
“Chi evita l’errore elude la vita”.
Carl Gustav Jung
La vita non sempre è gentile o forse.. siamo noi a non essere sempre gentili con la vita stessa.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
“Chi evita l’errore elude la vita”.
Carl Gustav Jung
La vita non sempre è gentile o forse.. siamo noi a non essere sempre gentili con la vita stessa.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
Alla scoperta di due approcci alla vita che muovono lungo un continuum che li vede agli antipodi. L’uno “ottimismo irrealistico” che fa sentire come Polyanna immersi in un mondo roseo, l’altro il “pessimismo difensivo” che prova a salvarci dalle possibili insidie dell’ottimismo irrealistico.
“Le visioni del futuro sono così rosee che farebbero arrossire Polyanna”
Shelley E. Taylor, Positive Illusions, 1989.
L’ottimismo predispone l’essere umano a un approccio positivo alla vita. E’ ottimista colui che tende a considerare solo i lati migliori della realtà in cui è calato; colui che sa valutare e/o attendersi solo sviluppi favorevoli circa il corso degli eventi che gli si pongono innanzi.
Tuttavia molti di noi possiedono ciò che il ricercatore Neil Weinstein definisce un “ottimismo irrealistico nei confronti degli eventi futuri della vita”. E’ interessante a tal proposito, citare i dati di una survey condotta tra il 2006 e il 2008 in cui molte persone dichiararono di aspettarsi un miglioramento della propria vita (di qualsiasi aspetto) nei prossimi 5 anni, maggiore di quanto fosse successo nei 5 anni appena trascorsi (Daron, 2010). Il miglioramento che i soggetti intervistati sembravano aspettarsi, è particolarmente interessante visto che la survey è stata condotta nel pieno del periodo della recessione economica che ha colpito il mondo.
Come provare a leggere o interpretare questi dati?
Linda Perloff (1987) sostenne che l’ottimismo illusorio potesse aumentare la nostra vulnerabilità in quanto potenzialmente deleterio: ma in che modo? l’ottimista a tutti i costi, tende infatti a sottostimare la possibile negatività di un evento o la possibilità che qualcosa possa andare storto con l’inevitabile risultato che non vengano prese delle precauzioni di fronte a quello che potrebbe essere invece un potenziale pericolo.
In un sondaggio condotto tra la Scozia e gli Stati Uniti, i ventenni hanno valutato di avere molte meno probabilità dei loro compagni di essere infettati dal virus dell’AIDS (Abrams,1991; Pryor e Reeder, 1993). Allo stesso modo i giocatori d’azzardo ottimisti, tendono a persistere ostinatamente (più dei pessimisti) nel loro gioco anche dopo che hanno accumulato perdite su perdite (Gibson e Sanbonmatsu,2004).
Gli studiosi sono ancora impegnati nello studio dell’ottimismo in quanto consapevoli del fatto che essere ottimisti comporti miglioramenti nella gestione della vita (promozione del senso di autoefficacia; promozione della salute fisica; promozione nel benessere dell’individuo). Tuttavia è molto più probabile che la “virtù stia nel mezzo”.
Julie Norem (2000) definisce il pessimismo difensivo come “un valore adattivo legato all’anticipazione di problemi e al controllo dell’ansia da parte della persona motivata a compiere azioni efficaci”, in sostanza il pessimismo difensivo piò salvarci dalle insidie dell’ottimismo irrealistico.
Da studi condotti (Robins e Beer, 2001), è emerso che gli studenti che iniziano il proprio percorso universitario considerando “troppo” la propria preparazione/capacità accademica, tendono poi ad avere (durante il percorso di studi), gravi danni alla propria autostima poichè incapaci di fronteggiare lo stress dovuto a qualche piccolo – spesso inevitabile- fallimento. Ciò che invece sembrerebbe fare il pessimismo difensivo, è anticipare i possibili problemi/ostacoli, puntando a fare leva su una risoluzione efficace.
Se prima di un esame, colloquio di lavoro o qualsiasi evento di vita (anche una convivenza), mi prendo del tempo per meditare e vagliare le possibili conseguenze della mia azione/strategia, applicando anche quel pizzico di pessimismo difensivo “questa cosa potrebbe andare male se..”, molto probabilmente aumenterò la possibilità che di converso quella data cosa finisca bene, in quanto sarò più pronto ad attuare delle strategie maggiormente adattive anche in caso di errore o fallimento.
In un tempo sempre più veloce dove l’essere umano sembra perdere ogni giorno sempre più il legame con il proprio desiderio, abbandonarsi alla riflessione sembra oggi più che mai, uno dei modi per recuperare e riuscire laddove fino a poco prima si falliva.
“Finisce bene ciò che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
Spesso ci troviamo di fronte a scelte o interrogativi a cui non siamo sicuri di aver dato una risposta esaustiva o giusta. “Avrò scelto la facoltà universitaria che fa per me?”, “perchè il mio migliore amico non mi chiama stasera, lo avrò forse offeso?”..e così cominciano i dubbi.. e le perplessità.
La psicologia sociale ha deciso di indagare il fenomeno, evidenziando come le persone riescano a rispondere talvolta alle loro domande, talaltra no. Da cosa- pertanto- dipende la possibilità di darsi (o meno) una risposta esaustiva? Richard Nisbett e Stanley Schachter (1960), dimostrarono l’interpretazione erronea che le persone attribuiscono ai propri pensieri, compiendo un esperimento sugli studenti della Columbia University. L’esperimento consisteva nel somministrare delle scosse di corrente elettrica ad intensità crescente.Prima dell’esperimento, gli studenti erano stati informati che assumendo una certa pillola, avrebbero avvertito palpitazioni, irregolarità respiratorie e farfalle nello stomaco: classiche reazioni ad uno shock.I ricercatori ipotizzarono che gli studenti avrebbero attribuito i sintomi dello shock alla pillola, e avrebbero perciò tollerato somministrazioni di corrente quattro volte maggiori rispetto agli altri soggetti.
Al termine dell’esperimento, fu chiesto loro perché fossero riusciti a tollerare dosi così elevate di intensità elettrica, ma nessuno fece riferimento all’assunzione della pillolla.
Quando fu detto loro che gli effetti erano previsti dall’assunzione della pillola, i soggetti riconobbero che altri avrebbero potuto esserne influenzati, ma non loro (negavano pertanto la possibilità di essere stati influenzati dall’assunzione).
Un altro ricercatore, Wegner , propose invece un esperimento in cui due soggetti controllano insieme il mouse di un computer. I soggetti ascoltavano tramite degli auricolari una serie di parole che corrispondevano agli oggetti che dovevano toccare con il cursore, e contemporaneamente il mouse si muoveva. Ciò che venne evidenziato fu che anche quando era presente un complice degli sperimentatori (uno dei due soggetti era egli stesso uno sperimentatore e l’altro no), l’altro partecipante (quello vero che non era d’accordo con gli sperimentatori), percepiva di essere stato lui stesso a muovere il mouse. Il cervello genera pertanto un’intuizione di efficacia personale.
Questi esperimenti mettono in luce come spesso, anche quando siamo fermamente convinti delle nostre posizioni, idee o supposizioni, possiamo in un certo senso, incorrere nell’errore. E’ sempre bene credere nelle proprie idee o aspettative, e di certo è impensabile (e deleterio) pensare di volere eliminare la componente d’errore dalla vita dell’essere umano. Ciò che invece possiamo imparare da questi esperimenti è la potente portata della possibilità del dubbio. Dubbio che se saggiamente diretto, può rivelarsi fonte di profonda conoscenza e crescita personale.
Dott.ssa Giusy Di Maio.