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L’uomo dietro il Supereroe

“Non me la sentivo più di essere un simbolo, di rappresentare qualcosa, di reggere tutto lo stress che procura questa macchina, questo calcio. Confesso la mia incapacità, la mia fragilità, anche se la mia presunzione, il mio orgoglio mi facevano apparire diverso.”

Diego Armando Maradona

Il supereroe è una persone eccezionale, dotata di poteri e capacità fantastiche e fuori dal comune. Utilizza le sue capacità per aiutare gli altri, in maniera disinteressata, spinto da una motivazione intrinseca di valore molto alta.

Il supereroe ha però quasi l’obbligo di offrire sempre prestazioni eccezionali. Chi guarda e spera nelle sue gesta “eroiche”, si aspetta sempre molto da lui.

Deve quindi essere sempre al top per aiutare gli altri e per essere da riferimento per tutti.

Ma a volte può capitare che anche Batman cade e credetemi “non succede nulla” (cit.).

Riconoscere, comprendere ed accettare le proprie difficoltà, i propri limiti, le proprie debolezze e fragilità, permette a se stessi di accedere ad una nuova consapevolezza su ciò che ci sta accadendo e rende decisamente più “forti” e pronti ad affrontare le difficoltà che arriveranno ancora.

Mostrarsi agli altri anche attraverso le proprie fragilità, ci rende decisamente più liberi e meno “appesantiti” dal fardello del giudizio altrui.

Anche un “Supereroe” deve potersi sentire libero di mostrarsi umano.

In una intervista di alcuni giorni fa su Relevo il calciatore Edison Cavani fa un bilancio della sua vita calcistica e personale e mette a nudo, senza alcun timore, le sue fragilità.

“La primera vez que fui a terapia fue tras la remontada del Barça al PSG”

E. Cavani
E. Cavani – Uruguay

Cavani rivela di essere in psicoterapia da diverso tempo, da quel giorno in cui, giocatore del Psg, subì con la sua squadra una “remuntada” incredibile. Il Psg perse 1 a 6 contro il Barcellona.

Alcuni possono pensare che sia solo calcio; cosa c’entra questo con la salute psicologica?

C’entra molto, anche perché attraverso la testimonianza di questi campioni può crescere l’attenzione verso la salute psichica.

Bisogna che ci sia una “normalizzazione” e una diversa attenzione al tema della sofferenza psicologica affinché si possa abbattere in maniera definitiva il pregiudizio e la disinformazione verso questo aspetto della salute individuale delle persone.

Gli atleti, sono esseri umani e come tutti hanno fragilità e soffrono pressioni esterne ed interne. Cavani lo descrive benissimo centrando e soffermandosi su alcuni temi molto interessanti. Alla domanda “Vai dallo psicologo?”, risponde così:

“Sono in terapia da molti anni. Siamo cresciuti in una generazione con genitori che ti dicono di non piangere, che non puoi rilassarti o esprimere le tue emozioni. Come se non potessi mostrare debolezza, quindi sei cresciuto con un guscio che ti fa pensare di essere più forte di tutti.

Ci sono persone molto capaci, ma alla fine finiscono per cadere.

Non sei un supereroe, quello che sa gestire tutto, aiutare la famiglia, segnare ogni domenica…

Ma a volte non ci ascoltiamo. Perché sta succedendo proprio a me? Per questo ci sono professionisti. La mia teoria è che tutti abbiamo bisogno di tutti, la vita è una ruota. Combattere per essere sempre il migliore è una bugia. Ci sarà sempre qualcuno sopra di te, che ha o sa più di te, è più carino di te, ecc.”

E. Cavani (dall’intervista su Relevo)

La relazione terapeutica è un fondamento essenziale nella psicoterapia e si basa sulla fiducia reciproca. Fiducia è anche riconoscere l’altro nei panni del ruolo importantissimo che riveste. In questo caso Cavani è chiaro e sicuro quando ha riconosciuto e compreso l’opportunità di affidarsi ad un professionista psicologo, che avrebbe potuto aiutarlo ad uscire da quel momento buio della propria vita.

Alla domanda “Quando iniziò la terapia?”, la risposta di Cavani è molto significativa perché fa comprendere quanto sia stato inaspettato, debilitante ed improvviso il “sintomo”:

La prima volta che sono andato in terapia è stato dopo il ritorno del Psg in casa del Barcellona (la remuntada: 6-1). Mi  colpì molto. In cinque minuti cambiò tutto quello che avevamo fatto. È un colpo così grande, che non puoi controllare e che, sebbene sia il calcio, tocca altre parti della tua persona, con sintomi di ansia, sudorazione fredda, avevo le vertigini ad addormentarmi e già prima avevo paura di addormentarmi. Mi chiedevo: “Ho un problema nella mia testa?”. Sono andato dal medico PSG, di cui mi fido molto, e mi ha detto: “Quello che sta succedendo a te, sta accadendo a molte persone in diversi settori”. E ho capito che non ero un supereroe.

E. Cavani (dall’intervista su Relevo)
E. Cavani con la maglia del Napoli

L’aspetto psicologico diventa fondamentale e centrale per il benessere della persona e in questo caso di un atleta. Se la mente funziona bene, allora anche il corpo si muoverà meglio; se la mente funziona bene, il corpo sarà in grado di spingersi persino oltre i propri limiti. Quando la mente cede, anche un “supereroe” difficilmente sarà in grado di utilizzare le sue capacità e i suoi super poteri al meglio.

“..Perdimos mucho tiempo por cosas que no importan. El fútbol cada vez es más mediático e influyente en la vida de los otros. Pero la salud mental es fundamental y en el fútbol falta.”

E. Cavani

La salute mentale è fondamentale e non va sottovalutata né nel calcio né nella vita di tutti noi.

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi
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Psico – riflessioni calcistiche e meccanismi di difesa

Quello che sta accadendo nel Napoli in questa afosa estate 2022 è qualcosa di decisamente inaspettato.

Un’estate che rimarrà probabilmente impressa nella memoria storica del tifoso del Napoli per moltissimo tempo. Ci sono molti punti di vista a riguardo e ognuno racconta la sua verità.. ogni punto di vista probabilmente porta con sé un pezzo di realtà..

I più ottimisti parlano di estate della rifondazione, del ringiovanimento, i più pessimisti ci vedono invece un piano malefico legato ad azioni e idee presidenziali veicolate da puro piacere sadico; altri ancora vedono tutto in chiave economica e credono sia tutto legato alla bramosia del “vile denaro”.

Stamattina, riguardando per l’ennesima volta il video dell’addio di Ciro Mertens al Napoli (spinto dalla speranza che fosse solo un brutto sogno), mi è balzata in mente una possibile spiegazione a tutto questo.

Esistono nella nostra mente dei processi mentali difensivi (meccanismi di difesa) che si attivano in determinate circostanze, in maniera conscia ed inconscia per “proteggerci” da pensieri indesiderati, disturbanti, traumatici, ansiogeni, spaventosi..

Tra questi meccanismi di difesa ce n’è uno in particolare che si è insinuato nella mia mente e che può forse dare senso a tutto ciò che sta accadendo: la soppressione.

La soppressione è un processo difensivo, cosciente e volontario, della mente, che si attiva per evitare sentimenti spiacevoli o conflittuali, ma anche desideri, fantasie, ricordi ed emozioni che in qualche modo sono percepiti come potenzialmente portatori di ansia..

Quindi mi chiedo: e se questa serie di scelte, molto discutibili della società, di tagliare con tutte le figure più rappresentative e amate dai tifosi e dalla città fosse un modo per “sopprimere”, i ricordi, le emozioni, le fantasie legate a quelle figure ?

Quei giocatori portavano con sé, attraverso la loro presenza, un carico enorme di passione ed emozioni. Loro erano la chiave d’acceso a quei ricordi bellissimi di una storia recente fatta di bellezza, emozioni, passione e fantasie.

A volte anche i ricordi e le emozioni positive possono diventare “disturbanti” e insostenibili per alcune persone e alcuni “sistemi” che vogliono mantenere a tutti i costi determinati equilibri.

La soppressione in questo senso agisce per smantellare e sopprimere quegli elementi che stavano diventando ingombranti: “Se li lascio andare, li caccio e non me ne curo.. andranno via e mi lasceranno in pace.. non mi dovrò più preoccupare di loro e posso ricominciare, facendo finta che non sia successo nulla..”    

Scelte..

Ma i “meccanismi di difesa”, si sa, non possono reggere per molto tempo.

I ricordi, le emozioni, le fantasie forzatamente soppresse prenderanno altre strade e possono riemergere da un momento all’altro, attraverso sintomi e patologie psichiche, psico – somatiche e patologie sistemiche.

Purtroppo già si scorgono i primi sintomi..  

https://twitter.com/Ilpensierononl1/status/1550898703841607681

“Come dico sempre, Amore è uno scugnizzo napoletano.” Luciano De Crescenzo

Ti meritavi di più.. a presto #Ciro!

@dries_mertens14 #Mertens #SSCNapoli #ciro #dries #ilpensierononlineare #Napoli

“Finisce bene quel che comincia male”

dott. Gennaro Rinaldi

Pallone & Psiche (la diretta)

Ritorna la diretta di Pallone & Psiche!!!

Appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati di Psicologia e per gli amanti del calcio e del Napoli.

Collaborazione tra il nostro blog di Psicologia Il Pensiero Non Lineare e il blog del nostro caro amico Giulio Ceraldi de Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli.

Torna oggi, mercoledi 25 maggio alle 18,30, la diretta di Pallone & Psiche.

Tanti ma veramente tanti gli argomenti che tratteremo in compagnia dei dottori psicologi (e amici) Giusy Di Maio & Gennaro Rinaldi del bellissimo blog di Psicologia Il Pensiero Non Lineare.

Il programma andra’ in onda in diretta streaming e “on demand” sui canali Facebook (clicca qui), YouTube (clicca qui) e Twitch (clicca qui e cerca ciucciomaglianapoli) de Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli.

Potrete interagire con noi inviandoci i vostri commenti.”

Vi aspettiamo!!

Pallone&Psiche: Il leader di una squadra.

Pallone&Psiche, rubrica a cura dei Dott.ri Giusy Di Maio e Gennaro Rinaldi (ilpensierononlineare | Riflessioni e sguardi non lineari sulla Psicologia) in collaborazione con “Il ciuccio sulla maglia del Napoli”, https://ciucciomaglianapoli.com/ a cura di Giulio Ceraldi.

In seguito alla bellissima diretta https://youtu.be/pTkFGPIciV8 e a tutte le suggestioni nate dal confronto con i nostri amici/tifosi, abbiamo deciso di offrire una lettura della figura del leader di una squadra. Il focus è, in questo caso, (per ovvie ragioni) sulla squadra del Napoli ma badate bene… Sono abbastanza sicura che chiunque sia appassionato di sport, possa trovare interessante la lettura offerta.

Il punto di partenza è la letteratura che ci consente la prospettiva offerta dalla psicologia del lavoro che indaga la figura del leader; il leader di una squadra è necessariamente il capitano? E’ l’allenatore? Oppure c’è qualcosa di più?

Grazie mille per il supporto e buona lettura.

Ma allora… il leader di una squadra chi è? E, cosa più importante, il Napoli ha o no ha un leader che sia vero attore/trascinatore (prima di tutto sognatore) di quello che in letteratura si chiama “destino comune” di un gruppo?

Proviamo a fare un pò il punto della situazione.

Abbiamo spesso detto che, in un’ottica psicologica, la squadra va intesa come un gruppo che coopera per procedere verso un destino comune (il nostro ha proprio quel nome lì, quello per i più impronunciabile). Quando parliamo di gruppo, quindi, è necessaria la presenza di un trascinatore che sia qualcosa di più del semplice capitano; serve qualcuno con rabbia, grinta e “cazzimma”; qualcuno che protegga come un padre e che sia al contempo “cazzaro” come uno zio (ammettiamolo, tutti abbiamo o abbiamo avuto uno zio carismatico e divertente).

Leader, etimologicamente, deriva da “to lead” (in inglese) e significa condurre oppure dal latino “cum ducere” (tirare insieme). Secondo gli psicologi Novara e Sarchielli (1996), un leader per assicurarsi la fiducia dei suoi seguaci (immaginiamo quindi, in questo caso, un calciatore X che riesca a suscitare nei suoi compagni di squadra una fiducia totale) debba avere:

  • potere: deve cioè assicurarsi adesione e compiacenza influenzando gli altri;
  • autorità: un potere che venga a lui attribuito da altri secondo delle regole definite;
  • controllo: si intende una modalità con cui ci si assicuri che ciò che viene prescritto o “detto” dal leader viene rispettato.

Come fa il leader ad assicurarsi questa fiducia nei suoi seguaci? Nel nostro caso: come fa il nostro calciatore X ad assicurarsi tale fiducia da parte dei suoi compagni? Utilizzando proprio la leadership ovvero un processo, una interazione che avvenga proprio tra il leader stesso (portatore delle sue caratteristiche personali, idee, competenze e motivazioni) ed i componenti del gruppo (parimenti portatori di caratteristiche personali, idee e motivazioni) a ciò però si deve aggiungere un terzo importantissimo elemento, ovvero la situazione (il luogo fisico in cui ci si trova).

Mi sembra quasi di sentire una voce sullo sfondo: “Eh Dottorè… tutto quello che volete ma io il  nesso col Napoli non ce lo vedo… Non dovevamo parlare di quello?”

E allora torniamo al nostro amato Napoli. In questi giorni (che non sono giorni né di calendario, né di settimana) ma giorni di mesi (che poi sono anni), di storia del Napoli, riflettevo.

Allo stato attuale delle cose abbiamo una società dalla storia complessa; una storia sofferta che non sempre ha visto l’unione e la cooperazione familiare che qui diventano le varie scissioni nel/del tifo, l’ammutinamento dei calciatori, gli arbitri che vanno spesso a sensazione (una sensazione che li porta spesso contro il Napoli) e un presidente che comunica quando non deve e non comunica quando deve; insomma… direi che la comunicazione resta una questione caldissima, in casa Napoli, e allora… c’è qualcuno capace di saper comunicare e/o implementare una “vision” (che nel nostro caso resta sempre il raggiungimento di quella parola che si pensa ma non si dice) in maniera tale da mantenere alta, altissima (nonostante tutto) la prestazione?

Guardo al nostro organico e vedo da un lato un capitano che leader (mi dispiace tanto dirlo) non è mai stato (tanto da voler recidere le proprie radici e andare fuori, lontano, dove molto probabilmente distante dallo stress di dover dimostrare alla sua città (e qui diviene quasi la proiezione di un papà a cui dimostrare di valere realmente qualcosa) troverà la sua dimensione di leader

Poi c’è la nostra colonna Kalidou Koulibaly a cui non puoi non voler bene. Animo gentile e sensibile , difensore della nostra città (eh sì, perché il Napoli non gioca come una squadra ma gioca come una città intera e, come tale, porta sulle sue gambe tutta la nostra storia). Oppure ancora abbiamo il giovanissimo Victor James Osimhen, dall’incredibile grinta; ricordo la prima partita in cui l’ho visto giocare e di botto mi venne fuori un “finalmente! Ci voleva uno così!”

Ma così come?

Uno che gode quando corre, che si diverte quando segna, che si incazza quando sbaglia e sbaglia perché vuole strafare. Un giovane che certo è grezzo ancora e a cui però auguro, quando inevitabilmente sarà più strutturato, di non perdere questa componente di godimento.

Allora Dottorè… abbiamo il leader? E’ lui?

Mmmm…” Ho un’opinione in merito, condivisibile o meno…

Credo che il leader sia qualcuno pronto a restare… attenzione… non parlo di restare a vita fisicamente; parlo di permanere nella memoria dei sentimenti del tifoso.

Il calcio è una cosa seria mica a caso… Il pallone è una cosa seria perché ha legame con quella cosa che la psicoanalisi francese chiama “massimo godimento”; si tratta di qualcosa di assimilabile all’orgasmo, al picco massimo di piacere che puoi provare.

Un leader è pertanto qualcuno che non è (stato) e non solo è ma sempre sarà; qualcuno che arriva e capisce dove sta la storia della città, l’importanza delle radici…

Certo, Diego è uno solo (e lui sì che sempre sarà) ma serve qualcuno che, come diceva Pino Daniele, capisca che  ‘sta terra è na’ pazzia (Sarà, dall’album “Ferry boat” del 1985) e che certe volte il tifoso (e con lui tutta la squadra) ha solo bisogno di qualcosa che rimane (supra).

Allora in questo vedo tanto Dries Mertens, un ragazzo che è arrivato già restando e lo ha fatto talmente tanto da chiamare il figlio “Ciro”, facendogli dono e lasciandogli in eredità il suo nome (ricordiamo che Dries è per tutti Ciro Mertens).

E’ così che si diventa, probabilmente, leader in un duplice processo che ci vuole prima figli e poi genitori del contesto in cui ci andiamo ad inserire e in questo… Mertens è stato più che concreto.

Benvenuto Ciro Mertens e tanti auguri a quel ragazzo ora padre di quel bambino che, metaforicamente e proiettivamente, è lui stesso (Ciro), che ora è al 100% figlio del Vesuvio, figlio di Napoli (e forse leader a tutti gli effetti).

Giusy Di Maio, Psicologa Clinica, & Gennaro Rinaldi, Psicologo Psicoterapeuta

Pallone&Psiche, rubrica a cura dei Dott.ri Giusy Di Maio e Gennaro Rinaldi (ilpensierononlineare | Riflessioni e sguardi non lineari sulla Psicologia) in collaborazione con “Il ciuccio sulla maglia del Napoli”, https://ciucciomaglianapoli.com/ a cura di Giulio Ceraldi.