Nel lavoro con le demenze, un filone piuttosto recente vede l’uso delle bambole; si tratta della doll therapy o terapia della bambola.
Durante le sessioni di terapia, vengono utilizzate delle vere e proprie bambole giocattolo che vanno consegnate alla persona affetta da demenza, con lo scopo di andare a stimolare tutta una serie di funzioni.
La teoria di riferimento della doll therapy è la teoria dell’attaccamento questo perché l’attaccamento si realizzerebbe in situazioni caratterizzate da forte stress, non familiari e con elevato senso di insicurezza: tutti elementi presenti nei pazienti con demenza.
La bambola potrebbe fungere da “oggetto transizionale”, quell’oggetto che rassicura e aiuta nel passaggio tra il me e non me portando sicurezza e tenendo contenute le angosce e le paure che possono presentarsi all’improvviso.
Le bambole da doll therapy possono, inoltre, riportare alla memoria emozioni e vissuti riguardo l’esperienza della genitorialità andando pertanto sia a riattivare sensazioni che ricordi legati alla dimensione della cura e del proprio vissuto (come genitore o nonno).
La doll therapy migliora la stimolazione sensoriale attraverso l’utilizzo del tatto e le capacità comunicative di chi la utilizza. Alcuni ricercatori hanno evidenziato anche un aumento dell’autostima degli utenti, sviluppatosi attraverso attività di cura nei confronti della bambola (come cantare delle ninne nanne) e un maggiore senso di sicurezza.
Il fatto inoltre che le persone si prendano cura della bambola vestendola, nutrendola e cullandola sembra riattivare anche la dimensione della cura personale promuovendo una maggiore autonomia e un aumento dell’autostima.
Oggi il termine Paranoia è spesso utilizzato in maniera
errata,(rispetto al suo reale significato), in particolar modo nel gergo giovanile
dove il termine sembra essere spesso utilizzato come rafforzativo di noia o in
maniera imprecisa, per evidenziare una personale situazione di ansia, forte
stress, paura e angoscia, dovuta a situazioni spiacevoli personali (andare in
paranoia, cadere in paranoia, stare in paranoia) e a condizioni passeggere di
alterazioni mentali legate all’assunzione di droghe o alcol (“questa roba mi fa
andare in para”).
Il termine Paranoia (in psicologia e psichiatria) in realtà
indica uno stile pervasivo del pensiero legato a un sistema di convinzioni,
spesso a tema persecutorio che però non corrispondono alla realtà. In realtà il
significato del termine ha subito numerose variazioni nel corso degli anni e
dell’evoluzione degli studi clinici in psicologia e psichiatria. Inizialmente,
infatti il termine “paranoia” (utilizzato già in greco, con il significato di
“follia”), venne ripreso dallo psichiatra Emil Kraepelin per indicare generalmente
disturbi psichiatrici caratterizzati da deliri e credenze illusorie, senza la
compromissione delle facoltà cognitive, e anche da Freud tra la fine dell’ottocento
e gli inizi del novecento, per indicare deliri e presenza di voci interiori in
alcuni casi di psicosi da lui trattati.
Immagine google – the telegraph
Oggi il termine in sé, viene essenzialmente usato per
indicare uno stile di pensiero caratterizzato da una serie di credenze a tema
persecutorio. Il pensiero paranoide e i deliri paranoidei, ad esempio,
caratterizzano alcuni disturbi e quadri clinici più complessi, come le psicosi
(schizofrenia), episodi psicotici correlati all’uso di sostanze o in alcuni
casi, le demenze.
Il pensiero paranoide è uno stile pervasivo di pensare e relazionarsi agli altri particolarmente rigido ed ego sintonico che caratterizza quello che nei principali manuali diagnostici Psichiatrici e Psicologici-Psicodinamici (Dsm IV – V, ICD 10, Gabbard e Pdm) come Disturbo di Personalità Paranoide.
L’ ICD 10 ne dà questa definizione :“Disturbo di personalità caratterizzato da eccessiva sensibilità ai
contrattempi, da incapacità a perdonare le offese, da sospettosità e tendenza a
distorcere l’esperienza interpretando azioni neutrali o amichevoli di altri
come ostili e offensive, da sospetti ricorrenti, ingiustificati, riguardo alla
fedeltà sessuale del coniuge o del partner sessuale, e da un senso tenace e
combattivo dei diritti personali. Vi può essere inclinazione a dare eccessiva
importanza alla propria persona e vi è spesso eccessivo autoriferimento” F
60.0 (ICD 10, 2011).
Immagine google.
Le persone con questo disturbo di personalità generalmente
sono alla costante ricerca di lati oscuri e tracce della verità che viene loro
celata e che va oltre l’apparente significato della situazione che hanno
vissuto. Sono praticamente incapaci a rilassarsi perché sono quasi sempre
iperattivati a causa della loro indole al controllo e alla sospettosità
dilagante. Questo loro atteggiamento, generalmente li porta ad una distorsione
del “significato” della realtà ( ma non della sua percezione). Dal punto di
vista psicodinamico si può dire che la persona resta nella posizione
schizoparanoide, scinde e proietta nel mondo esterno la “propria cattiveria”;
in questo modo la persona vivrà in un mondo di relazioni in cui il proprio
ruolo sarà quello della vittima alle prese, costantemente, con aggressori o
persecutori esterni (i due meccanismi di difesa principali sono quelli della
proiezione e della identificazione proiettiva)
Questo può seriamente compromettere la maggior parte delle
relazioni, che saranno discontinue, perché la persona si approccerà a tutte le
relazioni con il sospetto e l’idea che “prima o poi finirà o succederà qualcosa
che mi deluderà”. Può capitare in tal senso che la persona si trovi a vivere
una costante angoscia legata alla convinzione che il mondo sia popolato da
potenziali nemici bugiardi, ipocriti, inaffidabili. Questo li spinge ad essere
molto controllanti, ma con una stima deficitaria di se stessi, che però possono
compensare con sentimenti di grandiosità.
Inoltre sono
terribilmente preoccupati che persone rappresentanti l’autorità li umilino o si
aspettino di vederli sottomessi. Una paura ricorrente è quella di dover essere soggetti
al controllo esterno. Ad esempio, in contesti lavorativi, possono temere che
chiunque cerchi di avvicinarli (per qualunque motivo) stia segretamente
tramando di sopraffarli.
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Per le persone con un Disturbo Paranoide di Personalità è davvero molto utile la Psicoterapia, infatti, nonostante sia complicato l’instaurarsi di un buona alleanza terapeutica con il terapeuta, dopo il paziente può cominciare a trarne grossi benefici. La Psicoterapia può infatti aiutare la persona a distinguere e discernere, tra aspetti legati alle emozioni e quelli legati alla realtà. Inoltre, il fatto di contenere i sentimenti piuttosto che agirli, in terapia, può offrire al paziente la possibilità di una relazione d’oggetto nuova che con il tempo può essere interiorizzata. Inoltre, una nuova visione e prospettiva può garantire un cambiamento del modello relazionale e comunicativo della persona. Il paziente, infatti, giunge a un “dubbio creativo” sulle proprie percezioni del mondo. Ciò porta ad un lento e graduale cambiamento in positivo, per il paziente, per la famiglia e le relazioni. ��