La nostra prossima tappa ci permetterà di viaggiare in quella parte della nostra mente dove persistono i ricordi. Memorie di Immagini, odori, sapori, sensazioni.. suoni.. emozioni.. ricordi, che si intrecciano e danno vita alla nostra memoria autobiografica, ma anche alla memoria collettiva e storica. Come possono intrecciarsi la memoria autobiografica e la memoria storica? Scopriamolo insieme.. buon ascolto!
Intrecci di Memoria: autobiografica e storica – Podcast – In viaggio con la Psicologia
Intrecci di Memoria: autobiografica e storica – Podcast – Spotify
La memoria non è solo ciò che ricordiamo del passato ma è anche quell’insieme dei processi in base ai quali gli eventi del passato, influenzano le risposte future attraverso quei meccanismi di apprendimento che consentono alla nostra mente di essere in continuo sviluppo per l’intera durata della nostra vita, anche con la continua ricostruzione autobiografica..
La memoria, quindi, è fondamentale per la ricostruzione autobiografica. Il passato lascia tracce indelebili, che sarà poi il presente a ricordare. L’oggetto del ricordo investe ed incorpora significati importanti per la persona a cui esso si riferisce. Ogni ricordo ha un tono affettivo, certamente non paragonabile agli altri.
Salvador Dalì – I cassetti della memoria
Il lavoro autobiografico, si prefigge di mettere ordine ai ricordi dividendo quest’ultimi in tre momenti: l’inizio, lo sviluppo e la conclusione.
L’apprendimento della memoria autobiografica è incidentale, ciò che si ricorda è frutto del lavoro casuale di una serie di…
“Niente fa rivivere il passato più intensamente di un odore che una volta vi era associato”.
Vladimir Nabokov.
Costiera Amalfitana – Immagine personale
La memoria olfattiva ha la capacità di rievocare ricordi episodici e autobiografici anche molto lontani. Il ricordo di profumi particolari ci può riportare indietro nel tempo tanto da riportare alla luce episodi, momenti particolari o amozioni in maniera particolarmente vivida. Questa particolare esperienza sensoriale, psicologica ed emotiva è stata poi definita come Sindrome di Proust.
“Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d’un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzo di «maddalena». Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa.”
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, 1913
L’olfatto sembrerebbe quindi il canale sensoriale privilegiato per l’accesso ai ricordi autobiografici. Una delle prove a favore di questa ipotesi è il fatto che il sistema olfattivo è molto vicino “anatomicamente” alle aree del cervello deputate alle emozioni e ai ricordi (amigdala ed ippocampo).
Quindi provate a chiudere gli occhi quando sentite un profumo familiare e immergetevi nel ricordo, come fece Proust con la sua maddalena.
Propongo adesso due affermazioni: una volta lette, scegliamo quella che – a nostro avviso- descrive meglio il funzionamento della memoria umana.
Tutto ciò che impariamo viene immagazzinato nella memoria (compresi alcuni dettagli inaccessibili); tali dettagli possono però essere recuperati con tecniche come quelle dell’ipnosi o altre tecniche specifiche.
Alcuni dettagli della nostra memoria vengono persi, durante il corso della vita, per sempre. Questi dettagli persi non saranno mai recuperabili (nè con l’ipnosi nè con altre tecniche) in quanto non esistono più nella nostra mente.
La maggior parte delle persone è portata a scegliere la prima affermazione. Si ritiene – comunemente – che tutto ciò che noi apprendiamo sia depositato in memoria dove permarrà per sempre (anche se non immediatamente disponibile).
La verità è che noi abbandoniamo in continuazione ricordi ed elementi delle nostre esperienze percettive, anche quelle più comuni e che fanno parte della nostra quotidianità. Se ad esempio ci chiedessimo se stamattina, quando siamo scesi in strada, abbiamo incontrato prima un uomo o una donna (ad eccezione dell’incontro di un amico o conoscente), molto probabilmente la domanda sarebbe di difficile risposta.
La memoria umana non è -infatti- un fedele registratore di quanto ci è intorno (o della nostra vita). Un aspetto molto interessante circa la nostra memoria, concerne quella visiva e la sua relazione con la testimonianza oculare. Molti studiosi (partendo da Cattell nel 1895) hanno avuto modo di evidenziare come la memoria del testimone oculare non sia del tutto attendibile.
L’abilità degli individui a ricordare i dettagli (o eventi a cui hanno preso parte), è scarsa e diminuisce man mano che aumenta il tempo di separazione dall’evento stesso. Vi sono però molte situazioni in cui gli individui sono chiamati a testimoniare; pertanto la domanda diventa “bisogna sempre credere al testimone oculare?”.
Di questo punto si è occupata in particolare Elisabeth Loftus (1974) conducendo degli esperimenti per valutare l’affidabilità del testimone oculare.
Uno degli esperimenti era legato al ricordo di incidenti automobilistici: ai soggetti venivano mostrati 7 filmati con una durata tra i 5 e 30 secondi(questi filmanti mostravano veri incidenti d’auto racchiusi nell’archivio del dipartimento di polizia). Dopo tale visione ai soggetti sperimentali veniva sottoposto un questionario con tutta una serie di domande inclusa la domanda cruciale, legata all’andatura della velocità delle auto nel momento dell’incidente. I soggetti ricevevano tutti la stessa domanda (lo stesso questionario) ma questa domanda era formulata in modo diverso (ad alcuni era chiesto dell’auto fracassata, ad altri dell’auto scontrata, toccata.. sbattute).
I risultati mostrarono che il termine influenzava la risposta; anche se i soggetti avevano assistito allo stesso incidente, in base al termine usato (più o meno grave), la risposta si modificava (con significative differenze statistiche).
In sostanza il termine produceva nella memoria del soggetto il ricordo di un incidente più o meno grave (compatibilmente con un termine più o meno grave/aggressivo, usato).
In conseguenza di questi studi e di tutti i filoni di ricerca derivati, ci si è posti il dubbio in merito alla testimonianza (spesso decisiva) offerta dai testimoni oculari; testimonianza da cui dipende il più delle volte la presa di decisione di una condanna.
Possiamo indurre un testimone (consapevolmente o inconsapevolmente) a dichiarare il falso?
La memoria non è solo ciò che ricordiamo del passato ma è anche quell’insieme dei processi in base ai quali gli eventi del passato, influenzano le risposte future attraverso quei meccanismi di apprendimento che consentono alla nostra mente di essere in continuo sviluppo per l’intera durata della nostra vita, anche con la continua ricostruzione autobiografica..
La memoria, quindi, è fondamentale per la ricostruzione autobiografica. Il passato lascia tracce indelebili, che sarà poi il presente a ricordare. L’oggetto del ricordo investe ed incorpora significati importanti per la persona a cui esso si riferisce. Ogni ricordo ha un tono affettivo, certamente non paragonabile agli altri.
Salvador Dalì – I cassetti della memoria
Il lavoro autobiografico, si prefigge di mettere ordine ai ricordi dividendo quest’ultimi in tre momenti: l’inizio, lo sviluppo e la conclusione.
L’apprendimento della memoria autobiografica è incidentale, ciò che si ricorda è frutto del lavoro casuale di una serie di fattori, che impongono infine la sopravvivenza di un determinato ricordo. Noi riscriviamo in continuazione le storie di vita personali, caricandole ogni volta di una sfaccettatura emotiva differente, che corrisponderà, necessariamente, al nostro giudizio personale successivo.
La funzione primaria del ricordo autobiografico sta nella definizione del sé e degli altri. La memoria ci insegna la vita prestandoci il suo apprendimento; memoria e oblio sono facce della stessa medaglia, aspetti opposti, che conferiscono senso alla vita. Il ricordo, che sia di un individuo o di un gruppo è la fonte delle origini, delle trasformazioni e delle differenze rispetto al passato; è inoltre indicatore dell’unicità e dell’irripetibilità dell’individuo. L’oblio vela il ricordo dell’infanzia e di un passato da non ricordare; dimenticare per poter sostituire un ricordo vecchio, con un apprendimento nuovo, che corregga errori e che si sostituisca a vecchi schemi. La memoria è essenziale all’apprendimento; è il meccanismo attraverso il quale le esperienze vengono incorporate dall’organismo così da potersi tradurre in modifiche adattive del comportamento.
“L’oblio è un antidoto necessario contro gli eccessi della memoria”