La nostra prossima tappa ci permetterà di viaggiare ancora una volta nel mondo psichico del bambino. Guarderemo più da vicino alcune caratteristiche della relazione esclusiva madre bambino, degli aspetti percettivi reali e immaginativi e dell’ambiente. Ci faremo guidare dalle interessanti teorie di Donald Winnicott; parleremo di oggetto transizionale, della relazione madre – bambino e dell’importanza delle funzioni di “handling e holding“, caratteristiche della “preoccupazione materna primaria” della “madre sufficientemente buona“. Buon Ascolto..
Psicologia e bambini. L’oggetto transizionale e la relazione madre – bambino. – PODCAST – In viaggio con la Psicologia
Psicologia e bambini. L’oggetto transizionale e la relazione madre – bambino. – PODCAST – Spotify
Quanto è importante l’ambiente e l’esperienza reale del bambino per il suo sviluppo maturativo? E quanto è importante la relazione con i genitori nelle prime fasi dello sviluppo?
Buona lettura!
Quanto è importante l’ambiente e l’esperienza reale del bambino per il suo sviluppo maturativo?
Secondo un noto psicoanalista e pediatra inglese Donald Winnicott (morto nel 1971), il ruolo della madre (le prime cure) e dell’ambiente è fondamentale per lo sviluppo del bambino e per lo strutturarsi del suo Sé.
La funzione naturale della madre, chiamata da Winnicott “preoccupazione materna primaria” offre al suo bambino quel sostegno necessario all’integrazione tra psiche e soma (personalizzazione), allo strutturarsi di una vera relazione oggettuale e di un senso di realtà. Questo sostegno (holding) insieme alla manipolazione (handling – lavare, nutrire, accarezzare, coccolare) sono essenziali all’instaurarsi di una buona relazione madre-figlio. Il bambino sarà allora in grado di superare una serie di angosce “impensabili”.
Il mio collega, Il Dott. Rinaldi, ha recentemente pubblicato un pensiero in cui presentava il concetto di “madre sufficientemente buona”.
Quello che desidero fare con voi oggi, è approfondire ancora di più questo potente concetto perchè di maternità non si parla mai abbastanza.
La maternità non è mai troppa (o troppo poca).
Buona lettura.
Quando veniamo al mondo, lo facciamo in uno stato di “incompiuti”. L’infans (il bambino non ancora dotato di parola) crea in maniera allucinatoria un oggetto che sia in grado di fornire soddisfazione (oggetto soggettivo); tale creazione è resa possibile proprio dalle cure materne in assenza delle quali, non è possibile trovare l’infans.
Winnicott a tal proposito, riferisce di una madre “good enough” – abbastanza buona o sufficientemente buona.
L’espressione riferisce all’adattamento che la madre fa, nei confronti dei bisogni del neonato; ciò che l’autore pone in evidenza con la sua teoria è – dal punto di vista prettamente teorico- fare una differenziazione con i modelli teorici precedenti che avevano invece distinto tra mondo interno ed esterno del neonato.
Ciò che Winnicott vuole evidenziare è che la madre è una donna reale “actual” e in quanto tale l’unica cosa che può fare è essere “abbastanza o sufficientemente” buona: non perfetta. Questa donna, questa madre, è una donna reale che all’inizio della vita dell’infante e per un periodo di tempo abbastanza lungo e in maniera ripetuta, riesce ad essere in sintonia (non in simbiosi) con il bambino e che sia in grado di presentargli l’oggetto (il seno) nello stesso momento in cui il bambino lo cerca, creando una zona di illusione (allucinatoria) in cui il bambino crede di essere onnipotente e di aver creato da sè il seno: Il seno è lì perchè io l’ho voluto.
A tal proposito mi sembra doverosa un piccola precisazione.
Allattare al seno non rende più madri; allattare al seno non rende più donne.
Non allattare al seno non rende meno madri; non allattare al seno non rende meno donne.
Ogni donna deve avere la libertà di poter decidere, senza essere soffocata dai giudizi, cosa poter fare del proprio “corpo materno” e come presentare questo corpo al proprio bambino. Una madre è una donna.
Il discorso che faccio qui, è di natura prettamente psicologica pertanto non legata all’importanza o differenza, in termini nutrizionali, del “bere latte materno o meno”. Per questo aspetto rimando la questione a chiunque sia più competente di me, se vi fossero pediatri all’ascolto possono tranquillamente dire la loro.
Ciò che è importante per il neonato è tutto ciò che ruota intorno all’allattamento, al nutrimento. Anche il biberon fa parte di ciò; nutrire il neonato con disinteresse, dare il seno in maniera distratta, mentre si parla con altre “mille” persone, si vede la televisione o si è nervosi.. dare il biberon nello stesso modo distratto, sono azioni ugualmente “deleterie”. Analogamente invece, dare il biberon in un momento di tranquillità, parlando dolcemente al bambino, coccolandolo e curandolo, offrendogli il proprio tempo, il proprio interesse e manipolandolo con tutte le funzioni che Winnicott ci ha descritto (holding, handling e object presenting), consentono al bambino non solo di instaurare un rapporto migliore con chi si prende cura di lui, ma anche di comprendere meglio i confini del proprio corpo (psichico e non), in formazione.
Quanto è importante l’ambiente e l’esperienza reale del bambino per il suo sviluppo maturativo?
Secondo un noto psicoanalista e pediatra inglese Donald Winnicott (morto nel 1971), il ruolo della madre (le prime cure) e dell’ambiente è fondamentale per lo sviluppo del bambino e per lo strutturarsi del suo Sé.
La funzione naturale della madre, chiamata da Winnicott “preoccupazione materna primaria” offre al suo bambino quel sostegno necessario all’integrazione tra psiche e soma (personalizzazione), allo strutturarsi di una vera relazione oggettuale e di un senso di realtà. Questo sostegno (holding) insieme alla manipolazione (handling – lavare, nutrire, accarezzare, coccolare) sono essenziali all’instaurarsi di una buona relazione madre-figlio. Il bambino sarà allora in grado di superare una serie di angosce “impensabili”.
Winnicott aveva inoltre sottolineato anche l’importanza dell’esperienza e delle relazioni reali con l’ambiente per lo sviluppo maturativo del Sé. In modo da dare la possibilità di promuovere la crescita del bambino tollerando le “immaturità” che permetterebbero di conservare l’originalità, la creatività, la ricchezza e il loro processo naturale.
L’ambiente sarà positivamente decisivo alla crescita personale del bambino purché sia disponibile e facilitante, contenga l’aggressività e dia amore permettendo però al potenziale del bambino di emergere e realizzarsi e quindi diventare indipendente.
Winnicott definiva questo tipo di ambiente familiare “good enough” (abbastanza buono, più o meno buono). Secondo Winnicott non è quindi necessario un ambiente perfetto e privo di problemi (che tra l’altro probabilmente non esiste), ma un ambiente vivo, aperto al confronto, pronto ad accogliere e sostenere il bambino con i suoi desideri, le sue paure, i suoi misteri e le sue esigenze fisiche, emotive, cognitive, sociali.
Quello che mi piacerebbe fare oggi, con voi, è cominciare una serie di approfondimenti riguardanti il corpo. Non so bene quanti articoli, pensieri o approfondimenti ho intenzione di dedicare a tale tema; non sono mai stata una persona schematica, rigida o dai tempi prestabiliti.. vorrei piuttosto lasciare che le idee e le sensazioni restino in un vortice di condivisione dove noi tutti, siamo i primi attori/spettatori di una” circolazione di idee” sempre più ampia.
Il corpo è qualcosa che ha sempre avuto fascino, per me. Sono sempre stata attratta dal suo uso, abuso, dal suo sentirsi fuori posto, lontano dal tempo presente o di converso troppo vicino alla realtà vigente. Mi sono spesso chiesta cosa potesse spingere (dal punto di vista psicodinamico) le persone a modificare il proprio corpo, a costringerlo o a correggerlo con e nella chirurgia estetica. Il mio pensiero non è di chi va contro coloro che decidono di ricorrere alla chirurgia plastica (riconosco il grande potere che in certi casi ha, il ricorrere a tali modificazioni corporee) e per quanto non ne farei mai uso, trovo che ognuno sia assolutamente libero di fare, della propria “tela natale”, ciò che vuole.
Uno dei primi spunti di riflessione riguarda proprio questo ultimo punto. Un giorno.. seguendo l’ennesimo documentario (ne fagocito di continuo) sulla fotografia, fui colpita da una fotografa asiatica impegnata a imprimere su pellicola i momenti in cui si dedicava all’autolesionismo. L’artista evidenziò come in Asia la questione del corpo sia “qualcosa di estremamente serio”.. “non si è padroni del proprio corpo in quanto donato dai propri genitori.. Il corpo è pertanto proprietà dei tuoi genitori che te lo hanno donato e se tu, non ne hai cura, sei irrispettosa verso i tuoi genitori”. Il corpo pertanto – mi verrebbe da dire- diviene qualcosa che si ospita e che non si abita.
Buona lettura.
Il corpo in quanto questione.
La questione del corpo è piuttosto difficile da riassumere poichè reca con sè aspetti sociali, culturali e individuali. Nessuno nasce in un corpo de-storificato, lontano dalla cultura socio culturale in cui il futuro essere umano si troverà calato. Prima della nostra venuta al mondo, infatti, noi siamo stati pensati, detti e parlati; siamo stati anticipati. Questa anticipazione che per la Aulagnier (1975) prende il nome di “ombra parlata” ed indica quello spazio in cui l’Io del futuro nascituro “può avvenire” si presenta come una sorta di legatura di valore musicale che sommando il -prima desiderio- (materno e della coppia genitoriale) di bambino unisce, raddoppia e (forse) salda, la soggettività materna e quella del nuovo nascituro.
La questione qui si fa complessa e di ardua esemplificazione. In un certo senso, quando noi veniamo al mondo, troviamo un “già lì”, un qualcosa – come dicevamo- che prima di noi ci ha parlato, detto e accolto. Cosa potrebbe tuttavia accadere se, nel momento in cui veniamo al mondo e proseguendo nel corso della nostra vita, troviamo incoerenza tra ciò che ci è stato detto/imposto e ciò che sentiamo come nostro? Cosa accade al nostro corpo se sentiamo che Io non sono come tu mi vuoi? Ma soprattutto.. chi è questo Io se tu mi hai detto chi sono? Allora forse : Io è un Altro!
Freud nel 1928 sostenne che “L’Io è innanzitutto entità corporea” e successivamente dirà che “L’Io è in definitiva derivato da sensazioni corporee, soprattutto dalle sensazioni provenienti dalla superficie del corpo. Esso può dunque venir considerato come una proiezione psichica della superficie del corpo”.
E’ ciò che successivamente Winnicott evidenziò quando parlando delle funzioni materne, ne chiarificò 3 in particolare:
holding: tenere in braccio pertanto sostenere e contenere; in termini psichici, il risvolto che tale contenimento fisico sarà poi l’inizio dell’integrazione
handling: indica la manipolazione intesa come lavare, toccare o accarezzare il bambino. E’ il processo che porta l’infante a comprendere i confini del proprio corpo; sarà il presupposto dal punto di vista psichico per la personalizzazione
object presenting: la presentazione dell’oggetto che porterà l’infans (il bambino non ancora dotato di parola) a diventare baby (il bambino che comincia a gattonare poi camminare) alla potenzialità offerta da una relazione oggettuale.
Giunti a questo punto del discorso, direi che possiamo momentaneamente fermarci e provare a vedere insieme, se qualche dubbio o curiosità emerge da quanto detto. Ciò che ho provato ad evidenziare è che se noi, in quanto esser umani che siamo stati prima immaginati e pensati (mi riferisco ad esempio a quello che da giovani facciamo quando immaginiamo un nostro futuro figlio.. a chi somiglierà? che lavoro farà? come si chiamerà?) troviamo discordanza, in un successivo momento della nostra vita con questa storia che ci ha anticipato (pensiamo ad esempio a tutti quei ragazzi che decidono di non voler fare la scuola e il lavoro scelto dai genitori) bene.. è possibile che tutte queste questioni possano in una certa fase della nostra vita, essere legate e messe in scena sul proprio corpo?
E’ in definitiva possibile che un Io che sente incongruente la storia che la propria famiglia gli ha fornito, decida di modificare il proprio corpo, di riempirlo di silicone o botox; decida di svuotarlo con la liposuzione oppure decida di travestirlo innestando impianti sottocutanei, per cominciare a scrivere una storia nuova… per cominciare a scrivere un romanzo sulla propria vita che cominci con un :” Io sono”.