Lo stimolo a far sempre meglio e alla ricerca continua della perfezione è una delle chiavi del successo (in particolare nel lavoro), ma se si trasforma nella ricerca di una perfezione difficilmente raggiungibile, allora può diventare unavera e propria malattia.
Il perfezionismo è un tratto della personalità molto importante. Consente infatti di orientare il processo creativo ed il lavoro, fino ad essere determinante per la riuscita degli obiettivi prefissati. In tal senso, una buona dose di perfezionismo può aiutarci tantissimo, perché ci consente di essere efficaci e ci spinge a sfidare noi stessi e a dare il meglio di noi in ogni cosa.
Ma c’è il risvolto della medaglia. Se il perfezionismo comincia ad assumere proporzioni esagerate, diventa incontrollabile e può intrappolare in un loop ossessivo sia coloro che ne soffrono, sia coloro che ci vivono accanto.
Esistono tre tipi di perfezionismo:
- quello orientato verso di sé, che consiste nell’esigere la perfezione da se stessi;
- quello orientato verso gli altri, in cui siamo noi ad esigere la perfezione dagli altri che ci circondano;
- quello socialmente prescritto, e cioè richiedere perfezione verso l’ordine sociale.

Il perfezionismo orientato verso di sé rappresenta un fattore di vulnerabilità per una psicopatologia. Ad esempio, in situazioni di stress, chi ne è affetto rischia. Il perfezionismo sociale può generare un sentimento di impotenza simile a quello delle persone depresse. Il perfezionismo orientato verso gli altri, potrebbe avere effetti devastanti, specialmente all’interno delle relazioni dove il perfezionista esige in modo quasi tirannico che il partner sia perfetto (secondo i suoi standard) e lo critica in continuazione.
Quindi se il perfezionismo risulta essere un carattere prevalente e rilevante, può causare vari sintomi; in particolare una insoddisfazione permanente e una paralisi all’azione. In questo caso il perfezionismo diventa “tossico” e bisognerebbe intervenire per rimediare e contenerlo, perché può assumere facilmente i contorni di una psicopatologia.
Le aspettative del perfezionista tossico sono sempre troppo elevate, e si impone sempre e soltanto obiettivi irraggiungibili, non è mai soddisfatto dei risultati ottenuti. I perfezionisti tossici sono eterni insoddisfatti e invece di ammettere dell’impossibilità dei loro obiettivi, pensa di non essere abbastanza bravo per raggiungerli. Questo tipo di atteggiamento li porteranno a perdere fiducia in se stessi e quindi a imporsi degli obiettivi ancora più assurdi (ovviamente saranno destinati a fallire in continuazione). Questo perfezionismo è definito di valorizzazione: per sentirsi valido una persona deve essere perfetta.
Malgrado poi alcuni successi, il perfezionista tossico, sarà sempre e comunque insoddisfatto si se stesso. Non sa godere dei momenti di piacere e di gioia. Teme l’errore e il fallimento ed è terrorizzato dall’imperfezione. I perfezionisti sono spesso anche ossessionati dal senso dell’ordine e del dettaglio. Hanno difficoltà a prendere decisioni, rimandano spesso o fanno decidere gli altri. Inoltre non sopportano le critiche.
Ma non bisogna demonizzarlo, a esserne consapevoli. Il perfezionismo se è moderato è assolutamente benefico; infatti le aspirazioni sono elevate, ma non irrealizzabili e raggiunti gli obiettivi si è fieri di se stessi. Questo perfezionismo buono si accompagna ad un sentimento di soddisfazione personale. L’errore è visto come fattore positivo e punto di partenza: sbagliando si impara.
“Finisce bene quel che comincia male”
dott. Gennaro Rinaldi