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Cecità al cambiamento

Vorrei la vostra attenzione per pochi minuti per questo piccolo esperimento.

Vi mostrerò un video in cui ci saranno dei ragazzi che si passeranno una palla.

Come è indicato anche nelle istruzioni del video, dovete riuscire a contare quante volte si lanciano la palla i ragazzi con la maglia bianca. Buona fortuna!

The Monkey Business Illusion – test di Daniel J. Simons

Siete riusciti a contare i passaggi? Avete notato nulla di insolito?

Sono curioso delle vostre risposte.. siate sinceri..

Daniel Simons (Università dell’Illinois) e C. Chabris (Harvard University), in questi esperimenti alla fine degli anni novanta del secolo scorso, hanno scoperto che il 50% circa degli spettatori non si accorge del gorilla o degli altri cambiamenti.

Il nostro cervello cerca di sostituire un racconto sensato in base a ciò che vede, eliminando dalla coscienza ciò che è inutile ed incongruente.

L’effetto gorilla, in gergo tecnico “cecità inattentiva” o “cecità al cambiamento”, fa parte di un principio più generale del sistema visivo e cioè che il nostro cervello cerca sempre di costruire un racconto sensato in base a ciò che vede e percepisce.

Proprio a causa di questo principio qualunque elemento che non coincide con il racconto o irrilevante rispetto al compito che siamo intenti a fare, viene spazzato via dalla coscienza.

Un esempio di questo fenomeno di interferenza tra il racconto in atto nel cervello e la percezione è il gioco in cui bisogna scoprire le differenze tra due immagini quasi identiche. In questo caso le immagini proprio perché quasi identiche, verranno percepite dal cervello come totalmente identiche. Solo se ci concentriamo e ci soffermiamo ad osservarle con attenzione saremo in grado di individuare le differenze.

Ecco un altro video. Provate a vedere se notate qualcosa di insolito in questa semplice conversazione tra queste due donne..

1997 – Movie Perception Test – Lewing & Simons

Siete riusciti a notare qualcosa di insolito durante la prima visione della conversazione?

Quei piccoli particolari che ci sfuggono.. In fondo siamo tutti “vittime” di questo fenomeno percettivo.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi
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La mia realtà, la tua realtà..

La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi. E come?

Ma costruendomi, appunto.

Ah, voi credete che si costruiscano soltanto le case?

Io mi costruisco di continuo e vi costruisco, e voi fate altrettanto.

Luigi Pirandello – “Uno, nessuno, centomila”

Renè Magritte

Non crederete mica che la vostra visione della realtà e dell’altro sia la sola?

Uscite da questa rassicurante illusione..

dott. Gennaro Rinaldi

Non ho scelta?

Immagine Personale.

Il libero arbitrio esiste davvero?

Secondo studi recenti il libero arbitrio non è pura e semplice illusione. Questa conclusione nasce da tutta una serie di ricerche condotte su ciò che prende il nome di “prontezza motoria”, ovvero, l’inizio dei movimenti volontari che scaturiscono in seguito ad attività cerebrale che inizia circa un secondo prima che il gesto stesso inizi, ovvero, prima del momento in cui decidiamo consciamente di eseguire il movimento.

Questo fenomeno è stato interpretato come la prova che la decisione viene presa da processi neurali inconsci (fuori dal nostro controllo) indicando invece la percezione dell’intenzionalità come una illusione prodotta a posteriori dai nostri meccanismi mentali.

In seguito, però, ad un lavoro pubblicato sui “Proceedings oh the National Academy of Sciences”, da Matthias Schultze-Kraft, dell’Università di Berlino, il libro arbitrio è tornato alla ribalta.

Il ricercatore sostiene di “aver verificato se i partecipanti riescono a vincere un duello contro una interfaccia cervello- computer che prevede i loro gesti leggendo l’attività cerebrale inconscia che li precede”.

L’esperimento consiste nella seguente situazione:

Il soggetto impara a premere più volte un pedale e a bloccare il gesto se vede una luce rossa accendersi. Quando la macchina avverte che il piede si prepara inconsciamente a muoversi (essendo il soggetto provvisto di elettrodi), può accendere la luce; se la scelta del soggetto fosse irrevocabile egli stesso non riuscirebbe a fermare l’azione. Le ricerche hanno invece mostrato altro.

Spesso accade che il soggetto riesce con uno scarto di 200 millisecondi, ad interrompere il movimento. Questo studio ha dato prova dell’importanza dell’intenzionalità.

L’intenzionalità e la volontà hanno molto più spazio di quanto i ricercatori avevano in precedenza, immaginato.

L’attività inconscia prepara il gesto, ma la volontà può fino alla fine, modificare la decisione; volontà che riesce persino a battere il potere dell’intelligenza artificiale.

La volontà e la possibilità di scegliere restano i nostri migliori alleati.

“Finisce bene quel che comincia male”

Dott.ssa Giusy Di Maio.

SONO SOTTO I RIFLETTORI: ILLUSIONE O REALTA’?

Chi ci sta intorno è realmente attento ad ogni nostro cambiamento (fisico o emotivo), oppure si tratta solo di un’illusione?

Spesso quando ci troviamo in una situazione (nuova o consolidata che sia), siamo portati a percepirci come sotto la luce di un riflettore. Siamo in sostanza convinti che ad esempio il modo in cui siamo vestiti, come stiamo parlando, come ci stiamo muovendo, sia continuamente osservato e giudicato “dall’altro”.

Immagine fonte “Google”

Si tratta del fenomeno definito “effetto spotlight” (effetto riflettore), ampiamente studiato nell’ambito della psicologia sociale. Nell’anno 2000 Gilovic, Medev e Savitsky, decisero di condurre un esperimento nelle aule universitarie, per controllare se effettivamente le persone notassero dei cambiamenti o dei movimenti nel loro interlocutore. Ad un gruppo di studenti fu chiesto di indossare una giacca bizzarra e stravagante, prima di entrare in aula. Il 50% di questi studenti (prima di entrare in aula) dichiarò di essere convinto che i loro colleghi, avrebbero notato la maglietta stravagante; in realtà solo il 23% dei compagni notò la giacca. Nel 2010 Timothy Lawson condusse un esperimento analogo. Lo studioso chiese a degli studenti che partecipavano ad un gruppo di studio, di lasciare un attimo il gruppo, cambiarsi la maglietta ed indossarne una con la scritta American Eagle . Quasi il 40% degli studenti era convinto che gli altri avrebbero notato il cambiamento, mentre solo il 10% fu in grado di ricordare la scritta sulla maglietta. Molti studenti del gruppo, non si accorsero nemmeno che la maglia era stata cambiata.

Da ulteriori studi è emerso che ciò che vale per pettinature, capelli, vale anche per le emozioni: ansia, irritazione, paura.. molte meno persone di quante ci si aspetta, notano le nostre emozioni. Spesso infatti soffriamo di un’illusione di trasparenza, ovvero se ad esempio siamo felici e ne siamo consapevoli, siamo portati a pensare che anche gli altri percepiscano dal nostro volto che siamo felici. Analogamente si tende a sopravvalutare l’entità di gaffe o lapsus sociali. Se ad esempio facciamo scattare l’allarme in biblioteca, ci sentiamo mortificati in quanto pensiamo di aver fatto una brutta figura; le ricerche tuttavia mostrano che ciò per cui ci si preoccupa a dismisura viene a stento notato dagli altri, o subito dimenticato.

In definitiva non dobbiamo essere troppo preoccupati e sentirci frenati o “bloccati”, quando ci troviamo in una situazione sociale che ci espone al possibile giudizio altrui.

La luce di un riflettore può sempre essere spenta da un interruttore.

Dott.ssa Giusy Di Maio