” […] Ancora una resistenza dell’Io, di tutt’altra natura però, è quella che proviene dal tornaconto della malattia[…] La quinta resistenza, quella del Super-Io[…] è la più oscura anche se non sempre la più debole: sembra che scaturisca dal sentimento di colpa o dal bisogno di punizione: questa resistenza ostacola qualsiasi successo, e perciò anche la guarigione attraverso l’analisi..”
S. Freud, 1925.
“Ammiro chi resiste, chi ha fatto del verbo resistere carne, sudore, sangue, e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere, e vivere in piedi, anche nei momenti peggiori.”
Luis Sepùlveda
La resistenza è un termine che in psicologia (nello specifico in Psicoanalisi) viene utilizzato per indicare un’opposizione inconscia ad accedere alle proprie dinamiche profonde, da parte della persona sottoposta ad analisi.
Secondo Freud, questa difesa inconscia, si accentua man mano che ci si avvicina al nucleo centrale patogeno nel corso della terapia.
La resistenza svolge quindi una sorta di funzione difensiva e può essere messa in atto da tutte le istanze psichiche. Dall’Io attraverso la rimozione, la resistenza di transfert e il guadagno secondario della malattia; dall’Es attraverso la coazione a ripetere; dal Super Io attraverso il bisogno di punizione.
La resistenza è un’arma a doppio taglio, esegue gli interessi dell’Io o del Super Io, ma impedisce la guarigione e ostacola quindi il processo di cambiamento.
In genere è uno di quei fattori difensivi che portano ad interrompere bruscamente i processi psicoterapeutici.
Ma il termine “resistere” può essere inteso anche in maniera differente. Resistenza come resilienza, la capacità delle persone di non “spezzarsi” dinnanzi alle avversità e alle difficoltà della vita.
Resistere in tal senso rappresenta la capacità di fronteggiare in maniera adattiva le difficoltà, attingendo dalle proprie numerose risorse, per poi ri-trasformarsi dando nuovo slancio alla propria vita.
Resistere quindi significa essere consapevole che prima o poi quello “tsunami distruttivo” finirà e quindi ci sarà modo e tempo per ricostruire con materie prime più “resistenti”.
Notizia di stamattina: West Virginia, un uomo inizia a sparare verso un gruppo di persone che partecipavano ad un party. Una donna che partecipava al party ha estratto la sua arma e ha ucciso l’uomo. Il fatto sarebbe successo mercoledì. All’uomo che ha cominciato a sparare a caso verso le persone, era stato vietato di parcheggiare la sua auto nello spazio dove si stava tenendo il party.
Ad inizio settimana invece, ha sconvolto un po’ tutti la notizia dell’ennesima strage in una scuola del Texas. Un diciottenne, Salvador Ramos, ha ucciso 19 bambini e due insegnanti. Poco prima della strage nella scuola di Uvalde, aveva sparato anche alla nonna. Alla fine della vicenda Ramos verrà ucciso dalla polizia e si conteranno altri 17 feriti. La cosa più inquietante è che il ragazzo ha fatto la “cronaca” di tutti i suoi spostamenti e delle sue intenzioni, scrivendole sui suoi social in alcuni post. Sembra inoltre abbia raccontato in maniera più o meno diretta, ciò che stava succedendo ad una ragazza tedesca conosciuta su internet.
Ramos aveva acquistato le sue armi in occasione del suo compleanno.
Ramos era palesemente affetto da qualche psicopatologia, da diverso tempo.
“Quando le aveva detto delle munizioni, ad esempio, che si “espandevano a contatto con le persone”. Lei gli aveva chiesto cosa avesse in mente di fare e lui le aveva risposto: “Aspetta, è una sorpresa”. In un altro di questi messaggi, il killer le aveva scritto di aver “lanciato gatti morti contro alcune case”.” (fonte : Tgcom)
Come è possibile che un ragazzo con gravi ed evidenti problemi psichiatrici abbia accesso al porto d’armi e possa acquistare senza grossi problemi armi di diverso tipo?
In uno studio del 2016 pubblicato sull’American Journal of Medicine e frutto di un lavoro dell’Università del Nevada e della Harvard School of Public Health viene evidenziato che gli Stati Uniti hanno solo la metà della popolazione delle altre 22 nazioni ad alto reddito, ma contano da soli l’82% dei decessi legati a reati contro la persona. L’omicidio è la seconda causa di morte tra i 15 e i 24 anni, e nella stragrande maggioranza dei casi l’arma del delitto è una pistola. I ricercatori concludono che: non c’è grossa differenza nella salute psichica dei vari paesi presi in considerazione rispetto a quella dei cittadini americani ma “non possiamo che segnalare il libero accesso alle armi sia di per sé un fattore sufficiente a spiegare le differenze misurate.”
In Italia, la richiesta del porto d’armi e l’acquisto di un’arma è un processo lungo, che richiede qualche mese. Il medico di famiglia, che deve valutare inizialmente la persona che richiede il porto d’armi, deve rilasciare un certificato di buona salute fisica e psichica. E per arrivare a questo può richiedere anche accertamenti più specifici, affinché si possano escludere patologie fisiche o malattie neurologiche e psichiatriche all’Asl di competenza o ai corpi militari dello stato.
Il problema è che in tutti questi casi la valutazione spesso e volentieri è fatta da Medici con diverse specializzazioni e non da Psicologi o Psichiatri. Infatti i test cognitivi, vengono fatti solo se richiesti, ma non sono obbligatori per avere il porto d’armi.
La variabile psicologica e psicopatologica non è mai fissa e controllabile.
Una persona che pare essere in buona salute (psichica) e senza apparenti problemi ad una prima valutazione anamnestica, può nel giro di poco tempo sviluppare una grave depressione o una psicosi. Infatti un’analisi superficiale può non garantire la diagnosi di un disturbo di Personalità o una particolare fragilità psichica.
Anche fattori ambientali, come lo stress, una delusione affettiva, un lutto, la perdita di un lavoro, una separazione, possono indurre uno scompenso acuto in persone particolarmente fragili.
Inoltre il rischio maggiore per chi detiene armi (paradossalmente) è il suicidio e esiste anche una relazione accertata tra la disponibilità di un’arma da fuoco e il ricorso all’omicidio-suicidio in contesti di stragi familiari, dove la persona con problemi psichici gravi, uccide i membri della famiglia prima di togliersi la vita.
Non è facile identificare una particolare fragilità psichica o un disturbo di Personalità quando siamo in assenza di sintomatologie acute. Per questo è importante che a valutare vi sia la competenza specifica di uno specialista Psicologo o Psichiatra.
Infine, premettendo che sono personalmente molto in disaccordo con l’uso e il possesso di armi da parte della popolazione civile, credo che in presenza di questa possibilità (prevista dallo Stato) dell’uso e del possesso di armi, sia quantomeno necessario e obbligatorio prevedere controlli psicologici, psichiatrici e neuropsicologici, periodici e costanti per tutti i possessori di armi.
“Non lamentiamoci della mancanza di giustizia finché abbiamo armi, e finché siamo liberi di usarle.”
Come è potuto succedere? Cosa ha spinto l’umanità a varcare la soglia dell’impensabile?
Il giorno della memoria, come ogni anno, potrebbe essere considerato, la rappresentazione riattualizzata di un trauma collettivo globale; il palesarsi di un aspetto terrorizzante della natura umana, che si ripresenta ciclicamente nella millenaria storia dell’umanità e che con la scoperta dell’orrore dei campi di concentramento e dello sterminio di milioni di persone ci ha resi consci della possibilità dell’impossibilità.
Perché è successo ciò che è successo e come è possibile che riaccada ciclicamente?
Nei regimi totalitari in generale e in questo caso in quelli nazi-fascisti quanto più impellente era il bisogno di dare un senso alle paure primarie che si facevano minacciose, tanto più impellente era il bisogno di individuare dei capri espiatori sui quali convogliare tutti gli effetti e le conseguenze della sofferenza collettiva. Accadeva così che “distruggendone il fantasma, anche la paura sarebbe stata debellata”, così facendo, a livello psicologico nella gente si creava un senso di soddisfazione e sollievo temporaneo, che dava una illusione di vittoria.
Nel caso del regime nazista c’era bisogno di legittimare le proprie ragioni, le proprie idee di espansione. Bisognava individuare, un motivo, un nemico comune, qualcosa che giustificasse quello che stava succedendo.
Prima di tutto agire e giocare sulla paura e demonizzare un “presunto nemico”, poi deumanizzarlo per aver la libertà di cancellarlo. Deumanizzare significa negare l’umanità dell’Altro creando un asimmetria ad hoc, che giustifichi le differenze tra chi gode delle “qualità” caratteristiche prototipiche dell’umano e chi no. Deumanizzare significa avere una idea ben precisa delle qualità umane che andranno poi negate.
Lo sterminio degli ebrei e di tutti gli altri gruppi umani vittime è sorretto da una ideologia folle che appiattisce completamente le “sembianze umane” degli uomini, definendoli come bestie o oggetti.
La deumanizzazione può esprimersi in modi espliciti o sottili. A livello esplicito si attuano strategie che negano apertamente l’umanità di gruppi interi di persone, allo scopo di giustificare, sfruttamenti, deportazioni e violenze; a livello sottile invece si agisce specialmente sul quotidiano erodendo pian piano l’umanità delle persone (esempi sono le leggi emanate anche in Italia che impedivano l’ingresso nei negozi agli ebrei o addirittura nelle scuole).
“Considerare l’altro come un oggetto rinvia all’universo della mercificazione, all’uso strumentale del corpo, all’azzeramento dell’anima.”
Chiara Volpato
Insomma deumanizzare serve a pensare l’altro come un essere umano incompleto, un animale, un oggetto. Questo “pensare” l’altro in questo modo, permette di giustificare quelle azioni inaccettabili, che in un contesto normale verrebbero sicuramente condannate. Degradare e deumanizzare l’altro apre le porte a quello che è poi diventato uno sterminio di massa, attraverso l’uso “giustificato” e “negato” di azioni di violente, massacri, omicidi e torture.
“Fra gli esseri viventi l’uomo è il più pauroso e il più terribile a un tempo: trema davanti a se stesso e ai pericoli immaginari creati dalla sua mente: inventa e perfeziona i mezzi per far paura, per creare, regolare e manovrare la fisica della forza. Ma appunto perché ha paura e sa far paura, crede facilmente di potersi mettere al riparo, facendo paura. E più ha paura, più vuole provocare paura” .
(Guglielmo Ferrero)
Le dittature attraverso l’utilizzo mirato della paura in generale e della paura dell’altro e attraverso il passaggio dalla deumanizzazione si rende possibile l’idea di un progetto terrificante di annientamento di un popolo.
Coloro che hanno ottenuto il potere (dittatori, tiranni o pseudo leader), hanno la possibilità di strumentalizzare la paura dei sudditi per rafforzarsi.
Se un leader tiranno, con mire espansionistiche vuole scatenare una guerra, descriverà il nemico come un mostro, dando così un volto preciso ai timori e alle ansie del popolo. I timori e le ansie possono anche essere di natura diversa, questo non sarà un problema, verranno convogliati ugualmente verso quell’unico obiettivo.
Ma la paura è una emozione invasiva e facilmente contagiosa. Infatti la paura degli altri può rafforzare il potere attraverso la sensazione di sentirsi forti e uniti per combattere un nemico comune, ma proprio per le sue proprietà “invasive” la paura può diventare un boomerang. “Se i soggetti hanno paura del potere a cui sono sottoposti, il potere ha paura dei soggetti a cui comanda” (G. Ferrero), il potere dei dittatori e dei tiranni, vive nel continuo timore, vive nella paranoia e affoga nel sospetto. Il potere sopravvive grazie alla paura, ma vive immerso nel terrore e nella diffidenza.
“Se il potere non rispetta i principi che lo legittimano esso anziché eliminare la paura, la rafforza e la moltiplica”.
Anna Oliverio Ferraris
Ciò che rende umano l’uomo è secondo Fedidà la possibilità di comunicare (attraverso il volto, le modalità espressive, la parola, i gesti).
“Distruggere, demolire un uomo significa che le apparenze che consentivano il riconoscimento sono disfatte[…]. La demolizione di un uomo è rendere impossibile il far esistere l’umanità al suo livello essenziale, che è quello dell’apparenza”
Certe riflessioni non tramontano mai anche se appartengono a un secolo fa.
“E non possiamo meravigliarci se il rilassamento di tutti i vincoli morali tra i grandi personaggi dell’umanità si ripercuote anche sulla moralità privata, visto che la coscienza morale, lungi dall’essere quel giudice inflessibile di cui parlano i moralisti, altro non è alle origini che “angoscia sociale”
Sigmund Freud – Considerazioni attuali su la guerra e la morte (1915)