L’introiezione degli insegnamenti e dei valori morali, delle figure genitoriali e culturali è fondamentale per lo sviluppo della personalità.
Un’ immagine di sé coerente diventa essenziale per formazione di una personalità sana.
Lacan, con la sua teoria dello Stadio allo Specchio, teorizza che proprio quella “immagine” può portare ala formazione del Moi (Io). Esso si forma dal nostro rapporto con gli altri. Il bambino acquisisce, con lo Stadio allo Specchio, una padronanza immaginaria di se stesso, una forma unitaria.
Si passa dall’estraneità al riconoscimento. Inizialmente l’immagine dal bambino viene percepita come fuori da sé. L’immagine di sé viene quindi portata dall’Altro. Bisogna che il bambino venga investito dell’immagine dell’Altro per identificarsi. Egli si identifica all’Altro simile, attraverso l’immagine speculare di questi.
La cosa importante che sottolinea Lacan, è che è proprio l’Altro a ratificare l’immagine del bambino allo specchio. Il bambino è quindi identificato ad una marca simbolica.
Mi è capitato ieri durante un paio di sedute di terapia e poi ancora stamattina nel mio studio con un’altra paziente, (seppur in maniera diversa) una coincidenza strana. In qualche modo il focus delle terapie, in queste tre sedute, si è incentrato in maniera consistente sugli aspetti comunicativi delle relazioni interpersonali e familiari. Questo intreccio di coincidenze relazionali mi ha sorpreso e mi ha spinto a coinvolgere anche voi in questo fondamentale aspetto della nostra quotidianità.
Il termine comunicare anticamente significava mettere in comune. Poi nel corso del tempo il significato si è evoluto in: far conoscere, far sapere, divulgare, diffondere, rendere partecipe di un sentimento; ( comunicare la propria tensione ). Si può comunicare a parole (verbale) con i gesti oppure attraverso le nostre espressioni del viso e la postura del corpo (non verbale). Possiamo persino comunicare stando semplicemente in silenzio.
Le radici – Immagine personale
In tutti i diversi sistemi relazionali in cui le persone vivono e interagiscono c’è comunicazione. Attraverso la comunicazione e le relazioni le persone nei diversi contesti co-costruiscono ciò che sono.
“Non si può non comunicare”
Watzlawick, Beavin e Jackson (1967)
Questa affermazione implicherebbe il fatto che se siamo coinvolti in una interazione è impossibile sottrarci dal comunicare qualcosa. Ciò implica che bisognerebbe essere più consapevoli di come ci interfacciamo e interagiamo con gli altri e come queste persone con cui comunichiamo rispondono a tali segnali, al significato relazionale di questo processo e alla posizione che occupiamo all’interno della relazione.
Ma le prime esperienze comunicative partono da molto lontano, hanno inizio con le relazioni sociali primarie (i genitori o altre figure significative).
Le nostre prime comunicazioni (genitore-figlio) hanno inizio prima della nascita. E’ quello che potremmo definire dialogo intrauterino madre-figlio. Al 5° mese di gestazione “il feto risponde a stimolazioni pressorie e di temperatura di oggetti posti sulla parete addominale” (Di Sano, Esposito,2001);
Quella tra madre e figlio è una comunicazione costante, infatti il feto “lancia” messaggi alla mamma e lei risponde socializzando e interpretando anche con fantasie sull’evento.
Questa modalità comunicativa e il comportamento che ne consegue inseriscono il feto a pieno titolo nella vita di relazione prendendo parte al dialogo familiare.
Le prime relazioni di attaccamento e i rispettivi stili comunicativi con le figure significative daranno un impronta forte e contribuiranno a formare modelli relazionali della nostra futura vita di relazione e che quindi influenzeranno, nel bene o nel male, i nostro modo di interagire e comunicare con gli altri. Questi modelli vengono chiamati “Modelli Operativi Interni” e sono definiti come “la rappresentazione interna che un individuo ha di se stesso, delle proprie figure di attaccamento e del mondo, nonché delle relazioni che legano tali rappresentazioni tra loro” (Loriedo e Picardi, 2000).