
Va a capire perché quando si parla di maternità ma -soprattutto- di madre… le argomentazioni diventano agguerrite.
C’è da un lato, chi sposa la causa della (supposta) superiorità materna e dall’altro lato chi -invece- accusa la madre di ogni piccolo male occorso(gli) nella vita.
La verità (anche qui supposta, si intenda) così supposta da farmi dire che allora possiamo parlare di ipotesi (che me lo hanno insegnato i maestri: lavoriamo sempre con le ipotesi), diviene allora che forse, a parlare di e con la madre, non siamo ancora pronti.
La maternità si gioca su fili così sottili da renderli invisibili a occhio nudo e con gli occhiali.
La donna che genera un bambino, rendendo visibile a tutti il suo fallo mancante che ora è lì, reale – il pancione- attesta nel registro del reale la straordinaria forza e potenza: posso generare una vita.
Una vita mi attraversa, si fa spazio dentro di me; la sento crescere e svilupparsi sempre di più; si prende spazio dentro e fuori di me (con le domande continue e pressanti sulla gravidanza; con gli occhi indiscreti che guardano ogni centimetro della pelle della donna che cede alla crescita del bambino).
Smagliature, cellulite, aumento di peso arrivano in risalto, ma la donna ha un potere, il potere: generare la vita.
Ma è davvero questo (supposto) potere a rendere madri?
La maternità è cosa seria e affascinante; ben più profonda del vestitino “rosa e blu” del bambino o del profumo di borotalco di cui sa il nuovo nato.
Mamme per fortuna non si nasce, forse si diventa ma..
Quanto siamo realmente disposti ad accettare che le madri, come da Winnicottiana memoria, possono solo essere sufficientemente buone, niente di più e niente di meno, e quanto siamo davvero disposti a dire, alle nostre madri che le vogliamo bene, nonostante tutto?
Vedo, con il mio straordinario lavoro, i risvolti della maternità.
Ci sono mamme che credono profondamente nel “loro potere” e compiono piccoli errori (passatemi il termine), per il troppo amore; parimenti mamme in assenza di amore (perché sì, le mamme possono non amare i loro bambini), compiono gli stessi errori.
La questione si sposta allora su una vecchia questione “natura VS cultura”.
Qualche tempo fa una donna, durante una consultazione, insisteva che non aveva fatto niente di straordinario “avete figli, Dottoressa?” “No”..
“Quando li avrete scoprirete che non ho fatto niente di straordinario”.
Allora ho chiesto alla donna di darmi la mano e guardandola negli occhi ho detto “non vogliamo dire che ha fatto qualcosa di straordinario allora diciamo che ha fatto qualcosa di non ordinario”.
(E credetemi che questa donna ha invece fatto qualcosa di incredibile!)
Finché continueremo a pensare che la maternità sia qualcosa di naturale, fino a che la nostra cultura bloccherà la visione reale delle cose, continueremo a compiere gli stessi errori, come società intera.
Sogno da professionista e donna un mondo in cui la mamma può dire, senza essere giudicata, che non ce la fa e che ha bisogno di aiuto.
Sogno un mondo in cui mamma non è necessariamente una donna che genera un bambino (perché non sta scritto da nessuna parte che una donna, debba necessariamente passare attraverso una gravidanza per dirsi madre); facciamo tanto gli alternativi e i socialmente fluidi ma siamo molto, molto indietro.
Sogno allora un mondo in cui non ci vergogneremo di dire alle mamme che le vogliamo bene e per l’occasione:
Ma’ ti voglio bene.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio