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Memoria: pillola di neuro.

Si tratta della capacità che ha un organismo vivente, di conservare tracce della propria esperienza passata al fine di utilizzarla, per così dire, per relazionarsi al mondo e agli eventi futuri.

La funzione in cui si esprime la memoria è il ricordo, la cui diminuzione o scomparsa determina l’oblio. Come fenomeno normale che descrive la fase discendente di ogni processo mnemonico, l’oblio va distinto dall’amnesia, termine che indica, invece, un fenomeno patologico che porta a disturbi del comportamento.

La memoria non è localizzata in singole zone ma è il risultato dell’interazione dell’intera attività corticale.

La persistenza dei ricordi lascia supporre che nella struttura del cervello si verifichi una trasformazione duratura che prevede, secondo l’ipotesi biochimica, che nelle cellule nervose la traccia mnestica si depositi sotto forma di particolari molecole di acido ribonucleico (RNA) prodotto dall’attività neuronale.

Questa ipotesi troverebbe conferma nella possibilità, sperimentata in animali inferiori, di trasferire biologicamente la memoria da un individuo ad un altro (genetica).

(Il che potrebbe spiegare perché alcune persone o luoghi, sanno di te. Il loro ricordo è dentro, come RNA che porta messaggi, in tutto il corpo, facendosi sensazione, tatto: facendosi calore.)

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio

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I disturbi del linguaggio: Afasie. PODCAST

Se ti dico “insalata di parole” oppure “anomie, circonlocuzione”, sai di cosa sto parlando?
Il viaggio di oggi ci porta tra le stanze della neuropsicologia, alla scoperta delle Afasie. Si tratta di un deficit nella capacità di comprendere elaborare e produrre messaggi linguistici.
Mettiti comodo allora: buon viaggio e buon ascolto.

Dott.ssa Giusy Di Maio

Le parole fanno male..

In una recente ricerca neuroscientifica è stato dimostrato che quando un bisogno o una richiesta non viene riconosciuta o ascoltata, si genera un profondo disagio sia psicologico che fisico.

Questa indagine sperimentale è stata realizzata dalla Fondazione Giancarlo Quarta Onlus di Milano. I ricercatori hanno evidenziato che le persone a cui è stato negato un bisogno, attivano nel loro cervello, le stesse aree che si attivano generalmente quando si prova un dolore fisico.

L’indagine ha potuto quindi dimostrare che quel malessere che si prova quando altre persone feriscono la nostra sensibilità con le parole, ad esempio, attiva le stesse aree cerebrali e network neuronali che si attivano quando si prova dolore fisico.

Le parole e gli atteggiamenti ostili e non supportivi, riescono a “ferire” ed infierire proprio come un dolore fisico.

Una “ferita psichica” viene quindi percepita proprio come una “ferita fisica”.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Afasia: un disturbo del linguaggio

Due giorni fa la moglie di Bruce Willis, Emma Heming, ha annunciato sui social che suo marito sarà costretto ad abbandonare le scene a causa di una patologia neurologica nota come Afasia. La notizia è ovviamente diventata virale e ha inevitabilmente acceso i riflettori sulla patologia che è stata diagnosticata al noto attore statunitense.

In questo articolo approfondiremo il significato del termine Afasia e nello specifico farò una breve descrizione della patologia e delle conseguenze per le persone che ne soffrono.

Bruce Willis – fonte web

L’Afasia è un deficit nella capacità di comprendere elaborare e produrre messaggi linguistici.

Il paziente afasico è incapace di esprimersi oralmente, di comprendere messaggi verbali e di elaborare linguaggio scritto. Nessun deficit sensoriale uditivo o visivo è responsabile del quadro clinico.

Per definizione, i pazienti afasici presentano un grado variabile di deficit della comprensione di messaggi verbali; nei casi più gravi il paziente non è in grado neanche di comprendere le singole parole, mentre nei casi più lievi l’incapacità è nell’eseguire semplici ordini. Il deficit non implica un’incapacità a formulare pensieri o un’alterata interazione con l’ambiente.

Solo pazienti afasici estremamente gravi appaiono quasi chiusi in se stessi “Afasici Isolati”. Di regola i pazienti traggono dal contesto ambientale elementi che possono aiutarli a sopperire al deficit.

Ad esempio, chiedere di indicare un oggetto nella stanza o di eseguire un compito semplice, facendo attenzione a non fornire facilitazioni, può rivelare un deficit sostanziale delle abilità di comprensione.

La caratteristica più evidente dell’afasia è un’alterazione del linguaggio spontaneo.

Si possono distinguere gli.

  • Afasici fluenti: questi pazienti si esprimono con sequenze di parole abbastanza lunghe che non sempre sono in relazione tra loro e che non seguono le normali strutture sintattiche. L’eloquio risulta incomprensibile e vuoto, assomiglia ad un’ “insalata di parole”.

Gli afasici fluenti non si rendono conto dei propri errori e si esprimono in maniera fluida, con le pause e le variazioni di intonazione tipiche del linguaggio normale (prosodia conservata). Una forte discrepanza tra fluenza verbale, prosodia conservata e totale assenza di contenuto informativo, si realizza in quegli afasici in cui la produzione verbale è costituita prevalentemente da frammenti sillabici e parole senza senso (neologismi),in questi casi l’eloquio spontaneo è definito gergo verbale.

  • Afasici non-fluenti: sono pazienti che si esprimono con lentezza e difficoltà , producendo parole isolate e sintagmi molto semplificati, accompagnati spesso da incertezze ed errori nel realizzare l’articolazione di suoni. Lo stile espressivo è schematico, caratterizzato da frasi composte prevalentemente da sostantivi e poche forme verbali (all’infinito) con omissioni di articoli, pronomi e congiunzioni, la produzione verbale viene definita telegrafica, tale stile comunicativo può essere espressione di uno specifico deficit dell’elaborazione sintattica agrammatismo, non presente, però, in tutti gli afasici non fluenti. Generalmente l’eloquio di questi pazienti è caratterizzato da una prosodia non conservata (disprosodia).

Tutti gli afasici sono però in grado di produrre brevi parole e frasi correttamente, quando il contesto attiva la parola in via automatica.

Alcuni Afasici non fluenti si rendono conto delle proprie difficoltà e reagiscono con violente espressioni di rabbia e sconforto (reazioni catastrofiche).

Nei pazienti afasici non vi è nessuna difficoltà nel riconoscere gli oggetti gli errori sono commessi a causa delle difficoltà a produrre risposte verbali corrette.

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Gli errori frequentemente riscontrabili sono:

Anomie: il paziente non produce alcuna risposta verbale nonostante, può darsi, sappia di che oggetto si tratti.

Circonlocuzione: è la risposta per la quale il paziente cerca di esprimere il significato con una perifrasi ( tavolo- invece- di mangiare)

Parafrasia semantica: è una risposta semanticamente correlata allo stimolo (mano- guanto)

Parafrasia Fonemica: è un errore in cui è alterata la sequenza dei fonemi ( cane- cate)

Parafrasia Fonetica: quando la parola prodotta contiene distorsioni nell’articolazione dei fonemi

Neologismo: se la risposta consiste in una parola senza senso.

I più evidenti e caratteristici disturbi presentati dai pazienti afasici riguardano il livello semantico del linguaggio. Sia gli afasici fluenti che non hanno difficoltà nel ricercare all’interno del proprio lessico parole corrispondenti ai concetti da esprimere.

I pazienti risultano avere più difficoltà produrre parole astratte, rispetto alle parole concrete e verbi, aggettivi e funtori grammaticali rispetto ai sostantivi.

Le afasie fluenti sono associate a danni delle regioni posteriori, temporo parietali, dell’emisfero sinistro, mentre le afasie non fluenti sono correlate perlopiù a lesioni anteriori, che coinvolgono le aree frontali dell’emisfero sinistro.

Nell’ambito di questi due gruppi si differenziano le sindromi afasiche per il comportamento osservato ai compiti di ripetizione e di comprensione. Quattro sono le sindromi afasiche caratterizzate da disturbi della ripetizione:

  • Afasia Globale: gravi deficit di tutte le abilità linguistiche, l’eloquio spontaneo e non fluente è ridotto a pochi frammenti sillabici e stereotipati di nessun valore informativo, comprensione verbale molto povera o assente, linguaggio scritto compromesso. I pazienti coscienti del loro stato reagiscono con reazioni catastrofiche, altri risultano afasici isolati. Le lesioni comprendono sia regioni anteriori che posteriori dell’emisfero sinistro.
  • Afasia di Broca: (afasia motoria) parole isolate e frasi brevi, eloquio non fluente con disprosodia. Stile telegrafico talora chiaramente agrammatico. Difficoltà nel compito di denominazione, riescono, talora, a produrre correttamente serie automatiche del linguaggio. Si possono riscontrare reazioni catastrofiche. La comprensione è meno compromessa dell’eloquio, il linguaggio scritto è deficitario. Le lesioni sono anteriori a carico del lobo frontale di sinistra ( una regione, l’opercolo frontale, una porzione del giro frontale inferiore è denominata area di Broca) che avrebbe un ruolo determinante nella produzione del linguaggio articolato. I disturbi afasici si associano frequentemente a debolezza degli arti (emiparesi) o paralisi completa degli arti di destra (emiplegia).
  • Afasia di Wernicke: (afasia sensoriale) è caratterizzata da un eloquio fluente e prosodico, ma ricco di errori fonetici, lessicali e sintattici. I pazienti sono logorroici ma le frasi e le parole non sono in relazione tra di loro. Sono frequenti stereotipi e intercalari, con produzione verbale del tutto incomprensibile (gergo verbale). Presenza nel paziente di anosognosia. La lesione cerebrale più frequente è alle aree posteriori sinistre (in particolare la parte postero-superiore del giro temporale superiore, area di Wernicke), il cui ruolo fondamentale è nella comprensione uditiva.
  • Afasia di conduzione: è un’afasia fluente , riconoscibile per un deficit della ripetizione più marcato.
  • Afasie transcorticali: caratterizzate da un relativo risparmio della ripetizione; transcorticale sensoriale afasia fluente in cui la comprensione, denominazione e competenze del linguaggio scritto sono gravemente deficitarie, ripetizione conservata, in particolare automatica (ecolalia); transcorticale motoria netta discrepanza tra eloquio spontaneo, non fluente, molto povero, disprosodico, e ripetizione ben conservata con tendenza all’ecolalia. Le capacità di comprensione sono relativamente risparmiate, deficit, invece, del linguaggio scritto; transcorticale mista gravissimo deficit della comprensione, dell’eloquio spontaneo e del linguaggio scritto, alcune forme di linguaggio automatico, in alcuni casi, sono le uniche superstiti.
  • Afasia Anomica: relativo risparmio della capacità di ripetizione rispetto al prominente deficit della ricerca delle parole, anche la comprensione verbale e le competenze per il linguaggio scritto sono comparativamente meno compromesse della produzione verbale.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Intrecci di Memoria: autobiografica e storica – Podcast

La nostra prossima tappa ci permetterà di viaggiare in quella parte della nostra mente dove persistono i ricordi. Memorie di Immagini, odori, sapori, sensazioni.. suoni.. emozioni.. ricordi, che si intrecciano e danno vita alla nostra memoria autobiografica, ma anche alla memoria collettiva e storica.
Come possono intrecciarsi la memoria autobiografica e la memoria storica?
Scopriamolo insieme.. buon ascolto!

Intrecci di Memoria: autobiografica e storica – Podcast – In viaggio con la Psicologia
Intrecci di Memoria: autobiografica e storica – Podcast – Spotify

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Unendo le stelle (più pillole di fisiologia).

Stasera i miei neuroni son belli che in overlapping allora il pezzo è bello tranquillo ..

Stavo però pensando..

Quando studiavo all’università le ricerche in ambito “neuro” erano ancora in corso e il mio professore disse “mi raccomando ragazzi.. attenti alle sostanze che consumate con beata incoscienza nella striscia – una zona dell’università dove crescevano erbe di campo– perchè i neuroni quelli sono e se li perdete ve li siete giocati a vita”.

Toh! Professore… sembrerebbe – da ricerche recenti- che invece i neuroni siano capaci di rigenerarsi e fino all’età di 90 anni ma… solo nelle persone sane e in particolar modo nella zona dedicata alla memoria, detta ippocampo.

La ricerca è stata pubblicata su Nature Medicine ed è stata condotta dal centro di biologia molecolare di Madrid.

In realtà il Professore aveva ragione:

Per preservare le cellule nervose e favorire la nueorgenesi è importante mantenere uno stile di vita sano, vivere in un ambiente stimolante e mantenere interazioni sociali.
È anche fondamentale mantenere la mente “in forma” attraverso l’esercizio e l’apprendimento continuo. La neurogenesi è infatti influenzata e favorita dai cambiamenti messi in atto per mantenersi in buona salute nella vecchiaia.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio

Prosopagnosia.

Prosopagnosia o Prosopoagnosia indica un deficit percettivo acquisito o congenito, del sistema nervoso centrale. I soggetti affetti da tale disturbo mostrano incapacità nel riconoscimento dei tratti del volto di una persona. Il disturbo può presentarsi in forma pura o associata ad altre agnosie (indica in generale un disturbo della percezione che comporta il mancato riconoscimento di oggetti, persone, forme, persino odori, in mancanza di disturbi della memoria, e in assenza di lesioni ai sistemi sensoriali). La prosopagnosia può pertanto presentarsi in comorbilità con agnosia visiva.

Un aspetto particolarmente interessante della prosopagnosia è la dissociazione tra riconoscimento esplicito e riconoscimento implicito (covert recognition). Da alcuni esperimenti sembra infatti che quando le persone affette da prosopoagnosia, vengono poste davanti a volti familiari e non, siano incapaci di identificare con successo le persone rappresentate così come sembrano incapaci di dare un giudizio di familiarità “Questa persona non mi è nuova!”. Quando però si effettua (negli stessi soggetti), una misurazione del responso emotivo (misurazione della risposta psicogalvanica), si registra una tendenza a dare una risposta emotiva davanti a immagini di persone familiari anche in assenza di un riconoscimento consapevole.

Ciò sembrerebbe dimostrare l’importanza delle emozioni e il loro ruolo cruciale nel riconoscimento dei volti; punto fondamentale se pensiamo a quanto siano state importanti, le emozioni, per la sopravvivenza dell’essere umano (pensiamo al riconoscimento facciale degli uomini primitivi circa i rappresentati della tribù di appartenenza),

https://ilpensierononlineare.com/2021/02/15/i-disturbi-dello-spazio-corporeo-emisomatoagnosia-e-somatotopoagnosia/

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

Il “fortunato” caso di Phineas Gage.

Quella di Phineas Gage è forse una delle storie più utilizzate e raccontate nei manuali e nei testi universitari di Psicologi, Neuropsicologi e probabilmente anche di Neurologi e Psichiatri.

La storia di Gage è piuttosto drammatica, ma con un probabile finale a lieto fine. Inoltre ha un grandissimo interesse scientifico, proprio a causa della eccezionalità dell’evento, assai complesso (forse impossibile) da ripetere.

Gage aveva circa 25 anni e correva l’anno 1848. Lavorava come caposquadra alla costruzione di una ferrovia nel nord-est degli Stati Uniti. Un giorno per un errore nel maneggiare un esplosivo, una sbarra di ferro, presente sul luogo dell’incidente, lunga circa un metro e pesante sei chili, proiettata in aria dall’esplosione, gli trafigge il cranio.

Photo by meo on Pexels.com

Probabilmente Gage era un uomo fortunato perché, la traiettoria della sbarra di ferro sarà tale da trafiggere la parte bassa dello zigomo, di attraversare la parte frontale del cranio, per poi uscire dalla parte alta. La sbarra la troveranno a circa venti metri dal corpo. Gage incredibilmente sopravvisse. Infatti perse i sensi per alcuni minuti, ma si risvegliò cosciente. Dopo aver curato le ferite, Gage fu dimesso e andò a vivere dai genitori. Dopo averlo soccorso, uno dei medici che lo curò, Martyn Harlow disse: “l’equilibrio tra le sue facoltà intellettive e propensioni animali sembra distrutto”.

Questo caso è portato ad esempio proprio per la comprensione del ruolo dei lobi frontali del cervello, come sede della personalità. Nonostante i danni neurologici in quest’area del cervello, una persona sarà capace di vivere e svolgere le normali funzioni, ma avrà degli evidenti cambiamenti nella propria personalità.

Prima dell’incidente (raccontano le cronache), Gage era benvoluto e determinato, un gran lavoratore. Dopo l’incidente diventa irrispettoso, volubile, osceno, incapace di tenersi un lavoro. si racconta che nel 1850 troverà lavoro esibendosi come attrazione da circo nelle città nord americane.

La sua vita, poi prenderà una svolta, troverà infatti lavoro in una ditta di trasporti in carrozza nel New Hampshire e dopo un anno e mezzo si trasferirà in Cile, dove guiderà la diligenza tra Santiago e Valparaiso. Nel 1859, la sua salute peggiorerà, sarà quindi costretto a ritornare in patria. Si riprenderà e continuerà a lavorare fino al 1860. Morirà circa 11 anni dopo il suo incidente.

Una foto di Phineas Gage e del suo cranio – (immagine google)

Nella normale narrazione che si è fatta per anni, si è dato molto risalto alle conseguenze, neurologiche e psicologiche dell’incidente, ma forse quel tipo di narrazione (Gage non era più Gage) è stata un po’ “esagerata”. In alcuni documenti trovati nel corso degli anni e risalenti al 1850 e al periodo cileno, Gage è descritto come una persona del tutto guarita e capace di lavorare e prendere decisioni. Il fatto di essere stato capace di guidare, a metà del diciannovesimo secolo, le diligenze per circa dodici ore al giorno, non era affatto una cosa semplice. Come dice Mcmillan (un ricercatore che ha studiato a fondo la sua storia) “occorrevano complesse abilità sensoriali, motorie e sociali” per fare quel tipo di lavoro.

A quanto pare Gage era riuscito a riabilitarsi, tanto da affrontare compiti impegnativi e routine ordinarie per una persona normodotata.

Negli ultimi studi fatti (basandosi sui resoconti dell’epoca e sul il cranio di Gage conservato all’epoca da Harlow), anche con tecniche computerizzate, in grado di simulare l’impatto la traiettoria della sbarra, si è potuto accertare che fu colpito l’emisfero sinistro. Erano stati danneggiati tratti della materia bianca nel lobo frontale sinistro, ma non nel destro. In realtà poi questi studi concludono che in effetti non possiamo avere la certezza assoluta del percorso della sbarra e delle parti del cervello danneggiate, perché la posizione del cervello nel cranio e la locazione dei vari centri al suo interno possono cambiare leggermente da persona a persona; inoltre si ignorano i danni aggiuntivi dovuti all’impatto, all’ematoma, alla perdita di sangue, alle schegge di osso e alle probabili infezioni.

In ogni caso, se l’emisfero destro era rimasto intatto è molto facile immaginare che avesse supplito, sostituendosi, alle funzioni perse all’emisfero sinistro.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

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