Da uno studio realizzato dall’istituto Superiore di Sanità basato sul sistema di sorveglianza PASSI (Progressi per le Aziende Sanitarie per la Salute in Italia – che raccoglie informazioni e monitora la situazione sui sintomi depressivi su campioni di adulti rappresentativi in Italia), durante le varie fasi della pandemia ed in particolare nei periodi di lockdown, si è registrato un aumento delle sintomatologie depressive in tutta la popolazione italiana ed in particolare tra i giovani tra i 18 ed i 34 anni di età.
Secondo questo sistema di monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità è la prima volta, dal 2008, anno di nascita del monitoraggio, che nella popolazione tra i 18 e i 34 anni c’è un aumento della sintomatologia depressiva nei giovani “..che in passato risultavano essere tipicamente un gruppo protetto a minor rischio” ; inoltre, un forte aumento c’è stato anche tra le donne. (fonte skynews)
Il male di vivere – shorts psicologia – ilpensierononlineare youtube
Non esitate a chiedere aiuto ad un professionista della salute mentale.
La salute psichica non deve essere sottovalutata e come la salute fisica deve essere salvaguardata e preservata.
Corpo e mente non sono due entità distinte.
Sono interdipendenti e il loro buon funzionamento è fondamentale per il benessere della persona e di chi gli sta accanto.
“Dottoressa certe volte non mi ricordo nemmeno che viso ho. Certe volte penso a come era prima e com’è adesso… Sento che oltre gli occhi non c’è altro” Ragazza, 17 anni.
“Doc ma avete mai visto uno che poi si toglie la mascherina? Cioè.. oggi il prof di fisica si è tolto la mascherina ha cacciato nu barbone sotto… So rimasto sconcertato”. Ragazzo, 16 anni
“Dottorè… Ma quando si levano la mascherina so tutti diversi!! Io non capisco più con chi sto parlando!” Ragazzo, 19 anni
“Perché… com’era prima?” Ragazzina, 12 anni
“Dottoressa credo di preferire questa dimensione qui. Nessuno mi vede così non mi vedo nemmeno io”. Donna, 40 anni.
“Mi manca il viso delle donne; pure quelle che prima avrei detto -è brutta-. Mi manca la bellezza del volto” Uomo, 55 anni.
Ieri dopo una serie di colloqui stanca e -soprattutto- affamata (molto affamata), mi si sono formati dei pensieri per linee associative all’apparenza non connesse, ma si sa… la linearità non esiste (almeno in campo psy).
Per il filosofo Hans Jonas straniero indica chi proviene da un altro luogo; tale straniero per quelli del luogo in cui egli si trova ora, appare strano: non familiare.
Analogamente però, il luogo che lo straniero si trova ad abitare è per lui estraneo: non familiare. Sconosciuto.
Lo straniero vive pertanto una condizione di solitudine che lo porta a sentire -a provare- angoscia e nostalgia per la propria patria. Cosa accade allora se lo straniero conosce il luogo altro in cui si trova, diventando parte di questo luogo che diviene un luogo ex estraneo e in quanto non più estraneo, luogo conosciuto?
Lo straniero dimentica di essere straniero e vive la condizione di esser quasi schiacciato dalla familiarità (ora) di quel luogo non più estraneo, diventando così estraneo a se stesso.
In questa nuova condizione, il (non più) straniero, vive l’alienazione da sé; condizione in cui l’angoscia sparisce ma comincia la tragedia dello straniero che dimenticando la propria estraneità, dimentica anche (e soprattutto) la propria identità.
Lo straniero non può integrarsi; integrare l’esistenza dello straniero vuol dire chiedergli l’assurdo compito di lacerare le proprie origini. Non tagliare, non dimenticare.
Tagliare con coltello arrugginito le proprie origini: la propria identità.
Allo straniero si può chiedere di seguire le leggi dello stato in cui ora è giunto, certamente, ma senza che si renda egli stesso estraneo alle proprie origini.
Cosa accade se lo straniero ha bisogno di difendere la propria identità in un contesto, ad esempio, multiculturale o molto diverso dalla propria cultura di provenienza?
Accade che serve il reciproco riconoscimento: reciproco riconoscimento, reciproco rispetto.
Questo molto oltre il proprio volto che (ri)Tornerà.
Ma quanto tempo passiamo davvero con la nostra famiglia?
Dedichiamo il giusto tempo ai figli, al partner?
Nonostante la permanenza obbligata a casa, a causa della pandemia, in quest’ultimo anno, pare che tante famiglie, non siano riuscite a “godere” e a gestire a pieno, il proprio tempo “insieme”.
Nei periodi pre – pandemia, ma anche nelle “pause” dalle grandi chiusure, in questi ultimi mesi, tra scuola lavoro, commissioni, tante famiglie facevano tanta fatica a ritagliarsi spazi condivisi per stare insieme.
Stranamente, la condizione, che si è venuta a creare a causa delle restrizioni, che ha portato ad una condivisione della casa per tanto tempo, nelle famiglie, non è stata sfruttata a pieno per compensare questa “mancanza di tempo per i propri figli”.
Parlando con diversi genitori, per consulenze o terapie, in questi ultimi mesi, pare si sia venuta a creare una situazione di inerzia e passività in alcune famiglie. Sembra quasi che la possibilità di passare più tempo insieme spaventasse, alcuni genitori. In una situazione di passività generalizzata anche i bambini e i ragazzi, stressati dalle alternanze tra dad e presenza a scuola, non sapevano assolutamente come occupare il resto del tempo.
Insomma mentre alcuni genitori si industriavano nella gestione alternativa del tempo e degli spazi comuni; altri invece non sapevano proprio cosa fare e provavano a tamponare i tempi morti con l’uso degli smartphone, delle tv e della playstation.
Come fare per sfruttare al meglio il tempo in famiglia e con i propri figli? Come conciliare i propri impegni quotidiani e lavorativi con le importantissime esigenze dei bambini, dei ragazzi e del partner?
Innanzitutto è molto importante curare la comunicazione all’interno del proprio “sistema” familiare. Bisogna parlare con il proprio partner dei propri bisogni reciproci, anche quando altri impegni sembrano impedircelo. Bisogna evitare di rimandare sempre. Una buona comunicazione in famiglia garantisce anche una buona salute psicologica comune.
Centrale nella comunicazione è negoziare e quindi mettersi d’accordo riguardo i propri impegni e le esigenze di tutti. Quindi decidere insieme anche su eventuali piccole rinunce personali, a favore di tutti.
Importante è anche una buona programmazione dei propri impegni e quelli familiari. Quindi, in tal senso, è fondamentale tener sempre conto di uno spazio per il tempo in famiglia. Prendersi anche un proprio spazio personale di svago, legato ad interessi personali, ma evitando gli eccessi, che possono condizionare troppo la propria “presenza” nella vita familiare.
Il lavoroè importante e fondamentale, ma anche in questo caso, se è possibile, bisognerebbe evitare di concedersi troppo agli impegni lavorativi (ovviamente questo vale per chi può farlo e decide di sua volontà di lavorare più del dovuto).
La qualità del lavoro è molto meglio della quantità.
Quando è possibile è molto importante farsi aiutare da nonni, parenti o amici. Ammettere i propri limiti e accettare un aiuto esterno, può essere molto positivo sia per i figli che per i genitori.
Infine, è chiaro che per avere una maggiore sensazione di benessere in famiglia e per migliorare la propria esperienza familiare, considerando il tempo e gli spazi di condivisione familiari, bisogna mettere comunque e sempre la famiglia al primo posto.
La famiglia è come una squadra e proprio come una squadra ha bisogno di armonia, comunicazione, condivisione e obiettivi comuni per vincere e funzionare bene.
“Un giovane su tre con problemi di malessere psicologico, uno su cinque con problemi di depressione, uno su sette con una patologia psichica strutturata, il suicidio come seconda causa di morte (4 casi su 100 mila): questi i dati del Rapporto Unicef presentato oggi 5 ottobre.”
(David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale degli Psicologi – su “il Tempo”)
Il costo umano, psicologico ed economico è devastante per il futuro di tutti. Si stima un costo di circa 400 miliardi di dollari l’anno (London School of Economics) per la sanità globale, per provare a porre in qualche modo rimedio a questa situazione. L’onda lunga della pandemia pare si stia facendo sentire in questi ultimi mesi.
La politica e i governi hanno preferito rimandare e concentrarsi solo ed esclusivamente sull’emergenza più visibile, senza badare alla prevenzione e ad una vera e propria progettazione per contrastare l’enorme tsunami del disagio psichico (nonostante gli avvertimenti e i consigli di tutta la comunità psicologica).
«Come per l’ecologia, servono provvedimenti per una “transizione psicologica” dal malessere e patologia ormai dilagante alla promozione del benessere psicologico. Se manca, è carente – continua Lazzari , è tutto lo sviluppo della futura persona che viene compromesso. Si va verso una società malata. È ora che dopo due anni di chiacchiere le Istituzioni e la politica prendano in mano la situazione».
Il Tempo – Milioni di giovani depressi i dati dell’UNICEF (05/10/2021)
Prevenire, lo si sa, è meglio che curare (parafrasando una vecchia pubblicità), ma ad oggi la prevenzione purtroppo deve diventare cura.
Purtroppo l’Italia paga un retaggio culturale ancorato sulla diffidenza e il sospetto verso la cura della psiche. E ciò fa si che restiamo ultimi in Europa e non solo. Con danni apparentemente solo invisibili, ma che sono stati quantificati da vari studi.
“Secondo i dati del World Mental Health Survey i giorni medi di lavoro persi per depressione sono tra i 4 e 15 l’anno a persona (a seconda del livello economico del Paese) e tra 8 e 24 per ansia, più da 11 a 25 giorni di disabilità parziale per depressione e 12-26 per ansia, mentre sono stati calcolati il 10% di aumento di giorni lavorativi come effetto del trattamento.”
Huffington Post – 04/10/2021
Gli psicologi a disposizione nei servizi pubblici in Italia sono meno della metà della media europea.
In Francia Macron non ha assolutamente esitato ad investire sulla Psicologia, allarmato dai dati sulla depressione, sull’ansia e sul rischio del disagio psichico. Ha subito investito su assunzioni nella sanità pubblica di numerosi Psicologi e ha dato la possibilità alla popolazione di usufruire di un rimborso delle sedute di psicoterapia. La Gran Bretagna prima dello scoppio della pandemia con il programma IAPT (acronimo di “Improving Access to Psycholological Therapies”) nel quale ha sinora investito più di un miliardo di euro.
E pensare che se si aumentassero le cure psicologiche, in tutti i contesti, raddoppiando il numero delle persone trattate per ansia, depressione, stress o altri disagi psichici, si potrebbe avere un risparmio per la sanità pubblica di oltre 4 euro per ogni euro investito nella Psicologia.
«Senza Psicologi nella scuola o nei servizi sanitari non c’è possibilità di fare nessuna prevenzione, nessuno ascolto, sostegno e nessuna promozione di nuove risorse per affrontare la vita […] ora servono ’vaccinì per la psiche se vogliamo superare questa situazione che la pandemia ha aggravato».
David Lazzari Presidente CNOP
La salute non è solo fisica, e un paese moderno e proiettato al futuro non può ancora far finta di niente.