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Pittura e Schizofrenia: la mente scissa dell’artista.

Fonte Immagine Google.

Richard Dadd nasce ad Agosto nel 1817 a Chatham una cittadina del Kent a 50 km da Londra. Richard è uno dei sette figli che il padre avrà dalla prima moglie (di cui rimarrà vedovo), per poi risposarsi e restare ancora una volta vedevo.

Richard mostra una precoce abilità nel disegno e pittura; la famiglia si trasferirà nel 1834 nei pressi della Royal Academy of Arts dove Richard sarà ammesso all’età di 20 anni. L’opera di Dadd si inserisce nel contesto vittoriano dove dominano il realismo pittorico, il ritratto , la decorazione e la pruderie . Il disegno accompagna spesso novelle o romanzi ed è in questo clima che Dadd guadagnerà una fama crescente.

Nel luglio del 1842 Si Thomas Phillips chiede a Dadd di accompagnarlo come bozzettista in una spedizione che prevede il giro d’Europa arrivando fino all’Egitto, ed è proprio qui, su una barca in mezzo al Nilo che Dadd mostra un vero cambiamento della personalità. Il pittore comincia ad essere violento e delirante; afferma inoltre di essere sotto l’influenza di Osiride. Questi episodi cominciano a diventare frequenti, fino a durare intere giornate.

Nel 1843 Dadd di trova a Roma. Il pittore parla solo di temi religiosi, attacca il papa durante un’apparizione pubblica e riferisce sempre in termini negativi alla cristianità. Dadd inoltre vede il demonio in tutte le opere esposte al Vaticano, lamenta idee di tipo persecutorio e quando nel 1843 si trova a Parigi, abbandona il suo compagno di viaggio per tornare da solo in Inghilterra ma a cavallo cambiandolo e prendendone uno nuovo ad ogni stazione di posta.

A Londra il padre di Dadd lo fa visitare dal noto psichiatra Alexander Sutherland; fu successivamente internato.

Durante una passeggiata al parco estrae un rasoio e uccide il padre vedendo in lui, il demonio. Prima di uccidere il padre, Dadd aveva programmato la fuga. E’ proprio durante il tentativo di fuga che commetterà altri omicidi e una volta arrestato, sarà incarcerato con la diagnosi di “monomania omicida”.

In quel periodo storico eravamo molto lontani dalla moderna nosografia e non c’era ancora la possibilità di fare diagnosi di demenza precoce (termine adoperato da Kraepelin nel 1900 o di schizofrenia termine invece di Bleuler 1911).

Le categorie psichiatriche disponibili per Dadd erano mania e monomania, melancolia, demenza (intesa quale decadimento delle facoltà mentali) morali insanity, idiozia e imbecillità.

Al giorno d’oggi visti i sintomi portati da Dadd, il pittore avrebbe la diagnosi di schizofrenia paranoidea.

Richard Dadd resta nei due manicomi londinesi per 42 anni (fino alla sua morte), dove continua a dipingere.

Durante la sua permanenza nei manicomi, Dadd non muta la sua tecnica; a mutare è invece la decostruzione del naturalismo precedente, arrivando all’aggiunta di oggetti/simboli dalla collocazione incongrua; le opere vengono riempite (horror vacui) e appaiono riempite da immaginazione sfrenata e insaziabile.

Una insaziabile voglia di vivere così piena e folle da trovare su tela la possibilità di essere vissuta.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

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Tra follia e creazione artistica: Robert Schumann.

La storia che oggi leggeremo racconta di una grande compositore, della sua follia e della sua creazione artistica sapientemente e indissolubilmente legate:

la storia di Robert Schumann.

Buona Lettura.

Il 4 Marzo 1854 il quarantaquattrenne Robert Schumann viene accolto nel manicomio di Endenich in seguito alla sua richiesta. E’ in questo manicomio che sarà seguito dallo psichiatra Richarz, fino alla sua morte nel 1856.

La psichiatria dell’epoca vive sotto l’opera di Philippe Pinel che nel Trattato differenzia la follia in 5 categorie: melancolia, mania con e senza delirio, demenza e idiotismo; molto probabilmente il nostro Schumann fu classificato tra i malati di melancolia. Schumann infatti, pochi giorni prima aveva cercato di suicidarsi gettandosi nel Reno (questo tuttavia non fu il primo tentativo di suicidio, ma il secondo) e il suicidio stesso era considerato tratto patognomonico della melancolia.

Robert viveva insieme all’eccellente pianista-moglie Clara Wieck; dal primo bacio del 25 novembre 1835 passeranno 5 anni prima di unirsi nel vincolo matrimoniale (passando attraverso una causa legale); Schumann infatti porterà in tribunale il suocero/maestro di pianoforte, accusato di aver offeso la libertà delle persone, rifiutando di dare la mano della propria figlia a Schumann stesso.

La vita di Schumann è costellata di lutti; fratelli e sorelle moriranno. Robert inoltre era sofferente fin da bambino di stati depressivi in conseguenza della morte del padre; inoltre anche la madre era depressa (segno della trasmissione familiare del disagio). Uno dei lutti peggiori da affrontare fu per Robert quello dell’amata sorella (così tanto amata da generare voci su un presunto legame incestuoso).

Il lutto però più importante fu per Schumann quello della perdita della sua mano destra; la mano perderà la funzione del dito terzo facendo cessare in Schumann ogni desiderio di poter diventare un grande pianista come Chopin. Nel 1832 Robert lega due dita della mano destra per poter allenare il medio e renderlo più forte e indipendente alla tastiera; questa pratica era piuttosto comune all’epoca ma per Schumann qualcosa andò storto giungendo alla completa perdita di tutto l’uso della mano.

Robert potè quindi dedicarsi alla sola composizione.

Clara divenne per Schumann la sua mano perduta. Interprete, mano e cuore mancante al compositore sofferente.

Robert inoltre era affetto da paralisi (forse a causa del mercurio usato per trattare la sifilide) e da maniacalità (curata con ipnosi e magnetismo); in quegli anni comporrà opere di straordinaria bellezza e inquietudine, mostrando l’evidenza clinica secondo cui il delirio e le allucinazioni sono presenti anche nelle fasi fortemente depresse.

Il dubbio diagnostico tra schizofrenia e disturbo bipolare (maniaco depressivo) è incentrato sul ruolo del delirio nelle due categorie.

Il delirio è una errata interpretazione della realtà; il soggetto infatti non riesce a dare una corretta lettura del mondo che lo circonda ma lo interpreta in funzione di un Io modificato. Al delirio si accompagnano le allucinazioni (percezioni di voci interne o esterne o di immagini). Nella iniziale storia della psichiatria, il delirio è stato legato alla schizofrenia, all’Io diviso, frammentato ma successivamente si è scoperto che anche nella melancolia e maniacalità vive questa condizione.

Per quanto concerne Schumann, quindi, è possibili ipotizzare un inquadramento dei suoi sintomi nelle alternanze maniacali e depressive e che in tale quadro si innesti la demenza propria della paralisi progressiva. Schumann quindi, soffriva molto probabilmente di una condizione a doppia diagnosi “disturbo bipolare e infezione luetica cerebrale”.

La nostra fortuna -tuttavia- è stata che Schumann non perdesse mai l’impulso vitale che ci ha regalato il genio che – nonostante tutto- ha saputo essere.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.