Poco dopo la prima mestruazione, una ragazza ha utilizzato un coltello per incidersi sulla pelle una parola: AMAMI. I tagli netti e precisi scarificavano la superficie della pelle della ragazza speranzosa di poter giungere all’osso. La giovane automutilatrice era una ragazza perbene, la classica figlia di famiglia/bambolina ben curata molto magra e infantile. L’esile corpo riempiva lo spazio in maniera garbata ma questa innocenza mascherava l’incapacità di provare emozioni lo smarrimento e un inquietante senso di morte.
La scelta della superficie epidermica come luogo delle mutilazioni, è – in parte- un modo per compensare la carenza o privazione dei contatti epidermici durante l’infanzia. Chi si procura ferite, tagli o mutilazioni pensa alla propria pelle come il contenitore delle pericolose sostanze o degli organi minacciosi e di tutte quelle pericolosissime sostanze che in esso sono contenute.
Se infatti gli orifizi del corpo (bocca, naso, apertura vaginale, …) sono esposti sia agli attacchi interni che esterni, la pelle può trattenere, filtrare tutti quelli (vissuti come attacchi) che sono gli assalti dell’eccitazione; invece – quindi- di cannibalizzare l’intero corpo vi è una piccola mutilazione precisa.
Accade che quando le giovani ragazze si avvicinano all’età dello sviluppo, la tensione mestruale o l’eccitazione sessuale non è vissuta come un qualcosa di positivo, ma il tutto è vissuto con l’impossibilità di trovare sollievo a tutti i cambiamenti sessuali connessi.
“Mi sentivo sola e vuota… Sono frustrata… Mi sentivo una merda… Boh, che palle”.
“Non avendo imparato a esprimere le emozioni se non nei termini infantili della mutilazione divorante o della fuoriuscita di sostanze corporee, chi si infligge piccole lesioni continua ad associare ogni tipo di eccitazione interna con l’esperienza del divorare o del perdere e a confondere ogni tipo di eccitazione interna con l’altro: la rabbia con l’eccitazione sessuale e l’eccitazione sessuale con la rabbia”. Louise J. Kaplan.
Il gonfiore premestruale, che crea nella maggioranza delle adolescenti disagio, dà a chi si mutila la sensazione di scoppiare e la sensazione di abitare un corpo di cui non si è padroni; un corpo invaso quasi da forze esterne; un corpo da cui difendersi, un corpo che sente e potrebbe cedere alle tensioni sessuali.
La donna che si mutila ha infatti la sensazione, proprio per le ragioni sopraccitate, di avere i propri genitali esposti alle aggressioni esterne e vive la penetrazione dei genitali stessi come un possibile annientamento del corpo.
Questa donna da bambina non è stata tenuta insieme e protetta dal mondo esterno e nel momento in cui la mestruazione si attesta nel reale, la donna è costretta a prendere atto del proprio corpo, dei propri genitali interni e prova disperazione; una disperazione che le fa sentire che il proprio corpo andrà in frantumi.
La donna è convinta di potersi fidare solo di se stessa e degli oggetti inanimati che pensa possano darle conforto (nonostante l’infanzia sia molto lontana, queste giovani donne continuano ad aggrapparsi a peluche, pezze morbide o copertine). Il fatto che queste donne conservino tali oggetti mostra però un punto molto importante, ovvero che non sono state del tutto trascurate.
Queste donne sono state contenute ma solo di tanto in tanto ma soprattutto nel momento e luogo sbagliato e inoltre con un amore che veniva dato e tolto senza chiarine il motivo.
Ne deriva che queste donne siano perennemente confuse e vivano l’idea che siano bambine cattive da punire.
Altro dato interessante (studi alla mano) è che queste donne hanno sperimentato nei primi anni di vita, malattie fisiche. Coliche gravi, eczemi, veri e propri interventi chirurgici (prima dei 5 anni il 60% delle automutilatrici è stata sottoposta a ospedalizzazione).
Le prime lesioni sperimentali sono sporadiche e quasi invisibili. In breve tempo però le ragazze arrivano a ferirsi sempre più spesso e in maniera sempre più profonda e visibile tanto che in certi casi l’esposizione delle cicatrici può essere un vero atto di sfida.
La mutilazione però di per sé, è un gesto solitario, segreto.
Ci si mutila dopo una telefonata andata male, che resta senza risposta; il terapeuta non c’è, l’amico non è presente, l’amante non mi vuole. Queste separazioni risvegliano ogni genere di emozioni e sentimenti terrificanti; emozioni che non possono esprimersi e che per tale motivo devono tradursi in gesto: io mi taglio.
Una delle ragioni per cui chi si infligge mutilazioni non sa comunicare il proprio vissuto emotivo, risiede nel fatto che ha imparato a non disturbare i genitori con queste emozioni che potevano essere sgradevoli. Prima infatti della pubertà queste ragazze sono obbedienti, perfette, le prime della classe.
Dopo la prima mestruazione i conti con il proprio corpo sensuale e sessuale, un corpo che chiede e domande.. un corpo che espone alla risignificazione della sessualità, sono troppo difficili.
L’unico modo per trovare il risultato a questi conti così complessi è uno solo: io non parlo.
Io mi taglio.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
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