“Non si può giocare davvero a nessun gioco se si sa in anticipo di vincere sempre”.
Massimo Recalcati.
Sapete -ormai- che sono un’appassionata del gioco, sia esso in forma prettamente sportiva che – soprattutto- di fantasia.
Proprio la sfera della fantasia (che in psicoanalisi assume però sfumature particolari e specifiche; prima o poi mi toccherà un approfondimento), e del gioco mi sono ampiamente utili durante lo svolgimento/osservazione dei colloqui clinici.
Uno dei problemi maggiormente evidenziati, negli anni recenti, è proprio l’impossibilità dell’accettare da parte dell’utente di turno (che si tratti di un bambino o di un adulto) la possibilità di perdere.
Evitare e negare la possibilità di “non vincere” limita ampiamente la nostra possibilità di fare esperienza anche e soprattutto dell’errore.
Vincere senza godere della partita, senza sudare farsi male e sbucciarsi le ginocchia, sapendo che il trofeo è lì che ci aspetta ancora e ancora, rende il gioco di fatto nullo e finto.
A chi piace la finzione?
“Finisce bene quel che comincia male” .
Dott.ssa Giusy Di Maio.
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