Tachicardia, vertigini, capogiri, allucinazioni, confusione, alterazione della percezione, scompensi affettivi, depressione, ansia, attacchi di panico, manie persecutorie..
Può un’opera d’arte generare così tanto scompiglio nella mente di un uomo?

Nel 1817 lo scrittore francese Marie-Henri Beyle (Stendhal) attraversò la penisola italiana durante il suo Grand Tour e tenne un diario poi pubblicato nella sua opera “Roma, Napoli e Firenze” dove per la prima volta descrisse questa esperienza psichica:
«Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da santa Croce ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.»
Stendhal
Quello che oggi definiamo come “Sindrome di Stendhal” è un disagio psichico individuato ed analizzato per la prima volta nel 1977 in Italia dalla Psichiatra Graziella Magherini. Lo studio del fenomeno, negli anni ottanta e novanta, nel Servizio di Salute Mentale di Firenze (Santa Maria la Nova) permise di scoprire che vi erano degli elementi ricorrenti in chi aveva manifestato questo disturbo: estrema sensibilità, il viaggio in un paese straniero e l’incontro con un opera d’arte.
In genere le manifestazioni psichiche descritte in precedenza e caratteristiche di questo disturbo, sono passeggere e perlopiù senza conseguenze gravi. La cosa interessante, venuta fuori dallo studio, è che quasi tutti i pazienti con Sindrome di Stendhal, hanno una vita solo in apparente equilibrio, in cui tendono a nascondere le insoddisfazioni, le difficoltà relazionali, inoltre vivono una vita caratterizzata da eccessivo “perbenismo” che li rende “rigidi”. L’opera d’arte, con la sua potenza evocativa, irrompe e sconvolge le loro difese psichiche.
L’opera d’arte (insieme a tutto il contesto: viaggio, ambiente, situazione personale) è quindi in grado con la sua bellezza e con la sua potenza evocativa emozionale di risvegliare sentimenti ed emozioni che mettono alla prova la persona che osserva, che può reagire in modi differenti e quindi non reggere l’impatto emotivo.

Il viaggio in un luogo d’arte è come un viaggio dell’anima ed è capace di risvegliare emozioni e sentimenti che mettono in gioco tutte le sfaccettature dell’identità di una persona.
“Finisce bene quel che comincia male”
dott. Gennaro Rinaldi