
La ragione del titolo dell’approfondimento odierno, non sarà sfuggita al lettore più fedele.
Nel corso degli anni in cui mi sono abbandonata alla condivisione di questo spazio, con il mio stimato collega, ho spesso portato all’attenzione di chi legge, le tematiche legate al corpo.
Uso e abuso del corpo sono, infatti, frequentemente presenti nelle psicopatologie contemporanee siano esse state esercitate dalla persona in prima persona, che da secondi, che infliggono dolore (fisico o psicologico, poco cambia).
Il caso (che notoriamente non esiste), mi porta ad esporre una ulteriore riflessione. Non tratterò -infatti- oggi una qualche psicopatologia specifica.
L’altro giorno sono stata contattata su WhatsApp da una mia paziente.
La ragazza ha circa 20 anni.
Lì per lì mi sono preoccupata, ovviamente, di contenere il suo disagio, di offrirle una luce di emergenza nel profondo della confusa oscurità.
Rientrata l’emergenza, la mia attenzione si è spostata su un punto: la foto.
Ho visionato la foto profilo della ragazza poiché attratta da qualcosa di stranamente disturbante (termine leggermente improprio ma legato alla percezione di qualcosa di strano).
La ragazza nella foto non è quella con cui parlo nel mio studio, su whatsapp o su skype.
Ma di cosa sto parlando?
Dell’uso atroce dei filtri.
Devo ammettere, lettore, che ho appreso del reale uso e funzione dei filtri, pochissimo tempo fa. Per intenderci…
Per me i filtri erano “seppia, bianco e nero, anticato…”
Di antico forse c’ero solo io che, lontano dalle logiche social, ho (grazie ai miei pazientini) preso visione di cosa siano realmente i filtri cancella connotati.
L’ennesimo inesistente caso, ha voluto che quel giorno, notassi che anche altre 3 pazienti che si presentavano subito sotto, nell’elenco rubrica, avessero foto dai connotati completamente diversi.
La cosa interessante è che queste 4 foto (di 4 ragazze diverse), presentano le stesse caratteristiche: viso leggermente di profilo, sguardo ipnotico semi chiuso con occhio allungato, espressione imbronciata -se non francamente arrabbiata- naso ipersottile all’insù assolutamente non presente in natura, labbra canotto ipergonfie con strane proporzioni; queste labbra mi perplimono molto poiché sono strabordanti e per nulla armoniche. Molte ragazza disegnano l’arco di cupido così tondo e gonfio da farlo esageratamente toccare con la base del naso che fa invidia a Michael Jackson.
Il lettore comprenda: non sto assolutamente deridendo queste ragazze.
Provo a riflettere.
Come dicevo non voglio entrare nella lettura scientifica della cosa.
Voglio portare la mia esperienza.
Conosco il viso di queste ragazze (la loro età va dai 17 ai 23 anni); conosco i segni della loro sofferenza psichica e conosco la bellezza della loro mimica facciale.
Una mimica che è loro, personale, completamente differente per ognuno dei casi specifici.
Conosco la rotondità di alcuni dei loro visi, l’ovale profondamente allungato di altri.
Conosco i loro zigomi scavati dalla carenza di alimentazione, l’acne da scompenso ormonale.
Riconosco nei visi di queste giovani piccole donne, la voglia di resistere senza insistere, alle intemperie della vita.
La capacità di mettersi in gioco, di lamentarsi ogni tanto, ma di darsi -sempre- una possibilità.
Conosco la dolcezza dei loro visi ancora infantili, i kg di make-up con cui cercano di camuffare quel che pensano gli altri non vogliano vedere.
Ed eccoci qui.
Siamo realmente sicuri che questi canoni estetici proposti con un’aggressività crescente, dai nostri social, siano la realtà di cui abbiamo bisogno?
Un corpo segnato, lacerato; un corpo sofferente (lo ripeto, senza entrare in questioni che siano prettamente psicopatologiche), è tuo.
Sminuzzare e smembrare il proprio sé per renderlo aderente ad una moda momentanea, ad un piacere labile di chi vuole consumarti come una bibita rubata al supermercato, è un processo da fermare nel suo stesso nascere.
Esiste pelle e sguardo compatibile, dell’altro, che può essere (ri)conosciuto solo quando avrai accettato che l’unica pelle e l’unico sguardo davvero compatibile, è quello che puoi avere verso te stesso.
Il corpo non è un rifiuto da differenziare, così come non lo è la tua psiche.
#PromozioneDelBenesserePsicologico
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio