Negli ultimi cinquanta – sessant’anni, l’allungamento della durata media della vita nell’uomo, ha portato a due fenomeni:
la diffusione sempre più allargata di famiglie con più generazioni in cui sono viventi fino a quattro generazioni contemporaneamente (bisnonni, nonni, genitori e figli);
una sproporzione tra la popolazione anziana e quella giovane (il numero delle persone con più di 65/70 anni è maggiore di quelle al di sotto dei 15 anni).
Inoltre a differenza di sessant’anni fa, quando si considerava una persona anziana già alla soglia dei 60 anni, oggi si considera una persona anziana, dopo i 70 anni (giovani anziani) e dopo gli 80 (grandi anziani).
La persona anziana in questa fase della vita è da sempre un riferimento per il resto della società. Proprio una buona organizzazione sociale deve poter garantire in questo periodo della vita un buon livello di benessere fisico e psicologico per gli anziani. Sono infatti i rapporti sociali, associati a ruoli di interesse e di rilievo per le altre generazioni (ad esempio: nonni che presenziano l’uscita delle scuole, che accompagnano i propri nipoti a scuola, che girano per associazioni e istituzioni scolastiche per raccontare le loro esperienze) a garantire un buon livello di benessere individuale, per la persona anziana.

Questi ruoli e questi rapporti sociali, riempiono momenti di vuoto e solitudine e integrano le relazioni familiari, che restano comunque essenziali e anzi rappresentano la risorsa principale e centrale. In questo modo la persona anziana ha un ruolo attivo all’interno del suo contesto sociale, anche quando ha smesso di lavorare attivamente. Oggi infatti vedere una persona sopra i settanta, impegnata nel suo lavoro, nelle sue passioni, con i propri nipotini o in attività sociali e culturali, rimanda ad una sensazione di continuità e vitalità.
L’età anziana corrisponde quindi ad un periodo della vita molto complesso, forse il più difficile dell’intero arco di vita, ma anche il più intenso e il più bello dal punto di vista della persona che lo vive. Perché, se non c’è la presenza di particolari patologie, l’anziano è una persona dinamica e attiva che può offrire molto, sia in famiglia che nel proprio contesto sociale. Spesso vive da solo e in coppia, per scelta propria, perché intende perseguire i propri interessi, senza condizionamenti e vuole godere dei benefici, anche economici, conquistati nel corso della sua vita lavorativa, infine non vuole essere un peso per i propri figli e nipoti.
La presenza insieme di più generazioni pone la famiglia, in senso allargato, di fronte a molteplici eventi critici e compiti evolutivi e spesso rende difficili le relazioni tra genitori e figli, in particolar modo quando l’età comincia ad avanzare e quindi c’è la comparsa delle prime patologie, anche invalidanti. Praticamente in questo periodo e fase della vita, gli eventi più critici corrispondono proprio al periodo in cui l’anziano ha bisogno di assistenza perché non può più vivere da solo. In questo momento la famiglia e i figli possono reagire in maniera completamente diversa e complicando o semplificando le cose.
“Finisce bene quel che comincia male”
dott. Gennaro Rinaldi