Continua il nostro affascinante viaggio nel mondo della psiche umana. Vorrei dedicare questa tappa del nostro viaggio ad un luogo particolare e in qualche modo speciale. Un luogo dove avvengono alchimie di relazioni, dove battagliano le emozioni, un luogo interno ed esterno, spesso accogliente e caldo, ma dove a volte spirano venti avversi che portano a temporali emotivi apparentemente spaventosi, che però sono forieri di ampi spazi di sereno e di nuova vita. Vi accompagnerò nelle “segrete” stanze della Psicologia.
Cosa avviene nello studio di uno Psicologo? Cosa bisogna aspettarsi?
Perchè andare dallo Psicologo e dallo Psicoterapeuta?
Scopriamolo insieme. buon ascolto..
Nelle stanze della Psicologia. A colloquio dallo Psicologo – PODCAST – In viaggio con la Psicologia
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Qualche giorno fa, l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna, attraverso la sua consigliera la psicologa psicoterapeuta Giulia Cavallari, ha cominciato a dirigere l’attenzione su una questione che fin dallo scoppio della pandemia aveva attirato la mia attenzione (e l’ira di qualcuno).
Mesi fa, portavo all’attenzione e alla riflessione del lettore, la questione della mascherina sul volto: la barriera (necessaria) che ormai si adagia sul nostro volto, fino a fondersi con esso (l’ipotesi di portare il dispositivo di sicurezza sul volto per pochi mesi, è infatti diventata lentamente certezza che per qualche anno, la mascherina sarebbe rimasta sul nostro viso).
Da professionista che guarda all’umano e all’attuale, mi sono subito chiesta cosa potesse accadere nella percezione del mondo e dell’estraneo/straniero, specie nei più piccoli, in quelli – nuovi nati- che si trovavano ad interagire per la prima volta, con l’altro.
La Cavallari evidenzia come (nonostante la fiducia nella capacità di adattamento dell’essere umano), alcuni potrebbero vivere dei momenti di disagio dovuti alla transizione e alla sensazione di essere scoperti in volto “come quando alla fine dell’inverno si tolgono i capi più pesanti e alcune parti del corpo iniziano ad essere più in mostra”.
Ciò che i colleghi dell’Emilia Romagna evidenziano è la possibilità di poter sviluppare (o intensificare, se già precedentemente sofferenti), ansia sociale; non è infatti inusuale vedere persone sole nella propria auto, chiusi dentro completamente bardati, sigillati, con tanto di mascherina sul volto.
Sembrano infatti aumentate le richieste di supporto psicologico dovute a fenomeni di ansia, panico o irritabilità generalizzata.
Sempre la consigliera dell’Ordine dell’Emilia Romagna, evidenzia proprio il punto che mi sta più a cuore: quello dei più piccoli.
Ricordo di essermi abbandonata a riflessioni molto profonde e piuttosto malinconiche quando, con un nipote nato in piena pandemia, mi sono resa conto che il bambino, fin dalla nascita, si è trovato immerso in un mondo di maschere.. Maschere tutte uguali, per niente incisive, magari bianche; maschere che coprivano celando ogni minima espressione.
I bambini non hanno potuto toccarci in volto; non hanno potuto osservare il giocattolo più bello, plastico, colorato ed emozionale che hanno a disposizione: il volto umano.
Quando mesi fa ho mosso queste piccole riflessioni, sono stata accusata (come ormai è prassi), di inviare messaggi errati.
Il mio lavoro di prevenzione del benessere psicologico mi impone di procedere con l’attività di prevenzione, diagnosi, abilitazione e riabilitazione per la persona, il gruppo, gli organismi sociali e la comunità, ergo.. non potevo non preoccuparmi della questione maschera sulla maschera.
Ho pensato, abbandonandomi all’ironia, che forse chi accusava me (o colleghi) di qualcosa.. altro non stesse facendo che proiettare la propria fragilità dovuta ad un uso massiccio di maschere (e non quella che ci salva dalla diffusione del covid).. ma questa.. è altra storia..
Per concludere i colleghi dell’Emilia Romagna (e anche qui, condivido in pieno), sostengono l’importanza di non forzarsi verso scelte nette, cercando di vivere per forza la vita “come prima”.
In caso di eccessiva ansia è bene ricorrere precocemente al supporto di un esperto psicologo psicoterapeuta; nel frattempo è inutile sforzarsi di uscire troppo se non ci si sente sicuri, così come.. se lo si ritiene opportuno va bene tenere la mascherina anche se le norme vigenti non obbligano più a tenerla in volto (da lunedì 28 giugno), all’aperto.
Per quanto concerne i bambini poi, cerchiamo di aumentare tutte quelle attività a contatto (diretto o meno) che stimolino molto anche la comunicazione non verbale, la mimica degli occhi, il gesto e il tono della voce.
Creiamo un clima caldo e accogliente cercando di non sovrapporre troppe maschere.
Nell’ultimo anno diverse cose sono cambiate nell’assetto psichico delle persone, così come in coloro (che della loro salute mentale), si prendono cura.
Lavorare in tempo di pandemia nell’ambito della prevenzione e del benessere psicologico è quanto mai complesso, difficile e stancante.
A stancare non è la carenza di motivazione, l’interesse, il piacere. Scegli questo percorso per atto di amore (evitiamo quei discorsi vecchi e futili sullo studiare psicologia perchè hai problemi irrisolti, drammi esistenziali o fantasie narcisistiche); possono esserci – come in ogni ambito- persone più o meno mosse da questi punti ma fare un insieme unico, mi sembra un ragionamento euristico che poco ha di concreto.
Penso oggi a l’anno che è stato. Penso al Tribunale dei Minori e alla sospensione delle udienze, per mesi; ai centri di accoglienza per gli immigrati chiusi, agli sportelli di ascolto chiusi, ai centri di riabilitazione chiusi, al personale ridotto e/o licenziato.
Penso a Vittoria (nata Raffaele), alla sua transizione interrotta e alla convivenza forzata, in tempo di covid, con il padre che ne ha approfittato per fare lui la terapia alla figlia – a suon di botte- perchè “meglio un figlio morto che frocio”.
Penso a Monica e Guido, ai loro 4 anni fatti di una gravidanza interminabile, alle loro vite rivoltate come cassetti, da mani indiscrete, e al loro sogno di adottare un bambino interrotto 2 settimane prima della partenza.
Penso a Salvatore che in carenza di supporto psicologico, è ritornato alla droga. Salvatore non c’è più.
Penso ad Anna alle sue paure, alla psicosi puerperale e al terrore sperimentato “voglio uccidere mio figlio”.
Lucia sola in casa con i suoi deliri; fagocitata dalle ombre nere che le impongono di prendere un coltello e tagliarsi per perdere sangue fino a svenire.
Gaia e Maurizio che non hanno potuto portare la loro bambina affetta da una rara sindrome, all’estero.
Non sono etichette o diagnosi, sono storie ma sono soprattutto persone.
Hassan, Ismael, Nadir, Aisha, Kalima, Halima, Zaira, Amin.. ai loro immensi occhi neri e scuri. Ai centri di accoglienza chiusi – letteralmente- dalla sera alla mattina. Ai miei colleghi che sono finiti per strada senza la possibilità di preavviso, senza poter trovare un lavoro, senza giustifiche con le mogli o le fidanzate.
A questi ragazzi sopravvissuti al mare e alle mazzate della Libia.
Penso poi a Felice, ristoratore che ha dovuto chiudere e licenziare 12 dipendenti; al suo suicidio tentato per due volte.
Penso poi ad Emanuela e al dubbio lacerante che il marito sia il mostro.. artefice della violenza sessuale usata alle sue bambine.
L’elenco potrebbe continuare.
Queste sono alcune delle persone che in tempo di pandemia, hanno visto la loro vita ridefinita. Sono le stesse persone che insieme a molti colleghi coraggiosi, guardiamo negli occhi ogni giorno.
Alcuni colleghi (donne, in particolare) non sono riuscite a tenere il contraccolpo psicologico della pandemia e hanno abbandonato pazienti e lavoro. Molti colleghi, come me, prestano servizio gratuitamente per il territorio che amano e difendono senza fare chiacchiere ma con i fatti; dimenticati dalle istituzioni, dalla politica (tutta) e dal loro ordine.
So cosa vuol dire pandemia, covid; so cosa vuol dire implicazione psicologica della pandemia, ridefinizione dello spazio corporeo, personale e sociale.
So cosa vuol dire essere stanchi e vedere la stanchezza negli occhi delle persone che ogni giorno ti guardano in attesa di una risposta che – comunque- non potresti e che in ogni modo, non conosci.
La pandemia, insieme ai miei colleghi, la guardo ogni giorno negli occhi e ce la portiamo a casa quando la nostra mente invece che trovare pace, resta invasa dai fantasmi delle richieste, delle storie e delle vite interrotte.
Le nostre, in primis.
Questa cosa così fastidiosa – parola di soggetto allergico e asmatico- va SEMPRE messa. Ti salva la vita.