In questi mesi a causa dell’emergenza sanitaria, abbiamo purtroppo visto spesso immagini e interviste di operatori sanitari oberati di lavoro e sempre più stanchi. Costretti ad affrontare tutti i giorni turni massacranti, in una condizione di continua attivazione, costretti a scelte difficili e con la persistente paura di essere contagiati e poter contagiare.
Lavorare con questo continuo carico di stress può portare a quella condizione di logorio psicofisico chiamata sindrome di burnout (crollo, esaurimento, surriscaldamento).
Il burnout è una condizione per cui l’eccessivo stress legato al lavoro porta a una situazione psicologica, emotiva e fisica in cui ci si sente come “bruciati”, “fusi”. Una delle sensazioni è quella di sentirsi a pezzi, “sbriciolati” a livello psicofisico, per cui non si riesce più ad andare avanti sia per la stanchezza sia ed ancor più per la confusione mentale che ne deriva. Le persone che arrivano a questo livello di stress, si sentono demotivati e delusi, perché non si sentono più in grado di recuperare, non vedono una via di uscita dai propri problemi e dalla situazione che li ha portati a stare così male.
Inizialmente questa condizione era riconosciuta, in particolar modo, per quelle categorie lavorative legate alla sanità e all’assistenza alle persone. Adesso il burnout è riconosciuta anche per altre posizioni lavorative, in particolare quelle di responsabilità. Può anche essere legata a una situazione lavorativa poco soddisfacente, mal ricompensata, con troppe are lavorative e poco spazio personale.
Questa particolare forma di distress pare quindi essere sempre più diffusa, sia in questi mesi a causa dell’emergenza sanitaria, ma anche precedentemente si rivelava essere una delle principali forme di malessere individuale.
L’aspetto preoccupante di questa sindrome è legato al fatto che può condizionare in negativo diversi aspetti della vita, delle relazioni e personali: a livello psicologico ed emotivo (distacco emotivo, trascuratezza individuale e per le relazioni familiari e sociali, irritabilità, difficoltà di concentrazione); a livello fisico (senso di debolezza, insonnia, poco appetito, emicrania, disturbi gastrointestinali); a livello comportamentale (assenteismo, aggressività, e in alcuni casi abuso di alcol o sostanze).
Non si devono sottovalutare i primi segnali legati a questa sindrome, e quindi farsi aiutare da uno specialista, il rischio è quello di assistere ad una escalation in cui la persona farà più fatica a recuperare. Ma bisognerebbe addirittura agire all’origine, prevenendo almeno una parte delle cause scatenanti del burnout; evitando ad esempio di sovraccaricare di lavoro e responsabilità i lavoratori e gli operatori sanitari, valorizzando il loro lavoro in tutti i sensi.
Per approfondire l’argomento potete leggere anche il post della dott.ssa Giusy cliccando sul link sotto:
https://ilpensierononlineare.com/2018/12/10/sono-esausto-quando-lavorare-diventa-una-forma-di-disagio-a-tutti-gli-effetti/
“Finisce bene quel che comincia male”
dott. Gennaro Rinaldi
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