetto desiderante, è costituito anche dal negativo ovvero da desideri che non ha soddisfatto, che non ha realizzato e da ciò che non è divenuto.
L’exuvia persa lungo il cammino della nostra costruzione come Io desiderante – e per questo mancante- ci ricorda della possibilità di lasciare un calco, un pezzo, una esperienza per “la strada” al fine di dare nuova vita alla nostra esperienza.
Caparezza è tornato il 30 marzo con il primo pezzo del nuovo album, pezzo che ha proprio come titolo Exuvia.
Giusto un anno fa ho lasciato il mio calco altrove dall’adesso e lontana da un posto in cui non c’era casa, nel mio nuovo scheletro in costruzione so di essere nella mia isola senza tempo, nel mio polmone verde fatto di aria di sogni e di speranze; isola di attracco per pochi.
E tu…
Hai già perso il tuo esoscheletro?
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.