„La storia individuale del malato e l’intera vita del malato non devono mai passare in second’ordine.“
Oliver Sacks
Oliver Sacks era un medico neurologo, ma nonostante la sua formazione medico-scientifica, aveva compreso la necessità e l’importanza di una visione bio-psico-sociale della malattia e del paziente. La storia delle persone e le persone non devono assolutamente passare in secondo piano, perché forniscono una cornice di senso al sintomo e alla malattia per quel paziente, per quella famiglia.
Questo approccio, purtroppo, è molto sottovalutato in Italia sia da molti medici sia dagli stessi pazienti. Guardare alla persona nella sua interezza e non esclusivamente “in vitro” a se stante, “scollegata” da tutto il resto, limita tantissimo la possibilità di curare il malato e garantirgli un benessere psico-fisico.
Non posso capire la complessità e il malessere di un malato, per quel determinato sintomo, se mi concentro solo sull’organo malato o sulla patologia che lo ha fatto ammalare. Non posso in questo modo avere una visione del tutto e probabilmente trascurerei tanto e non comprenderei a fondo il malessere, per quella persona.
L’esempio più palese di questo approccio miope dell’ ottima scienza medica italiana è relativo alle modalità e alla gestione dell’emergenza covid da parte del Comitato Tecnico Scientifico e del Governo, che ha completamente “dimenticato” la sfera psicologica e sociale dai suoi piani di intervento sulla popolazione, salvo provare a rimediare in maniera piuttosto confusa e insufficiente in un secondo momento. Questa “miopia” ingiustificata è frutto di un approccio medico “anziano”. Ciò non ha fatto altro che alimentare malessere, disturbi legati all’ansia, all’umore, al comportamento, sia in pazienti covid, sia nel resto della popolazione fortunatamente non contagiata.
„Non c’è nulla di vivo che non sia individuale: la nostra salute è nostra, le nostre malattie sono nostre, le nostre reazioni sono nostre, non meno nostre e individuali della nostra mente e della nostra faccia. Salute, malattie e reazioni non possono essere capite in vitro, da sole; possono essere capite solo se riferite a noi, quali espressioni della nostra natura, del nostro vivere, del nostro esser-ci“
Il 9 Luglio del 1933 nasceva a Londra, Oliver Sacks. Un nome destinato a restare nella mente e nel cuore di molti appassionati e “tecnici” non solo della medicina, neurologia o neuroscienze ma anche e – soprattutto- un nome destinato a restare nel cuore e nella mente dei tanti pazienti “che mi hanno salvato”, come lui stesso dirà.
Qualche curiosità:
Il primo amore e grande interesse di Sacks fu quello per la chimica. E’ in Zio Tungsteno – Ricordi di un’infanzia chimica (2001), che l’autore descrive questa sua grande passione. Il libro (un’autobiografia), racconta inoltre dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, della sua fuga da Londra a causa degli attacchi aerei nazisti, del bullismo e delle severe punizioni subiti nella nuova scuola. I genitori di Sacks erano due influenti medici ebraici che portarono il giovane a scegliere lo studio della Medicina tuttavia l’amore per la chimica non fu mai messo del tutto da parte, tanto che Oliver affidò delle riflessioni sulla Tavola periodica degli elementi – vista come emblema del concetto di eternità – al New York Times.
Il fratello Michael era schizofrenico; i genitori dei due ragazzi non riuscirono ad accettare da un lato, la malattia di Michael e dall’altro l’omosessualità di Oliver il che portò il giovane a scappare prima in Canada poi negli Stati Uniti. Sacks provò però un fortissimo senso di colpa, per essersi allontanato dalla famiglia; senso di colpa che lo accompagnò per tutta la vita.
Nel 1966 Sacks ebbe modo di vivere l’incontro più folgorante di tutta la sua carriera, quello con alcuni invalidi neurologici cronici presso il Beth Abraham Hospital, nel Bronx. Si trattava di pazienti bloccati come delle statue, che vivevano inoltre in condizioni di torpore e immobilismo cronico che Sacks riconobbe come una conseguenza dell’encefalite letargica, una malattia infiammatoria dell’encefalo comparsa come epidemia nel 1916-17. Sacks ottenne dalla Food and Drugs Administration il permesso di testare il levodopa (L-dopa), un nuovo farmaco che stava dando buoni risultati contro la malattia di Parkinson, su questi pazienti, con risultati tanto imprevedibili quanto entusiasmanti. Dal saggio che lui scrisse successivamente (conosciuto come Risvegli), fu tratto il famoso film con Robin Williams; tra i due nacque una profonda amicizia.
Sacks aveva un incredibile dono della comunicazione; è riuscito nel tempo a descrivere in una maniera fortemente poetica e letteraria i suoi casi clinici, consegnando alla memoria diversi libri e frammenti letterari facilmente fruibili e comprensibili non solo ad un pubblico di tecnici, ma anche di curiosi e appassionati.
Una delle notizie più interessanti è che Sacks stesso soffriva di prosopoagnosia pertanto egli era incapace di riconoscere i volti familiari anche dopo tanti anni. Nel 2010 Sacks raccontava di come mostrasse ancora difficoltà nel riconoscere il volto del suo analista, nonostante lo vedesse 2 volte alla settimana.
Sacks e la musica: un rapporto così forte e intenso, che nel 2007 l’autore pubblica Musicofilia, un testo in cui la relazione musica cervello è descritta in una maniera incredibile! Viene inoltre descritta la perfetta sintonia ritmica raggiunta da una trentina di pazienti affetti da Sindrome di Tourette, un disordine neurologico caratterizzato dalla presenza di insistenti tic motori, durante l’esecuzione di un pezzo ritmico, in cui i tic, come per incanto, scompaiono.
Oliver Sacks era inoltre cieco ad un occhio a causa dell’uso di un laser per curare un melanoma all’occhio destro. Anche questa esperienza fu trasformata in un libro, The Mind’s Eye (L’occhio della mente, 2010), in cui ripercorre la strada della perdita parziale della vista anche attraverso altri casi neurologici (come quello di Sue Barry, incapace di visione stereoscopica, che vedeva il mondo con un occhio alla volta).
Sacks ripeteva di continuo che i suoi pazienti lo avevano più volte salvato. Fu accanito body builder poi motociclista amante della velocità, appassionato di sport estremi (come il surf) e fu proprio cavalcando un’onda che rischiò seriamente la vita, fino a giungere a provare droghe come l’LSD (in pieno stile sperimentazione dell’epoca). Questo auto esperimento lo portò a comprendere maggiormente le allucinazioni dei suoi pazienti. Sacks però specificò diverse volte che l’uso di LSD fu “una cosa veramente stupida” .
A 77 anni il nostro Oliver trovò l’amore, iniziando una relazione con Billy Hayes, scrittore e autore di diverse pubblicazioni mediche, al quale Sacks ha dedicato On the Move (In Movimento), sua ultima opera. A 18 anni, Sacks dovette confessare al padre (ricordiamo che la sua famiglia era una famiglia ebrea ortodossa in cui il clima era molto severo), il suo orientamento sessuale.
Poi.. perchè ricordare ancora Sacka e la sua incredibile vita?
Perchè Sacks nel suo testamento, poco prima di morire, scrisse:
“Non posso fingere di non avere paura. La mia attuale sensazione predominante, però, è di gratitudine. Ho amato e sono stato amato. Mi è stato dato tanto e qualcosa ho restituito. Ho letto e viaggiato e pensato e scritto. Ho avuto una relazione col mondo, quella speciale relazione tra scrittori e lettori. Soprattutto, sono stato un essere senziente, un animale pensante di questo splendido Pianeta, ed è stato un enorme privilegio e un’immensa avventura”