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L’Io e L’Es: Freud.

(Topico: richiama alla teoria dei luoghi di cui parlò Aristotele e suppone una differenziazione dell’apparato psichico in un certo numero di sistemi dotati di funzioni diverse, e disposti in un certo ordine. Ciò consente metaforicamente di considerarli come luoghi psichici di cui si può così dare una rappresentazione spaziale).

Nell’Io e L’es (1923), Freud non differenzia più tra Super Io e l’ideale dell’Io, infatti attribuisce al Super Io le funzioni dell’ideale dell’Io*

La meta narcisistica di essere amato e approvato dal proprio sé si fonde con il desiderio di essere amato e approvato dal genitore ideale interno, il Super Io.

L’Io accetta di sottomettersi alle richieste del Super-Io sia per paura di essere punito che per il bisogno di essere amato. Nella composizione finale del super Io entra anche la madre.

Super-Io e dualismo delle pulsioni portano alla teoria strutturale dell’apparato psichico costituito da 3 strutture

ES: Polo pulsionale, agisce in base al principio di piacere-dispiacere; vuole evitare il dolore e cercare il piacere. Non tiene conto della realtà e reagisce alla frustrazione con un appagamento allucinatorio di desiderio. Dall’Es attraverso il contatto con la realtà, evolve l’Io.

IO: media tra l’Es e la realtà sviluppando il principio di realtà. E’ all’origine una corteccia esterna dell’Es, è l’apparato percettivo e controlla anche le funzioni motorie. Quando si costituisce il Super-Io, l’Io deve fronteggiare non solo la realtà esterna ma anche quella interna.

Super Io: si forma alla risoluzione del complesso di Edipo attraverso l’introiezione delle figure genitoriali. E’ il censore morale.

*Nell’opera e nel pensiero freudiano assistiamo ad un passaggio dalla prima Topica (sistema Inconscio, sistema preconscio e sistema percezione-coscienza [la coscienza è la funzione del sistema percezione coscienza] e la seconda topica dove andremo a trovare le tre strutture Es- Io- Super Io).

***Nota sull’Ideale dell’Io: L’Io può usare energia per perseguire le proprie mete che possono essere congruenti o opposte rispetto alle mete determinate dalla libido oggettuale (es complesso di castrazione può essere visto come un conflitto tra narcisismo e amore oggettuale). L’idea di un Io come istanza strutturale e rifornito di libido narcisistica porta al concetto di Ideale dell’Io. l’Ideale dell’Io nasce ed è formato dalla riserva di libido dell’Io, risulta quindi essere parte differenziata dell’Io stesso, che nasce come risultato della rimozione rispetto a qualcosa che viene ritenuto inammissibile. Lo sviluppo dell’Io consiste quindi nel prendere le distanze dal narcisismo primario; questo allontanamento si effettua per mezzo dello spostamento della libido su un ideale dell’Io ma torna ad arricchirsi se trova soddisfacimento nell”oggetto. Ha imposto difficili condizioni al soddisfacimento libidico in relazione all’oggetto, poiché mediante il suo censore, l’ideale fa in modo che parte del soddisfacimento sia respinto come inammissibile.

Se non c’è il lavoro della rimozione e se l’ideale dell’Io non si sviluppa, dobbiamo aspettarci una struttura perversa.

L’ideale dell’Io è quindi il fattore che è determinato e condiziona la rimozione.

Il conflitto tra ideale dell’Io e Io reale, determina quali saranno gli impulsi cui verrà dato modo di esprimersi e quali no. L’ideale dell’Io esige la sublimazione ma non può imporla e in questo senso assomiglia al Super Io che prenderà su di sé le critiche dei genitori.

Nel 1914 l’Ideale dell”Io non è ancora differenziato dal Super Io e riassume sia gli ideali del narcisismo infantile, che le istanze censorie. All’ideale dell’Io si attribuisce il bagaglio di eredità del narcisismo infantile; al Super Io l’eredità edipica di identificazione col genitore dello stesso sesso e l’interiorizzazione delle norme morali.

Nell’ideale dell’Io convergono quindi sia il narcisismo, che le identificazioni con ii genitori ed è importante per la comprensione della psicologia delle masse.

(Buoni esami, studenti!)

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio

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Psy Story: Freud e il narcisismo.

Nel 1914 con Introduzione al Narcisismo, Freud descrive il narcisismo andando ad ampliare la teoria pulsionale, virando l’accento dalla libido e i suoi oggetti, all’Io.

Il termine fu inizialmente usato da Nacke (1899), indicando con narcisismus “il comportamento di una persona che tratta il proprio corpo allo stesso modo in cui è solitamente trattato il corpo di un oggetto sessuale, compiacendosi di contemplarlo, accarezzarlo e blindarlo, fino a raggiungere … il pieno soddisfacimento” (Freud, 1914, p. 57).

Si trattava cioè di un comportamento (una perversione autoerotica maschile), consistente in una forte valutazione fisica e morale del proprio sé, simile a quanto accade nell’innamoramento per un oggetto.

Freud utilizzò infatti il termine “narcisismo” per la prima volta nel 1909 in una nota ai Tre Saggi sulla teoria sessuale (1905), per spiegare la scelta d’oggetto omosessuale.

Inizialmente quindi il narcisismo si presentava come una sorta di deposito di amore per sé, sulla scia di quanto la madre aveva precedentemente fatto con il bambino; è quella riserva di libido che potrà essere usata in seguito anche per gli oggetti e che sta alla base di ciò che sarà l’ideale dell’Io.

Freud evidenziò inoltre come l’ideale dell’Io si basi su quelle caratteristiche materne idealizzate, come ad esempio, l’alimentazione o il benessere che ella dispensa, e che si vorrebbero possedere; quando successivamente il bambino si separa dalla madre, anche il padre diventerà un modello di comportamento per l’ideale dell’Io.

Secondo Freud l’ideale dell’Io aveva pertanto due obiettivi, in quanto forniva sia un modello da emulare per soddisfare il desiderio di essere come i genitori, ma anche sostenere tutte quelle difese (come la sublimazione) che servono a risolvere il conflitto edipico.

Successivamente Freud utilizzerà il termine narcisismo considerandolo come una fase evolutiva intermedia tra l’autoerotismo e l’amore oggettuale, una fase in cui il bambino assume se stesso come oggetto d’amore.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.