Gli psicologi sociali hanno dimostrato che circa il 30-40% delle conversazioni umane ha come scopo quello di condividere informazioni su di sé e condividere esperienze vissute personalmente.
Una banalità? Non è detto..
Nello specifico, nel 2010,Naaman, Boase, & Lai, hanno condotto studi sulla piattaforme Facebook e Twitter, mostrando come l’80% degli stati, quando aggiornati, mostravano un contenuto legato ad esperienze personali appena vissute.
Si tratta del fenomeno noto come self-disclosure (auto-svelamento o apertura verso gli altri); tale condivisione (tipica della nostra specie) è dovuta alla potente gratificazione personale esperita ogni volta che avviene la condivisione con l’altro. In altre parole raccontiamo volentieri qualcosa di noi perché questo, in qualche modo, ci soddisfa (Tamir & Mitchell, 2012).
In studi di neuroimaging condotti nei decenni precedenti, era stata dimostrata l’attivazione dei circuiti cerebrali connessi a questo senso di gratificazione.
Tamir e Mitchell, del dipartimento di psicologia di Harvard, hanno portato avanti studi combinando tecniche di neuroimaging e metodi comportamentali, al fine di testare l’ipotesi che le stesse aree cerebrali componenti il circuito della gratificazione fossero coinvolte anche nel processo di self-disclosure.
Tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI) è stata analizzata l’attività cerebrale dei partecipanti; lo studio è stato diviso in due fasi. In una prima fase è stato chiesto ai soggetti di rivelare le proprie opinioni e i propri pensieri agli altri, mentre nella seconda fase è stato chiesto ai soggetti di speculare su ipotetiche opinioni o pensieri di un’altra persona. Senza scendere troppo nei dettagli neurocognitivi dello studio, il risultato più interessante concerne il fatto che il solo pensare introspettivamente a se stessi, era sufficiente a far provare ai soggetti un senso di gratificazione così forte da attivare il sistema mesolimbico dopaminergico (dopamina). Ciò però che potenziava questa attivazione, era il condividere con gli altri i propri pensieri e le proprie esperienze.
La condivisione rafforza i legami sociali (Dindia,2000; Collins & Miller, 1994), accresce le nostre conoscenze sul mondo ed elicita il feedback degli altri, permettendo alla persona chiamata in causa di vedere o conoscere meglio anche altre parti di se stesso che magari, senza quella condivisione, sarebbero rimaste coperte.
(E la condivisione è così forte e potente che se ogni promessa è debito, come dice l’antico detto, personalmente ho un debito che sa di promessa. Sia mai che “girasole” trovi la sua luce; nel frattempo scopro qualcosa di me attraverso le parole prestate. Grazie).
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio
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