Nel corso di un supporto psicologico può accadere che il bambino, l’adolescente o il giovane adulto, possa vivere una difficoltà nel verbalizzare un certo tipo di contenuti.
Potrebbe accadere, infatti, che innanzi a traumi incistati profondamente nell’apparato psichico sguarnito di idonee modalità difensive atte alla comprensione e allo scioglimento del trauma stesso, si possa ricorrere all’ausilio di strumenti “esterni”.
Cosa intendo dire con ciò?
E’ possibile, durante la conduzione dei colloqui, utilizzare strumenti come marionette.
La terapia con le marionette si fonda sui principi della psicologia dello sviluppo di C.G. Jung, tuttavia mentre in Jung i conflitti vengono recitati e analizzati verbalmente, la terapia con le marionette si incentra sul gioco con le marionette ed altri strumenti quali l’uso del disegno o altre forme creative (scrivere una canzone), oppure altre forme verbali (racconto di una storia).
Utilizzare piccoli oggetti facilmente manipolabili (ad esempio marionette da muovere a mano), consente una sorta di manipolazione “esterna” di un contenuto intrapsichico “interno” portandolo all’interno di una dinamica duale (psicologo/paziente), rendendo visibile lo scambio intra e interpsichico all’interno della dinamica transferale.
I bambini o gli adolescenti che manipolano oggetti, sperimentano un senso di controllo e padronanza che li aiuta a riconoscere (quindi a dare un nome) all’emozione provata. Attraverso il meccanismo della proiezione, il bambino riesce a proiettare sulla/nella figura scelta tutti quei contenuti psichici difficili da verbalizzare (la marionetta può o meno avere una certa strutturazione rigida, nel senso che può indicare già di per sé sesso, etnia e ruolo sociale ad esempio la principessa, oppure può essere il corrispettivo di una tela bianca su cui il bambino adagerà il proprio mondo interno).
E’ preferibile avere un vasto numero di oggetti tra cui scegliere (all’incirca una ventina), che siano semplici da manipolare e che ben si prestino alla rappresentazione sia dei sentimenti che del mondo interno (non è necessario avere una principessa e un principe, per fare un esempio, ma è preferibile avere marionette con caratteristiche femminili, maschili, che vi siano animali) ed è importante che le marionette non diano già un’idea fissa su cosa dire, ma è molto importante che siano solo dei tramiti (ad esempio avere una marionetta che sia chiaramente cenerentola, porterà inevitabilmente il bambino a parlare di cenerentola stessa).
Tendenzialmente i bambini si approcciano all’uso delle marionette con curiosità e anche quelli meno propensi alla verbalizzazione oppure quelli che mostrano elementi di iperattività, riescono per un certo momento della seduta, a dare interesse ai pupazzetti.
Le storie che emergono durante l’uso delle marionette sono spesso affascinanti e al contempo terribili; ci sono bambini che mostrano un blocco dell’attività creativa (e questo succede con sempre maggiore frequenza, in quanto molti dei nostri bambini sono bambini App, risultato della costante presenza dei social media, nella nostra esistenza).
Ci sono bambini delusi dal mondo, sia esso il mondo degli adulti oppure il mondo personale, quello in cui non si riconoscono.
Ci sono bambini che si guardano allo specchio e non si riconoscono; si tratta di tutti quei piccoli pazienti che presentano precocemente dubbi e incertezze sulla propria identità (perché sì, per chi si ferma ad ascoltare certi dubbi sono precocemente visibili).
Ci sono bambine, piccole principesse che hanno conosciuto precocemente l’orco o piccoli principi che hanno conosciuto la matrigna cattiva che li ha derubati della loro infantile dolcezza.
Ci sono bambini che non sono né principi né principesse; vittime di un sistema che li ha voluti solo tasselli di una scacchiera che fa buchi da tutte le parti e allora vengono gettati nel terribile mare delle case famiglie, delle famiglie affidatarie.. dei tutori…
Ci sono adolescenti completamente spaesati, boe in mezzo al mare che a fatica galleggiano e segnalano la propria presenza, nello spazio.
Ci sono giovani adulti interrotti e fermi giusto lì… sul confine (border) della psicopatologia che non li fa né nevrotici né francamente psicotici e allora….
Chi sono io?
Accade allora che durante una seduta D. giovane stanco di lottare, decide di staccare la testa alla principessa.
Proietta sulla marionetta il proprio dissenso verso la perfezione di un canone inesistente che lui non avrà mai; è con un morso che la testa viene recisa analogamente al taglio netto e secco che lui aspetta venga fatto, a quel genitale che non gli appartiene.
E mai gli apparterrà.

“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio