Nel suono nasciamo immersi come siamo, nel bagno del ritmo del battito cardiaco materno che accompagna la nostra crescita quando nell’utero siamo accolti.
Nel suono incontriamo l’altro offrendo lui le nostre produzioni sonore (le parole); nella negazione del suono evitiamo o respingiamo l’altro (la negazione della parola).
Si parla, si canta, si tamburella un ritmo.
Una certa melodia è mia, una tua, sua e spesso nella “nostra canzone” incontriamo e rinsaldiamo l’amore.
Questo è il mio suono: uno shampoo veloce di prima mattina in una giornata di almeno 30 gradi. I capelli grondanti percorrono i solchi della schiena mentre stendo i vestiti porgendoli all’ingordo sole che da loro, risucchia tutta l’acqua..
Una gonna leggera e colorata, della scarpette di tela senza lacci, una canotta sottile e corta un bracciale pesante e avvolgente quasi su, vicino la spalla.
Si corre in strada, in studio.
Si prende un caffè al volo, magari a via Duomo, c’è il vociare del mercato, le canzoni che le signore cantano nelle loro cucine vista blu profondo.
C’è calore, c’è suono..
C’è emozione.
I capelli sono ormai asciutti e un riccio continua imperterrito a cercare l’affetto del rossetto rosso che avido ricopre le labbra.
Lo studio è in un vicolo fresco che squarcia -facendo l’occhiolino- la bollente strada principale.
Canto perché questo so fare: giocare con il ritmo, prendermi gioco del suono, abbracciare il silenzio e camminare -mano nella mano- con il palcoscenico della vita.
Tu: che suono sei?
Dott.ssa Giusy Di Maio, Ordine Degli Psicologi della Regione Campania, matr. 9767