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La Comunicazione

La comunicazione si può definire come uno scambio di informazioni e significati tra due o più individui, che hanno intenzionalità reciproca nel condividere e costruire un’informazione attraverso dei sistemi simbolici convenzionali di riferimento.

La comunicazione, quindi, nasce dall’interazione e produce significati; è un’attività sociale che caratterizza ogni essere umano e contribuisce a formare e consolidare il nostro senso di identità.

Un primo approccio “matematico” alla comunicazione, quello di Shannon e Weaver (rappresentato nella figura sotto), intendeva la comunicazione come un processo lineare, in cui non è tanto rilevante il contenuto del messaggio, che passa decisamente in secondo piano.

Nello schema di Shannon e Weaver è possibile osservare che un segnale (messaggio) passa dal mittente, attraverso un trasmettitore, al destinatario, attraverso un recettore, lungo un canale fisico (supporto materiale). Il messaggio, in sostanza, deve essere codificato da chi lo emette e decodificato da chi lo riceve.

Modello Comunicazione di Shannon – Weaver – (fonte google)

Il contesto, in cui avviene la comunicazione, in questo modello, gioca un ruolo poco importante. Sono previsti, però, dei “rumori” (fattori di disturbo) lungo il canale, che possono disturbare la trasmissione corretta del messaggio.

Inoltre, bisogna che ci sia un feedback (segnale di ritorno) per segnalare che il messaggio è arrivato a destinazione.

Il difetto di questo modello è che riduce di tanto la complessità della comunicazione umana. Si danno per scontato quelli che sono i processi di interpretazione, l’ambiente, la cultura, il contesto comunicativo e gli eventuali problemi psicologici, di chi comunica.

Non molto tempo dopo, l’approccio relazionale di Paul Watzlawick (1971) descriverà la comunicazione come un processo di interazione tra due o più persone. La vera svolta però sarà il primo assioma della sua “pragmatica della comunicazione“.

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Egli ritiene infatti che non si può non comunicare; in una interazione è impossibile non comunicare nulla. Quindi per comunicare non c’è bisogno dell’intenzione. L’interazione è un sistema aperto che consente la possibilità di perturbazioni della comunicazione.

La comunicazione si basa secondo Watzlawick, su cinque assiomi che descrivono proprietà semplici della comunicazione; tali proprietà hanno fondamentali implicazioni
interpersonali.

  • Non si può non comunicare.
  • Ogni comunicazione ha due livelli: uno di contenuto e uno di relazione, quest’ultimo ha valore metacomunicativo, perché classifica e contestualizza il primo.
  • La natura della relazione dipende dalle punteggiature delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.
  • Gli esseri umani comunicano sia in modalità numerica (digitale) sia in modo analogico (verbale e non-verbale).
  • Gli scambi comunicativi sono simmetrici o complementari.

Per approfondire, ecco due articoli sul primo e secondo assioma della comunicazione.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi
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Comunicare e meta-comunicare.

“Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi meta-comunicazione”

Paul Watzlawick

Questo è il secondo assioma della comunicazione di Paul Watzlawick (“Pragmatica della comunicazione umana“).

Il primo assioma postulato da Watzlawick recità così: “Non si può non comunicare” (ne parlai, tra gli altri, in questo post un po’ di tempo fa Comunico ergo sum | ilpensierononlineare).

Immagine google

Cosa voleva dire Watlawick con il secondo assioma? In effetti questo enunciato sintetizza in maniera estremamente efficace due caratteristiche essenziali della comunicazione umana. In ogni comunicazione esiste un aspetto che riguarda il contenuto (la notizia contenuta nel messaggio espresso) e un aspetto di “comando” che riguarda essenzialmente il tipo di messaggio che viene espresso (definisce la relazione tra i comunicanti, una “cornice relazionale”).

Watzlawick sostiene che in genere le relazioni sono definite consapevolmente, per quello che sono, solo raramente. Sembra infatti che una relazione più è spontanea e “sana” tanto più l’aspetto relazionale della comunicazione tende a stare sullo sfondo. Nelle “relazione malate” invece l’aspetto “relazionale” prende il sopravvento, perché c’è una continua lotta, tra i comunicanti, per definirlo, ma l’aspetto di “contenuto” passerà in secondo piano e diventerà sempre meno importante.

In tutte le comunicazioni c’è quindi un rapporto molto stretto tra l’aspetto di contenuto (notizia) e quello di relazione (comando). “Il primo (contenuto) trasmette i dati della comunicazione, il secondo il modo in cui si deve assumere tale comunicazione (ad es: Questo è un ordine! – Sto solo scherzando, tranquillo.. questi sono esempi verbali di comunicazione sulla comunicazione) . Le informazioni sulla natura della relazione definiscono e caratterizzano il contenuto del messaggio, sono quindi di un tipo logico più elevato: sono quindi Meta-informazione (Meta-comunicazione – sono informazioni sull’informazione).

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Anche il contesto fisico, in cui ha luogo la comunicazione, può definire il livello di “relazione”; sarà diversa una conversazione fatta con degli amici al bar, da quella fatta in famiglia oppure a lavoro. Ovviamente una comunicazione in cui c’è confusione tra il livello di contenuto e di relazione ci possono essere dei problemi e confusione.

Watzlawick infine sottolinea il fatto che la capacità di Metacomunicare nella maniera giusta è la conditio sine qua non della comunicazione efficace ed è strettamente collegata con la capacità della persona di aver consapevolezza di sé e degli altri.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Il tutto del niente.

Immagine Personale : “Parole che si susseguono come onde – trasportate – dalla marea dei pensieri”.

“Che hai?”…. “Niente!”… “Cosa è successo, oggi?”… “Niente!”… “Cosa stai provando, ora?”.. “Niente!”

Niente piccola parola che utilizzata come pronome e sostantivo indica “nessuna cosa”; ha lo stesso significato di nulla.

Spesso utilizzato in maniera sbrigativa quando stanchi di dare risposte, spiegazioni e attenzione a chi o cosa non vogliamo, liquidiamo il tutto con un bel “niente”. A ben vedere niente è la parola vuota maggiormente piena che possiamo utilizzare.

Lo psicanalista Jacques Lacan – partendo da Freud- propose la dicotomia parola piena/parola vuota. La parola piena è quella che ha il potere di risolvere le formazioni dell’inconscio, di converso la parola vuota è quella svuotata di questo potere. Secondo Lacan la parola piena consta di 3 caratteristiche (contrapposte ad altrettante 3 caratteristiche che appartengono alla parola vuota).

La parola piena è la parola dell’anamnesi, quella cioè capace di ritornare sulla storia del soggetto; la parola vuota è quella invece che si fissa sull’hic et nunc (qui ed ora) è quindi una parola che fermandosi sull’attuale prescinde dalla storia del soggetto.

La parola è piena quando è intersoggettiva ovvero quando è messa in “relazione” tra due soggetti; la parola è vuota quando è intrasoggettiva ovvero è una parola del monologo interiore, quella che usiamo per parlare con noi stessi.

La parola piena è quella dell’interpretazione; la parola vuota è quella dell’analisi delle resistenze.

In un certo senso quando abbiamo la sensazione di concludere una conversazione con un “niente”, di fatto.. la stiamo aprendo. In maniera inconscia o meno stiamo lanciando un segnale di profondo tutto; stiamo dicendo all’altro e a noi stessi che (ci sarebbe) così tanto da dire, da non riuscir a manipolare il quantitativo di informazioni, di concetti, di sensazioni/sentimenti che piuttosto che andare nel profondo ad indagare questo tutto, preferiamo abbandonarci al “niente”.

Molte delle conversazioni o degli scambi tra persone sono interrotti non per “non comunicabilità” (a tal proposito è interessante l’articolo del mio collega, in merito alla comunicazione), sappiamo infatti che non si può non comunicare.

Comunicandoti il mio niente, ti ho comunicato il mio tutto. Quanto siamo disposti ad andare oltre l’apparenza del nulla per scoprire la pienezza del niente?

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.