Il viaggio di oggi è un piccolo scalo tra i dilemmi morali. Tutti parlano di morale e di scelte giuste (ciascuno difende -sempre- la propria verità) ma esiste la scelta giusta e/o quella sbagliata?
Terror è stato un spettacolo teatrale largamente replicato; questo spettacolo pone lo spettatore davanti a una scelta ben specifica: colpevole o innocente?
Nell’ambito della filosofia morale “il problema del carrello“, di Edmonds, è ormai un classicone a cui tutti gli studenti, sono stati sottoposti!
Nella sua prima e basilare formulazione, il problema è stato posto dalla filosofa inglese Philippa Foot; la filosofa elaborò la prima formulazione del problema in occasione della proposta di conferimento di una laurea honoris causa da parte dell’Università di Oxford al presidente Harry S. Truman nel 1956, per conferire la quale era necessaria l’approvazione degli accademici di Oxford. La Anscombe dichiarò pubblicamente che avrebbe votato contro, perché Truman, autorizzando l’uso della bomba atomica contro il Giappone, aveva sì, fatto cessare la guerra ma a prezzo della vita di centinaia di migliaia di innocenti.
Secondo la Anscombe questo era infatti pur sempre un omicidio, pertanto il Presidente era un assassino. La Foot sostenne la collega in questa circostanza.
Truman aveva infatti evidenziato (indirettamente) un importante punto: era infatti il presidente consapevole del fatto che, lanciando la bomba, avrebbe ucciso degli innocenti (intenzione) o aveva soltanto previsto (senza intenzione) che alcuni innocenti sarebbero morti?
A questo punto possiamo affrontare il problema del carrello, detto anche del Ramo Deviato.
Abbiamo innanzi una scena: stiamo osservando un carrello ferroviario che sta viaggiando senza controllo su un binario sul quale cinque persone sono legate; ne deriva che queste persone saranno sicuramente uccise. Ci rendiamo conto, tuttavia, che azionando una leva, possiamo deviare il carrello su un altro binario su cui però è legata un’altra persona (una sola).
Fonte Immagine Google.
Cosa facciamo?
Edmonds ci informa che la maggioranza delle persone cui è stato posto questo interrogativo, in tutto il mondo, a prescindere dalla cultura di provenienza e dalla condizione personale, ha risposto istintivamente che avrebbe deviato il carrello (ugualmente accadde nella mia aula universitaria).
In seguito un’altra filosofa, Judith Jarvin Thomson, ha proposto di immaginare una situazione leggermente diversa: siamo su un ponte e il binario con il carrello impazzito è sotto di noi. Come in precedenza ci sono 5 persone legate ma accanto a noi c’è un uomo molto grasso che se spinto giù, fermerà sicuramente il carrello. Come nel primo esempio anche qui, morirà un solo uomo per salvarne 5.
Fonte Immagine Google.
Che facciamo? Buttiamo giù l’uomo grasso oppure no?
A differenza del primo caso, ora la maggioranza degli interrogati (riferisce Edmonds), dice di no. Perché? (Qui devo dire che nella mia aula – al tempo- molti decisero di sacrificare l’uomo grasso -per chi scrive, no- e la mia interpretazione, in merito, fece ridere tutti soprattutto il Professore -fino alle lacrime- il quale tuttavia disse che la mia interpretazione era molto centrata e innovativa).
Dal punto di vista di una razionalità utilitaristica non cambia niente nelle due situazioni: il male minore è che uno muoia per salvare gli altri. Eppure se istintivamente in questo caso la maggioranza dice che non spingerebbe l’uomo giù dal ponte, nonostante sembri sempre vantaggioso rispetto al numero delle vittime, deve esserci qualche differenza.
C’è pertanto qualcosa che fa sembrare immorale l’azione di buttare giù un solo uomo?
In un terzo esempio, è stata introdotta un’altra piccola variante: non si deve spingere l’uomo, ma si può azionare una leva che apre una botola in cui l’uomo cade e i cinque si salvano. Tuttavia anche in questo caso, la risposta non cambia e le persone continuano a sostenere di non voler spingere l’uomo giù ritenendo più accettabile toccare una leva.
Come per qualsiasi altro tipo di dilemma etico o dilemma morale, è sempre interessante non tanto la risposta data, quanto il tipo di ragionamento sotteso (un po’ la questione del non mi interessa che tu mi dica sì o no, ma come arrivi al sì o no..).
La filosofia morale è un ambito interessantissimo proprio perché consente (per chi ne ha piacere e passione) di porre attenzione al come piuttosto che al cosa (e credetemi.. abbiamo riso come dei matti, durante il corso, perché ascoltare i nostri ragionamenti nei caldissimi pomeriggi primaverili era qualcosa di entusiasmante e altamente formativo).
Per i più curiosi.. (perché lo so che, giustamente, lo siete)..
Gettare giù una persona, toccandola (e non come nel caso della leva in cui tocchi solo un oggetto stando lontano dalla vittima), è considerato dalle persone, omicidio. Molti infatti considerano toccare e gettare giù una persona, una responsabilità troppo alta da prendere; appare inoltre come un atto di volontà di uccidere qualcuno. Nel 2001 un filosofo di Harvard Joshua Greene, ha constatato (tramite scansione cerebrale), che nelle due situazioni si attivano aree cerebrali distinte, e ha chiamato le due situazioni “decisione morale impersonale e decisione morale personale”.
Nel 2016/17 in Germania, “Terror“, è stato il testo teatrale maggiormente messo in scena (anche più del Faust di Goethe o di qualsivoglia testo di Shakespeare). Il testo si presenta come la messa in scena di un dilemma morale cui il pubblico (che diviene parte attiva dell’opera) è chiamato a porre rimedio.
La situazione è la seguente: un aereo con 164 persone a bordo, è stato dirottato dai terroristi. Il maggiore Lars Koch ha il compito di portare l’aereo fuori dallo spazio aereo. D’improvviso però il velivolo cambia rotta puntando sullo stadio di Monaco di Baviera dove circa 70 mila persone stanno assistendo alla partita Germania – Inghilterra.
Koch deve ora prendere una decisione.
Al maggiore viene richiesto di prendere una decisione veloce che consiste nell’abbattere l’aereo con le 164 persone a bordo, utilizzando un missile; la conseguenza di questa decisione è un processo con l’accusa di omicidio (essendo l’atto in sé giudicato un atto bellico).
Ora: il maggiore ha obbedito ai superiori oppure resta il solo responsabile di una persona scelta?
E’ innocente o colpevole?
Da questo momento in poi sarà il pubblico in sala a decidere, ponendosi come una giuria di un processo, per le sorti del maggiore.
In sei paesi su un totale di 295.858 giurati, per il 60,8% Koch è innocente; in Giappone però le cose cambiano poiché in tutte e 4 le rappresentazioni, il maggiore è stato giudicato colpevole.
In Germania – inoltre- è stata proposta una versione di Terror per la televisione e i telespettatori sono stati invitati ad esprimere online la loro opinione; in questo caso l’86,9% ha assolto il maggiore.
Le implicazioni dal punto di vista morale ed etico sono molteplici così come il dato interessante concerne le differenze culturali laddove si trovano a decidere, per la stessa situazione, culture di tipo collettivistico e individualistico.
Il dilemma proposto mi sembra inoltre molto interessante alla luce di ciò che l’attualità ci pone innanzi, relativamente alla questione Palestinese..
Credo che le opinioni (e alle opinioni) vada dato tempo, spazio e modo; il tempo per informarsi, lo spazio per formarsi e il modo per essere espresse.