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L’infanzia del passivo-aggressivo.

L’approfondimento di oggi ci porta alla scoperta di quella delicatissima fase del ciclo di vita che è l’infanzia. E’ possibile riscontrare delle caratteristiche comuni nell’infanzia di quei bambini che da adulti potrebbero sviluppare un disturbo passivo-aggressivo? Seguendo l’opera di Luigi Cancrini, andiamo alla scoperta delle infanzie infelici (L. Cancrini, 2012).

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio

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Giornata Mondiale dell’Infanzia e Adolescenza. Il Diritto dell’Infanzia e dell’Adolescenza alla Salute Mentale

“Curare in modo sistematico, intelligente e paziente le infanzie infelici potrebbe essere determinante per la prevenzione di quei disturbi che recano un contributo fondamentale alla psicopatologia più tradizionalmente psichiatrica dei disturbi di personalità, alle dipendenze gravi da sostanze, da gioco e da sesso e alla criminalità giovanile e adulta. Quello che serve è evidentemente uno scatto culturale o uno scatto di civiltà.”

Luigi Cancrini – “La cura delle infanzia infelici (2012)

Nel Mondo a causa della povertà, dei conflitti e della crisi climatica più di 400 milioni di bambini vivono in aree di conflitto. Tra i 10 ei 16 milioni non possono tornare a scuola perché costretti a lavorare o a sposarsi. A causa dei matrimoni troppo precoci 22.000 bambine e ragazze muoiono a causa di gravidanze e parti.*

A causa della carenza di condizioni sanitarie, igieniche e alimentari bambini in diverse parti del mondo rischiano di perdere la vita.*

In Italia la situazione non è assolutamente rosea. Quasi un milione e quattrocentomila bambini vivono in una condizione di povertà assoluta. Ovviamente questa condizione di precarietà inficia gravemente pure sulla condizione psicologica dei bambini e dei ragazzi.

La condizione di precarietà in cui versano i minori in Italia è anche frutto di politiche spesso disinteressate alla condizione dei minori e ai loro diritti e quindi alla loro salute mentale.

L’impatto della pandemia e delle crisi (climatica, energetica, guerra), ha solo peggiorato la situazione.

Quest’anno l’attenzione di questa giornata, grazie all’UNICEF è in particolare rivolta al benessere psicologico e la salute mentale dei minori.

“Nel mondo il suicidio è la quinta causa di morte per i giovani tra i 15 e i 19 anni, la seconda causa in Europa: parliamo di quasi 46.000 adolescenti che si tolgono la vita ogni anno – più di uno ogni 11 minuti. Quasi la metà di tutte le problematiche legate alla salute mentale inizia entro i 14 anni di età e il 75% di queste si sviluppa entro i 24 anni: la maggior parte dei casi però non viene individuata nè presa in carico. “

UNICEF ITALIA

Oggi più che mai l’attenzione alla salute psicologica deve diventare un presupposto essenziale per garantire un futuro più sereno alle nuove generazioni.

Il dolore, la sofferenza psicologica, ripetuti traumi e relazioni familiari complesse, maltrattanti, malate o violente, possono avere conseguenze devastanti per i bambini e per i ragazzi a livello psicologico ed emotivo.

Photo by cottonbro studio on Pexels.com

Vissuti traumatici, maltrattanti e distorti possono indurre cicatrici difficili da rimarginare. Se queste ferite non vengono curate il prima possibile possono portare a patologie psicologiche e mentali spesso gravi come disturbi di personalità e antisociali.

Purtroppo le ferite psicologiche subite negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, (anni fondamentali per lo sviluppo emotivo, dell’identità, per la formazione dell’autostima, dell’immagine corporea, per la formazione dei valori, del senso di sé e del rispetto degli altri) sono spesso le più profonde e quelle più difficili da guarire.

I traumi legati alle figure di attaccamento sono quelli più gravi, perché minano un elemento fondamentale che lega le relazioni e la sicurezza dell’individuo: la fiducia verso una figura di riferimento che istintivamente deputiamo alla protezione, all’accudimento alla rassicurazione. Questa ferita mina la sicurezza interna e la fiducia verso gli altri e verso se stessi.

La speranza è che la nostra società si liberi da questo meccanismo di difesa del “diniego” (che ne condiziona quello “scatto di civiltà” di cui parlava Cancrini), per cui nega che la questione della Salute Psicologica possa essere un problema, solo perché non accetta la possibilità che la mente si possa ammalare proprio come il corpo.

I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza passano anche dal diritto a poter avere l’accesso a servizi che garantiscono loro il Benessere Psicologico.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

*Dati e numeri diffusi da Save the Children

Infanzia istrionica.

Photo by cottonbro on Pexels.com

Seguendo l’opera di Lorna Smith Benjamin, possiamo rintracciare quattro caratteristiche fondamentali nei bambini che svilupperanno (o potrebbero sviluppare) un disturbo istrionico di personalità.

Le caratteristiche possono essere schematicamente riassunte nel modo seguente (saranno tre perché la quarta è in realtà una variante della prima):

  • La capacità fondamentale di questi bambini è quella di farsi amare dal genitore del sesso opposto utilizzando:

a) il loro aspetto esteriore e i loro modi piacevoli

b) la salute cagionevole, la fragilità e il bisogno di aiuto (maggiormente la caratteristica a si risconta nelle bambine e la b nei bambini. Entrambe sono tuttavia presenti in ambo i sessi).

  • Il gioco relazionale che risulta da tale predilezione prevede asimmetria del triangolo edipico, in cui il genitore dello stesso sesso viene allontanato -per così dire- e relegato in una posizione periferica. Questo gioco mostra delle sfumature maggiormente erotiche quando una bambina molto gradevole esteticamente “flirta” con il padre prendendo il posto di una madre che si trascura e ha invece un aspetto “regressivo” nel caso di un bambino timido, cagionevole o iper sensibile molto (troppo) legato alla madre.
  • Il ruolo della bambina piacente e del bambino cagionevole, diventano nel tempo un ruolo obbligato. Ne deriva che nel giro di persone intorno a questi bambini, si concretizza l’immagine di bambini dalle risorse limitate “è bella sì, ma è un’oca” “un bambino debole e senza palle”.

La richiesta di aiuto per questi bambini, non arriva di solito presso centri o comunità che si occupano di maltrattamento. Tali richieste sono tuttavia di varia natura: disturbi di tipo fobico o psicosomatico, disturbi del comportamento alimentare o disturbi dell’attenzione (evidenziati dalla scuola). Ciò però che appare più caratteristico, del disturbo, è l’organizzazione familiare in cui si riscontra maggiormente la costellazione tipica del “genitore preferito” a cui, corrispondono sul piano della clinica:

  • il caso del bambino vicino alla madre (che ha scarsi rapporti con il padre) che presenta disturbi attivi del comportamento (provocatorio o intrattabile) o sintomi più nevrotici (fobie), manifestati abitualmente dalla madre in relazione alla mancanza di una figura maschile e dal padre in relazione all’eccessiva vicinanza della madre all’interno di un circolo vizioso che evidenzia poi una fragilità espressa dal bambino stesso, con il suo sintomo.
  • il caso della bambina più o meno bella ma comunque ammirata dal padre, un padre che sia bello e interessante. Lei di rimando adora e venera il padre; la relazione con lui è passionale ma non incestuosa, mentre quella con la madre è competitiva: le due donne sono rispettivamente gelose.

Il problema fondamentale, in questi casi, è che il riconoscimento la cura e l’affetto dei genitori, per il bambino, è legato solo ad aspetti esteriori del bambino stesso; si arriva pertanto a non aiutare il bambino (che si muove sempre come fosse su un palcoscenico), a sviluppare sufficiente fiducia nelle proprie capacità ma lo si vincola alla ricerca di rapporti che siano tendenzialmente basati sulla dipendenza (che hanno come unico punto di forza ostentare la fragilità e/o la piacevolezza).

La varietà dei comportamenti con cui questo tipo di disturbo può manifestarsi è enorme. Una volta che i bambini trovano un sintomo, tendono a mantenerlo poichè tale sintomo assicura il prosieguo delle cure e dell’attenzione.

Va sottolineato che la cura che l’adulto pone al bambino, in tale dinamica, è una cura offerta con piacere al proprio bambino fragile o alla bambina gradevole; tale cura viene offerta fino al momento in cui l’adolescenza non lo mette in crisi, mentre la cura e l’affetto assicurati dal sintomo si accompagnano, sul versante dell’adulto, a una sensazione sgradevole di costrizione che naturalmente si collega a quello che è l’utilità del sintomo.

La paziente che lega (o tenta) a sé con i suoi sintomi (panico, vaginismo, tentativo di suicidio) l’uomo che ama e il paziente che lega (o tenta) a sé con i suoi sintomi (impotenza, blocco esami, ansia sociale) la sua donna, propongono situazioni di coppia angosciose e poco, meno, riuscite rispetto alla relazione che da bambino avevano con il genitore dell’altro sesso.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

L’oggetto transizionale – la coperta di Linus

Il termine “oggetto transizionale” è stato introdotto da Donald Winnicott e indica un oggetto come una copertina, un fazzoletto, un giocattolo, un peluche che un bambino (generalmente tra i quattro e i dodici/diciotto mesi) tiene con sé per addormentarsi, per calmarsi.. questi oggetti assumono quindi per i bambini un significato davvero speciale.

L’uso dell’oggetto transizionale rappresenta generalmente una fase di passaggio che aiuta il bambino nella percezione di un oggetto come separato dal soggetto (me); queste attività di manipolazione sono corredate da fantasie e sono definite da Winnicott come fenomeni transizionali . Diciamo che è quell’ “oggetto” che aiuta il bambino in quella fase in cui comincia a differenziare tra il me e il non-me, passando dalla dipendenza assoluta dalla madre a quella relativa. Il suo utilizzo dopo l’infanzia, può ripresentarsi specialmente in occasione di regressioni e fasi depressive.

Peanuts – Linus e la sua copertina

Secondo Winnicott, l’oggetto transizionale appartiene a quel campo dell’esperienza personale dell’illusione, i cui contenuti sono a metà tra la realtà esterna e la realtà interna, ma non sono riconducibili a nessuna delle due. Quindi si riferiscono a quell’esperienza del bambino che si colloca nel luogo che lega e separa la realtà interna dalla realtà esterna e che in seguito diventerà una funzione permanente della psiche adulta. L’oggetto transizionale si può considerare come un oggetto che non fa più parte del corpo del bambino, ma non è ancora riconosciuto, da questi, come un oggetto della realtà esterna.

“Il punto essenziale dell’oggetto transizionale non é il suo valore simbolico”- “quanto il fatto che esso é reale: è un illusione ma é anche qualcosa di reale” 

Donald Winnicott

L’uso dell’oggetto transizionale rappresenta una fase importante per l’esperienza del bambino e per lo sviluppo della sua futura vita immaginativa (in età adulta).

Peanuts – fonte google

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

L’infanzia e l’adolescenza

Oggi 20 novembre 2020 è la Giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e l’adolescenza.

Vorrei proporvi due riflessioni. Entrambe hanno a che fare con: i bambini, gli adolescenti, i legami, la speranza, la fiducia, i genitori e il futuro.

“ L’interiorizzazione da parte del bambino piccolo di legami positivi con le figure genitoriali gli permette di trasferire la fiducia e la speranza nelle relazioni future. Se invece queste relazioni non sono state soddisfacenti non sarà semplice conservare la fiducia nel legame e metterla in atto nelle relazioni future ”

(Malagoli Togliatti & Lubrano Lavadera, Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia, 2002).
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“.. Insieme possiamo costruire una torre e nonostante si tolgano

pezzi a questa torre, insieme troviamo un modo per tenerla in piedi, ci

aiutiamo a vicenda per farlo, anche se dobbiamo trasgredire le regole.

Quella torre possiamo aggiustarla e ricostruirla e insieme troveremo sempre

un modo per farlo…”

“ Gennaro Rinaldi, “Il ragazzino disteso – Famiglie multiproblematiche – percorsi di cura in Coerenza Strategica “

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Riandli