Attraverso un piccolo estratto di un colloquio clinico scopriamo insieme la storia di Sergio; storia fatta di dubbi, perplessità e bisogno di scoprire l’emotività.
Buon ascolto.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
Attraverso un piccolo estratto di un colloquio clinico scopriamo insieme la storia di Sergio; storia fatta di dubbi, perplessità e bisogno di scoprire l’emotività.
Buon ascolto.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
Lorenzo si presenta in studio un pomeriggio caldo e pieno di sole. Aveva contattato lo studio per chiedere un incontro di consultazione senza però essere troppo specifico “Buongiorno sono Lorenzo e vorrei sapere come procedere per fissare un incontro con la psicologa”.
Il giorno dell’incontro il ragazzo si presenta in perfetto orario. Entra in studio un bel ragazzo di 30 anni molto diverso dai giovani che comunemente si vedono; è abbastanza alto e in forma. Il giovane è vestito con un pantalone verde scuro, cargo, che gli arriva al ginocchio; una maglietta color sabbia a mezze maniche e delle scarpette vans nere. Il ragazzo rimanda una immagine leggera e spensierata; colpiscono le sue mani dalle lunghe dita e i polsi piccoli e delicati. Queste mani così curate e morbide che poco hanno in comune con le mani dure e rozze che spesso vediamo, sembrano essere pronte per accarezzare e contenere. Il ragazzo porta poi un paio di occhiali neri che si adagiano su un viso regolare incorniciato da una curatissima barba.
Lorenzo racconta di essere un professore di lettere sempre immerso nello studio. La prima cosa che ci racconta è proprio del suo lavoro.. in sostanza Lorenzo si racconta tramite il lavoro fornendo solo informazioni superficiali. A domande più specifiche dice di essere il primo di due figli (ha una sorella genio, come la definisce lui) e dei genitori che non fanno altro che litigare buttandogli da sempre, addosso, la colpa per la loro relazione sbagliata.
Lorenzo dice di aver sempre sofferto di un complesso di inferiorità verso il mondo intero; ama i suoi studi ma non li ha mai goduti in pieno perchè anche un 9 portato a casa era “un non 10”, un 30 “non è un 30 e lode”.. pertanto il padre era sempre pronto a trovare un difetto in questo ragazzo.
Tutto peggiora quando Lorenzo in adolescenza si convince (parole sue) di essere omosessuale e la paura di questa omosessualità lo spinge a mettere in atto tutta una serie di condotte come: lavarsi ripetutamente le mani, contare continuamente, studiare fino a svenire sui libri, consumare pornografia con lo scopo di capire il suo orientamento sessuale. Lorenzo comincia ad avere attacchi di panico, fobie e talvolta attacchi di paranoia.
Nonostante ciò il ragazzo si laurea e lavora (sembra essere stato in grado di gestire il suo malessere). Negli anni sembra essere rientrato il suo terrore della presunta omosessualità e tra alti e bassi porta avanti una vita piuttosto monotona.
Dai dati a disposizione si potrebbe ipotizzare una diagnosi di disturbo ossessivo compulsivo ; dall’altro lato però emergerà, durante i colloqui con Lorenzo, una sua paura verso i rapporti, paura così forte da temere di sentirsi schiacciato, invaso o inglobato dall’altro vivendo un dilemma cronico essendo egli combattuto tra il bisogno emotivo di relazione e l’incapacità di invischiarsi in qualsiasi rapporto, sentendosi come sempre esposto al rischio di perdere alternativamente l’oggetto e sé stesso (cosa che potrebbe indicare anche un possibile disturbo schizoide o schizotipico).
Alla somministrazione del TAT Test (strumento che consente al clinico un’analisi globale dell’intera persona attraverso l’analisi delle emozioni, degli atteggiamenti e dei processi cognitivi del soggetto), emerge una proiezione da parte del ragazzo di tutti i conflitti vissuti verso l’ambiente famigliare; ambiente sentito come vuoto, freddo e privo di vita. Nel test emergeranno desideri, bisogni e speranze del giovane professore.. così come sarà, nel corso dei numerosi colloqui tenuti, più chiaro al ragazzo stesso che il suo orientamento sessuale non era verso l’omosessualità (da lui temuta) ma che era – molto probabilmente- solo l’espressione di una paura nei confronti dell’autorità paterna inscenata nel reale, sotto forma di una possibile identificazione con la sorella tanto amata, invece, dai genitori.
Lorenzo nel corso dei colloqui sembra prendere sempre più coscienza dei suoi limiti ma soprattutto delle sue possibilità. Lentamente comincerà a uscire, comincerà a frequentare un corso di Judo e conoscerà una ragazza.
Il giovane in realtà aveva avuto delle relazioni con le donne, ma erano sempre state relazioni a metà (affettivamente). Si trattava di ragazze superficiali, magari bellissime ma con poca sostanza.. a lui invece piacevano le intellettuali con cui parlare per ore.
Il ragazzo, uomo adesso in costruzione, appare ogni giorno sempre più sicuro di sé.
Sa che può piangere, sa che può ridere, sa che non c’è nulla di male nell’abbandonarsi al godimento, al desiderio e al bisogno.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.