Percepire significa innanzitutto prestare attenzione e la memoria pare inevitabilmente legata a tale processo.
Inoltre, dagli studi effettuati dalla Psicologia della Gestalt è stato possibile comprendere alcuni importanti meccanismi alla base dell’esperienza percettiva, in particolare quella visiva. Wertheimer e Kohler affermano che, in generale, un’immagine visiva viene organizzata in una parte centrale e in uno sfondo, come dimostrato dagli studi delle figure reversibili (di Rubin).

Altro aspetto importante è il raggruppamento percettivo, cioè la tendenza a organizzare gli elementi presenti nel campo visivo in schemi di significato. La Psicologia della Gestalt studia quindi le relazioni tra gli oggetti reali, lo stimolo che forniscono in relazione alla loro forma e il modo in cui l’individuo le trasforma in percezioni.
La Gestalt spiega la percezione degli oggetti attraverso le qualità fisiche dello stimolo – oggetto e dei meccanismi neuro-biologici, non esclude però l’influenza dell’esperienza passata (buona forma).
Le teorie cognitive e quelle della psicologia sociale, sottolineano invece l’importanza che assumono la conoscenza passata, le motivazioni, gli interessi, le relazioni umane nella costruzione attiva dell’esperienza percettiva, che risulta essere estremamente personale e variabile, anche nello stesso individuo, in momenti diversi.
Percepire significa anche attribuire dei significati.
Tale concezione più ampia della funzione percettiva ha dato agli psicologi la possibilità di ritenerla estremamente utile come elemento da valutare nell’ambito della Psicologia Clinica e nella valutazione diagnostica degli individui.
Attraverso le tecniche proiettive risulta infatti evidente il modo in cui il soggetto si relaziona con lo stimolo mostrato e quindi con le sue strutture psichiche profonde come accade ad esempio con il reattivo di Wartegg.
“Finisce bene quel che comincia male”
dott. Gennaro Rinaldi