In questi giorni di fine agosto, quelli che metaforicamente portano alla fine dell’estate e che ci dirottano verso i progetti autunnali, ho un po’ abbandonato la scrittura degli articoli scientifici per abbandonarmi maggiormente alle riflessioni di pancia.
Ognuno ha i suoi tempi: spazi e vissuto aprono finestre sull’esistenza che ciascuno decide di vivere nel rispetto del proprio essere.
All’interno delle mie scarpe c’è una piccola frase (che vedrete nella foto); una frase che spinge a camminare.
Qualcuno forse saprà quanto ami lo sport (ne ho parlato) e forse sapete quanto sia camminatrice aggressiva (e se dico aggressiva, dico aggressiva.. provate a camminare con me).
Vedevo le paraolimpiadi e avevo la pelle d’oca per come questi uomini e queste donne, siano capaci “di camminare”, nonostante tutto.
Non tutti hanno problematiche dalla nascita (ne abbiamo esempi con la nostra Bebe); altri invece hanno disabilità da sempre..
Il discorso è -comunque- sempre lo stesso: non possiamo considerare il tutto da un’ottica egocentrica “io non ce la farei mai.. oh… come fa a non vedere?”.. Ho sempre trovato questi discorsi privi di contenuto.
Una delle metafore più belle mi si è palesata con la corsa: l’atleta e la sua guida, fidarsi e affidarsi reciprocamente… correre allo stesso passo.. tenersi con una corda sottile sottile e darsi la carica.
Esserci: Al -reciproco- fianco.
Possiamo sempre decidere se e come vivere, se e come sorridere, se e come affrontare, se e come camminare.
Tu…Vuoi camminare?

“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.