
Negli organismi biologici accade un fatto assai interessante.
Indipendentemente dalla velocità dello sviluppo, il luogo o il modo in cui ha inizio la loro esistenza non determina in modo assoluto e rigido le caratteristiche che l’organismo stesso avrà, una volta raggiunta la maturazione.
Quanto detto ci porta a comprendere una importante questione.
La bambina continua a crescere e trasformarsi in un modo sorprendente e -spesso- molto diverso dall’ambiente in cui è calata, ambiente -attenzione- che a sua volta, si modifica.
La stasi, lo sappiamo, non esiste.
Questo punto spiega, ad esempio, per quale motivo bambini cresciuti in situazioni domestiche e/o ambientali deficitarie, siano capaci di superare i loro traumi tanto da condurre, da adulti, una vita libera e indipendente; ciò spiega, di converso, perchè bambini che hanno avuto una infanzia idilliaca, spensierata e “ricca”, da adolescenti o adulti, restano vittime di disordini mentali più o meno gravi.
L’anoressica è -molto probabilmente- la perfetta “brava bambina”. Non tutte le brave bambine però, mostrano successivamente la patologia anoressica.
Con il passare degli anni, i mutamenti che accadono nel sistema familiare (un esempio può essere la nascita di un altro bambino, la morte della madre della madre, una separazione), e lo sbocciare nella pubescenza di qualità emotive, artistiche e intellettuali che erano fino a quel momento inesistenti, possono avere l’effetto di potenziare, alleviare o esacerbare le possibili derive psicopatologiche.
L’adolescenza è uno degli snodi cruciali, nella storia del soggetto, che spingono a girare il capo all’indietro in direzione dell’infanzia ormai lasciata -forse- alle spalle.
Negli anni dell’adolescenza, la ragazza che un tempo era immatura sessualmente, diviene oggi sessualmente desiderante. Questa ragazza si trova sotto le spinte di un corpo che ogni giorni si modifica sempre più, andando con forza e prepotenza verso i nuovi enigmi che il suo corpo sessuale le pone: un corpo come quello di sua madre.
Sforzandosi quindi di scendere a patti con la propria sessualità, ogni giovane donna rivaluta la vita sessuale dei genitori e trae così le sue conslusioni.
E’ proprio in questa sua rivalutazione (compiuta durante l’adolescenza), che la patologia del rapporto infantile dell’anoressica con i genitori diventa manifesta.
La bambina piccola che ha come unica fonte di autostima il credere di essere una estensione della madre, troverà difficile tollerare il fatto che la madre sia un essere sessuato che prova -soprattutto- desiderio verso il padre.
Questa bambina, finchè ha potuto negare i cambiamenti fisici che avvenivano nel e sulla superficie del corpo, ha potuto negare che i maschi possiedano genitali capaci di eccitare il desiderio femminile e che le femmine possiedano, a loro volta, genitali capaci di eccitare il desiderio maschile.
Con il suo corpo asessuato, senza forma peso e misura, l’anoressica si prende gioco della sessualità adulta.
Nodo e snodo centrale tra l’infanzia e la vita adulta, l’adolescenza diviene campo su cui passato e futuro giocano la loro battaglia.
Nel caso dell’anoressica, la necessità di integrare il funzionamento genitale all’interno della propria identità di genere induce una regressione tale da tenerla immobilizzata nel tempo passato che invece di attestarsi come tempo stato, superato e integrato, diviene tempo che lega immobilizza e blocca inscenando un eterno passato/presente.
Se i cambiamenti biologici della pubescenza non avessero avuto luogo, molto probabilmente la malattia latente non avrebbe avuto luogo.
L’anoressia femminile è virtualmente inesistente prima degli 11 anni e nonostante vi sia la possibilità che la psicopatologia esploda anche in età adulta, difficilmente l’esordio anoressico avviene in donne con più di 25 anni.
Fin dall’infanzia la ragazza è stata relativamente precoce nello sviluppo (sia fisico con il menarca che psichico). Rispetto alla media, la pubescenza e il menarca sono di solito anticipati di uno o due anni ma in ogni caso, la strategia anoressica comincia ad emergere quando i dilemmi posti dalla sessualità si fanno forti e pressanti.
Una delle prime cose che avviene nel corpo dell’anoressica, quando ha perso circa il 30% del suo peso corporeo è che il ciclo mestruale sparisca. Successivamente fianchi, cosce e addome diventano privi di grasso e le ossa della regione pelvica spuntano forti e vistose. A causa degli squilibri ormonali, a causa del digiuno, braccia, gambe viso e torace saranno pieni di peluria.
L’aspetto irsuto e mascolino: fallico, non inquieta l’anoressica che coltiva, dentro di sé, segretamente, tutte le caratteristiche falliche e mascoline che aveva invece perduto durante il suo sviluppo.
Una donna ricordava l’esatto momento in cui aveva raggiunto la perfezione. L’alimentazione forzata con un bel sondino e la clorpromazina non erano riuscite a guarirla ma anzi, l’avevano incoraggiata.
Stava per morire.
Non le importava nulla di ciò che familiari e medici le dicevano; aveva bisogno soltanto del suo specchio, quello specchio che le rimandava l’immagine della perfezione per cui aveva così duramente lottato; per cui si era affamata.
“Era riuscita a diventare parte del terzo sesso, ossia donna e uomo allo stesso tempo. Soleva mettersi davanti allo specchio, dove vedeva, non già la creatura scheletrica che era a quell’epoca, ma una giovane bellissima e, con gli occhi della mente, provava l’impressione di guardare se stessa, cioè il corpo fuori dallo specchio, come quello di un giovanotto in procinto di sedurre quel fiore di ragazza. In un certo senso aveva raggiunto l’indipendenza assoluta, per cui non aveva bisogno di alcun rapporto estraneo e poteva dar vita a un rapporto amoroso con se stessa. “H. Bunch, 1977., pp. 132-133.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.