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Gioco d’azzardo patologico: GAP #shorts #shortsvideo #psicologia

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Dott.ssa Giusy Di Maio

“Smetto quando voglio”: Gambling.

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Con il termine gambling si indica il gioco d’azzardo patologico (GAP) ovvero quel disturbo del comportamento caratterizzato dalla continua perdita del controllo in situazioni di gioco.

Si tratta di un comportamento persistente, ricorrente e non adattivo che giunge ad inficiare e a compromettere qualsiasi sfera di vita di colui che ne è coinvolto (familiare, lavorativa e personale).

Il disturbo colpisce indistintamente uomini, donne, persone benestanti o meno e sfortunatamente l’età media di coloro che si avvicinano alla dipendenza da gioco patologica, si sta pericolosamente abbassando.

Il gioco si può esprimere su due poli, sano e patologico, sui quali si sviluppano i diversi gradi di coinvolgimento; all’interno di tale continuum andiamo a trovare i diversi gradi di compromissione dello stato di salute mentale.

I principali stadi che caratterizzano il gioco d’azzardo sono:

  • Gioco  sociale, nel quale il giocatore non raggiunge livelli di gioco preoccupante e mantiene inalterata la sua sanità mentale.
  • Gioco problematico, quando il giocatore procura a se e agli altri problemi di diverso tipo a causa della frequenza di gioco e delle somme di denaro impegnate, senza ancora raggiungere i criteri diagnostici patologici.
  • Gioco patologico, quando il giocatore soddisfa i criteri diagnostici di Gap.

Il DSM-5 attribuisce al GAP lo status di dipendenza, in quanto il giocatore patologico sviluppa: aumento della frequenza delle puntate e della quantità di denaro speso per ottenere l’eccitazione desiderata; la presenza di sintomi tipici di astinenza quali irritabilità, ansia, insonnia, sudorazione, tremori e un intenso desiderio come equivalente al “craving” sperimentato dai tossicodipendenti.

La dipendenza da gioco d’azzardo è una malattia sociale a tutti gli effetti; malattia sociale a cui la pandemia e una (non) posizione dello stato, in merito, ha solo fornito terreno fertile per il crescente aumento della dipendenza stessa.


Il gioco d’azzardo rientra nella categoria dei giochi di alea: esso si sostanzia nello scommettere denaro o altri beni di valore su un evento ad esito incerto, in cui il caso, in grado variabile determina tale esito (Leone, 2009; Filippi e Breveglieri, 2010).

Ne deriva che le capacità, ad esempio, del giocatore siano ininfluenti poiché alla fine si tratta di vincere sul caso. Molti dei racconti offerti da giocatori, contengono una descrizione del momento del gioco come di un “semplice passatempo, non pericoloso su cui si ha il controllo e su cui si può smettere quando si vuole”.

Smetto quando voglio ma se non mi faccio aiutare non smetterò mai del tutto.

La mente del dipendente è qualcosa che merita la nostra profonda attenzione perché è molto facile attuare una sostituzione sintomatica e arrivare a sviluppare o un altro sintomo (magari un sintomo psicosomatico) oppure si arriva a trasferire la propria dipendenza in altro campo (ad esempio dipendenza affettiva).

La comorbilità con questo disturbo (GAP) è con i Disturbi dell’umore (depressione); disturbi d’ansia; disturbo borderline o disturbo antisociale di personalità.

Inoltre così come per la tricotillomania, anche la dipendenza da gioco d’azzardo può essere considerata una variante del Disturbo ossessivo compulsivo sulla base della natura compulsiva dell’azione associata all’incapacità di smettere (la differenza tra i due disturbi risiede nel fatto che se nel DOC, la compulsione serve per ridurre una emozione negativa, nel GAP la compulsione produce emozioni positive che diventano di difficile rinuncia, per il soggetto).

L’esordio della dipendenza da gioco d’azzardo generalmente risale all’adolescenza o alla prima età adulta ma può manifestarsi anche durante la mezza età o in tarda età adulta.

Molte persone affette da Gioco d’Azzardo Patologico possono essere altamente competitive, energiche, irrequiete e facili ad annoiarsi. Inoltre sembrano essere eccessivamente preoccupate dell’approvazione altrui e sorprendentemente generose.

Non improvvisiamoci e chiediamo aiuto il prima possibile.

Per il trattamento si ricorre ad una psicoterapia e solo se necessario, in alcuni casi, a farmaci SSRI stabilizzatori del tono dell’umore.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

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L’esperienza soggettiva dell’impulso.

Immagine Personale.

Una piccola introduzione sull’azione impulsiva, sulle sue caratteristiche e sulle sue possibili spiegazioni.

Un paziente impulsivo- un artista- dice, riflettendo su alcune decisioni prese durante una festa a cui ha partecipato, lasciandosi andare totalmente al gioco d’azzardo: “L’ho fatto, ma non so perché”.

Probabilmente la frase completa poteva essere “non intendevo farlo” così come altre frasi spesso ascoltate dai pazienti impulsivi sono “l’ho fatto e basta; non lo so; non so il motivo”.

Queste espressioni (analogamente a quanto avviene per gli scoppi emotivi dell’isterica), spesso contengono sia la comunicazione di una esperienza soggettiva, ma al contempo la giustificazione di un qualcosa “sono colpevole, ma senza premeditazione”.

E’ l’esperienza di un’azione che non è sentita come completamente deliberata o pienamente voluta. Si tratta di esperienze di volere, desiderare o decidere ma al contempo tali esperienze sono di un desiderio troppo improvviso, passeggero, un desiderio che è così attenuato da rendere persino possibile la giustificazione “colpevole ma senza premeditazione”.

Uno psicopatico potrebbe dire “semplicemente mi sento di farlo”, per spiegare un furto (faccio questo furto perchè ho il capriccio da soddisfare).

L’esperienza del bisogno o impulso cioè non è una percezione distaccata di un attacco vero e proprio che annulla quel che uno vuole fare, ma una deformazione e attenuazione della normale esperienza di volere in cui il senso di deliberatezza e intenzione attiva è menomato e poi rinnegato per ragioni difensive.

Ne deriva che l’affermazione tipica dell’impulso “Io non lo voglio fare, ma proprio non sono capace di controllare l’impulso”, si potrebbe tradurre con “Io non sento che farei bene a farlo, ed eviterei anche di farlo, ma se smetto di guardare, le mani, i piedi e i miei impulsi semplicemente lo fanno”.

Per colui che presenta i caratteri dello stile impulsivo, l’esperienza dell’impulso occupa aree psicologiche che normalmente sarebbero occupate dall’esperienza di volere, scegliere o decidere. Ne deriva che l’esperienza dell’impulso non sia occasionale, ma regolare.

Un’azione impulsiva ha delle qualità:

  • E’ veloce e rapida indicando con ciò che il tempo tra il pensiero e l’esecuzione è molto breve.
  • E’ brusca o discontinua (a differenza dell’attività normale che proviene da periodi di pensiero e/o preparazioni).
  • Non è progettata (caratteristica fondamentale). Non vuol dire che sia imprevista (il bevitore può prevedere la prossima festa a base di alcool), ma questo tipo di progettazione rientrerebbe (è assimilabile) nella previsione di eventi probabilisticamente poco catalogabili.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.