E quando si sviluppa la teoria della mente? Quando siamo, in sostanza, capaci di capire che l’altro può avere sentimenti o emozioni che non necessariamente sono come quelle che sentiamo e viviamo noi?
E’ possibile che il nostro comportamento sia orientato da una falsa credenza?
Scopriamolo con il nostro approfondimento.
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767
Una paziente mi chiese quando un dolore cominciasse a fare meno dolore; quando -in sostanza- avrebbe cominciato a sentire “come una volta” il piacere dell’abbraccio, il calore sul viso, il profumo di un fiore.
L’esperienza dolorosa è devastante poiché per quanto condivisa è sempre prima di tutto nel silenzio del proprio mondo interno che avvertiamo il senso devastante del dolore.
Il dolore può essere prettamente psicogeno o organico; può accompagnarsi o essere accompagnato da una specifica patologia o essere la spia di una psicopatologia.
Il dolore ha il tempo del dolore; un tempo che richiede la nostra piena attenzione e volontà.
Attenzione per se stessi, il proprio mondo interno, la propria storia personale scevri dal giudizio personale che vuole etichettare la nostra stessa storia.
Capita sempre di più (e anche qui, l’epoca social molto fa) che le persone decidano di darsi una etichetta psicodiagnostica e che si barrichino dietro questa definizione.
Ciascuno è -ovviamente- libero di vivere la propria condizione dolorosa con la delicatezza che più sente rispettosa verso il proprio processo di costruzione di sé ma va anche detto che la psicologia ha fatto tantissimo, negli anni, per distaccarsi dalla medicalizzazione del disagio psicologico arrivando -ad esempio- all’importantissima diagnosi funzionale dove più che parlare di deficit e “aspetti che non funzionano” si punta e di fa leva, lavorandoci, sviluppandole ulteriormente e valorizzando le aree funzionali della persona stessa che in questo modo, non è vista come solo “depressa, ansiosa, anoressica, disgrafica”.
Il tempo del dolore è quel tempo che serve per viaggiare tra, dentro, intorno, sopra, sotto, di fianco nel/al dolore stesso. Questo tempo terminerà quando la condizione originaria che portava il dolore stesso (la perdita, la malattia, etc..) non farà più così paura o dolore ma sarà seme per ricominciare o proseguire.
Il lutto di una persona cara, del nostro animale domestico, cesseranno di far dolore quando avremo la forza per guardare un certo oggetto o ripensare a quella cosa (ricordo, evento) senza abbandonarci più a lacrime continue ma quando quel ricordo renderà lucidi sì gli occhi, ma riuscirà ad aprire a nuove possibilità.
“Prendiamo un nuovo cane?/ Ho deciso di accettare quell’appuntamento/ Nonna faccio le polpette come le facevi tu! e che successo la cena con gli amici!”
Il tempo non ci è nemico a patto di riuscire a danzare insieme a lui (che siamo o meno, bravi ballerini!)
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767
Pensi sia più importante il contatto fisico/emotivo nei confronti del bambino oppure credi che possano bastare le sole cure igieniche, per esempio?
Non di rado i genitori sostengono di adempiere correttamente a tutte le cure necessarie, nei confronti dei loro bambini, e questo è assolutamente vero!
Cosa potrebbe allora mancare o essere deficitario, all’interno di una relazione calda, con i nostri bambini? Scopriamo le straordinarie ricerche di René Spitz.
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767
Una paziente non usciva più dalla propria casa perché era convinta di essere un mostro, di essere deforme, nonostante questa deformità fosse assente dal suo viso.
Un’altra paziente non riusciva a lasciare un microscopico specchio tenuto sempre tra le sue mani con cui doveva controllare, continuamente, che tutto fosse sotto controllo.
Abuso di make-up, abbigliamento strano, che cosa c’entra tutto questo con il BDD – Disturbo Da Dismorfismo Corporeo, disturbo sottostimato, tornato alla ribalta in seguito alle dichiarazioni fatte dal cantante Marco Mengoni che ha ammesso di averne sofferto.
Si tratta di un disturbo inserito all’interno del DSM5 nei disturbi ossessivo-compulsivi che si caratterizza per un’eccessiva e persistente preoccupazione per alcuni difetti fisici corporei. Questi difetti fisici possono essere presenti ma minimi, oppure totalmente assenti.
Scopriamo insieme, anche attraverso l’esperienza clinica, cos’è il BDD e come riconoscerlo.
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767
L’approfondimento di oggi ci porta tra le stanze della storia della psicoanalisi.
Di ritorno dalla prima guerra mondiale, i soldati che erano stati impegnati nel conflitto bellico mostravano una strana sintomatologia nevrotica che però si presentava diversa da ciò che fino a quel momento si conosceva circa la nevrosi.
Non si mostrava, ad esempio, un conflitto tra pulsione di autoconservazione e sessuali, ma c’era qualcosa di diverso..
Scopriamo insieme le nevrosi di guerra.
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767
“Ho una domanda da farvi -Docs- ma voi, dopo che sentite tutti i problemi della gente, non vi sentite male? No davvero.. me lo chiedo sempre perché io, per esempio, quando parlo con qualche mia amica che ha qualche problema, dopo mi sento.. ceh.. mi sento proprio male. Come fate?”
Durante un colloquio in co-conduzione, una ragazzina di 11 anni -straordinariamente intelligente- ha posto questa domanda.
La sua curiosità mi ha profondamente commossa, cosa che le ho prontamente riferito, perché uno spostamento del genere nei panni dell’altro è cosa assai rara.
Potrei argomentare in molte maniere e modi ma preferisco tenere la realtà che va sempre accolta, amata e protetta, per me e per chi ha vissuto quel momento.
Non fermiamoci mai a ciò che “passa” online sui nostri giovani.
Conosciamoli -davvero- mantenendo il giudizio fuori dal nostro incontro che altrimenti, diventa scontro.
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767
L’approfondimento di oggi risponde a una domanda che mi viene frequentemente posta durante i colloqui clinici: “dottoressa posso morire durante un attacco di panico?”
I sintomi di un attacco di panico sono profondamente spaventosi e invalidanti; ma è davvero possibile che qualcuno di questi sintomi possa diventare così forte da portare alla morte la persona?
Scopriamo insieme perché non avrai un infarto, un ictus e perché non morirai soffocato oppure stai diventando pazzo.
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767
Il viaggio di oggi è una tappa che intende analizzare la nostra società. Attualmente la cosa materiale si sostituisce sempre più alla cosa immateriale al cui interno rientra soprattutto la relazione amorosa, il sesso e la passione erotica. Anche il sesso, infatti, è diventato una merce come tante (disponibile tra l’altro all’interno di fredde applicazioni online) ad uso e consumo in luogo delle emozioni e desideri. Buon viaggio e buon ascolto.
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767